Autointervista
dell'autore
"Prima di
questo 'L mal de' fiori non mi ero mai imbattuto in una
nostalgia delle cose che non furono mai in nessuna
produzione artistica (letteratura, poesia, musica). Sono da
sempre stato privo d'ogni vocazione poetica intesa come mimesi
elegiaca della vita come ricordo, rimpianto degli
affetti-paesaggi, mai scaldato dalla 'povertà dell'amore',
sempre nei versi del poema ridimensionato nella sua funzione di
'amor facchino', cortese o no. Riscattato dall'o-sceno
demotivato, divino, svuotato una volta per tutte dell'affanno
erotico nel suo ossessivo ripetersi senza ritorno

Relegato alle
elucubrazioni del Lombroso, il bello/brutto non ha mai
sollecitato il sentimento di nessun poeta sempre assillato da una
più che smorfiata critica della ragion pratica che, come
una veste stregata (camicia di forza), l'ha condannato alla
stupidità dell'arte (Rimbaud). Eccettuati certi 'privilegi
della dannazione' byroniani etc... Malridotti alla menzogna
letteraria d'un satanismo d'accatto... Questa missione del poeta
spessissimo civile-sociale pur se vissuta a volte da qualcuno
come disillusione! È un problema? Tutt'altro: non si danno
problemi (l'a b c di Deleuze). Così come in teologia non
si danno risposte, ma domande, domande che grazie al cielo
continuano sole a divertirmi... Finché
l'esercitazione poetica è diventata un allenamento di
massa. Sono subissato da infinite mortificanti missive
giovanilistiche e no, impregnate di uno sformato verso libero,
sintomatiche emulazioni di un qualcosa che i sedicenti autori già
da lettori ritengono valore poetico: orrida 'voce'. Le fonti
consacrate dei vati ne sono più che responsabili, dal
momento che hanno sempre proposto una 'poesia' comunicativa,
edificante, a volte satura di decadentismo smidollato,
spacciandola impunemente come opera d'arte.

Siamo sempre
stati vittime d'una poesia che innanzitutto si è sempre
beotamente illusa d'essere nel discorso autoriale che tramava.
Come se si potesse essere autori di qualcosa! Come se (siamo o no
quel che ci manca?) fosse scontato che l'essere parlante sia nel
discorso in fieri e non s-parlato dal discorso stesso.
Qualunque fare dovrebbe essere un fare altro da ciò che
facciamo, (anche volendolo nessuno è autore di niente).
L'esito non coincide con l'intento come l'effetto non è
mai la causa... Questo 'L mal de' fiori è una
ricetta farmaceutica di controindicazioni: struttura, dialettica,
sociale, prossimo-lontano, il non esserci, etc... Non si può
che confermarsi 'stranieri nella propria lingua'. Il
plurilinguismo (crogiuolo di idioletti, arcaismi, neologismi di
che trabocca il poema) è il contrario d'una accademia di
scuola interpreti. È 'Nomadismo': divagazione,
digressione, chiosa, plurivalenza, etc. Il testo intentato è
(deve essere) smentito, travolto dall'atto, cioè
de-pensato. Poesia è l'immediato nella ruminazione orale
d'uno scritto già estraneo a noi dicenti. Scritto in Voce.
Voce come ri-animazione (rigor-mortis) del morto orale che
è lo scritto.

Questo 'L mal
de' fiori è un ventaglio di differenze in che il
passato è niente anche laddove si illuse a esser presente.
Questa mia esercitazione poetica non è contemporanea non
soltanto al quotidiano eterno dell'oggi, ma nemmeno al passato
che infatti è dovunque sentito come mai stato. Mai
stato presente a se stesso. Da qui la nostalgia paradossale
tributata a quanto mai fu. L'arte, infatti, è il resto di
che mai fu, sia essa prosa, musica, immagine, architettura che
nella sua consistenza ingombrante strazia l'aria siccome svenuta
sui gradini di una chiesa magari del Borromini.

L'opera d'arte
non è categoria estetica assoluta nemmeno nella
differance... Nel 'mal di questi fiori' si fa sempre più
solare il fatto che laddove il tutto possa sembrare una eruzione
vulcanica, è invece somma-sottrattiva che, mediante
le più svariate soluzioni chimico-linguistiche, via via si
svuota. L'attentato alla forma è simultaneo alla forgia
della forma stessa. Ecco quanto non è mai stato.

Roma 16 maggio
2000 Carmelo Bene
'l
mal de' fiori. Poema di Carmelo Bene Presentazione di
Sergio Fava Pag. 153, Lire 49.000 - Edizioni Bompiani

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