L'Argentina non c'è più |
Da lontano, Casa Italia (la definizione repubblica basata sul lavoro comincia a diventare virtuale) va ricordata con gli occhi del cuore. E' la sua immagine sfumata nella nostalgia degli ideali di un popolo che ha attraversato il mare per rimboccarsi le maniche. Mai approfondire. E, dall'Argentina, mai guardare le chiacchiere di Roma che il satellite Rai distribuisce col ministro Urbani e il presentatore Cecchi Paone impegnato a difendere il liberismo e globalizzazione. Dieci milioni di italiani sono cresciuti con le maniche rimboccate da bisnonni che speravano nella fortuna. E l'hanno trovata, in misura diversa, ma già la prima generazione di immigrati analfabeti mandava i figli a scuola, torta calda nell'armadio. Una sera torno in albergo con gli occhi stanchi: difficile sopportare che la dignità del vivere normale sia finita nelle pattumiere delle villas miserias, cintura disperata attorno a Buenos Aires. Sono scappato sotto la pioggia, strade buie, senza asfalto: subito acquitrini. Groviglio di fili legano le baracche al cavo dell'alta tensione: stanno rubando elettricità, ma nessuno ha il coraggio di proibire, almeno la luce, ai senza speranza che osservano come in sogno la città illuminata nella quale non riescono ad arrivare. Più di centomila famiglie sopravvivono così. Niente acqua, fontane ai crocevia delle carraie. Notti con urla e spari. La polizia non se la sente di entrare. Coprifuoco non dichiarato per tutti. E le scuole sono un optional talmente lontano che i bambini di Villas Miserias 21 non ce la fanno ad arrivare agli spogliatoi dello stadio Uracan, squadra di serie A. restano le sole aule disponibili all'istruzione pubblica. Pareti in cemento armato soffocano catacombe con banchi sbilenchi: più sicuro incrociare le gambe a terra. Libri e quaderni, quasi un'utopia. Marco Galli e Andrea (moglie argentina) mi accompagnano nella Scuola della Pace che la Comunità di Sant'Egidio apre nei pomeriggi della Boca. Si propone una pedagogia alternativa per insegnare la fraternità. Non facile fra le rovine del benessere alla deriva. La catastrofe sociale trasforma l'insegnamento in tante cose. Ragazzi affamati fanno merenda. Ragazzi sporchi si infilano nella doccia e incontrano per la prima volta il sapone. Marco e Andrea li informano che la loro disperazione non è sola al mondo. E i bambini di questa emarginazione mandano messaggi in Africa, Brasile o nell'Asia dei ghetti. Scambiano disegni e fotografie. Cominciano a conoscersi: globalizzazione della comprensione, finalmente. Un tipo di integrazione che contempla la scoperta della città alla quale appartengono ma che non hanno mai visto. Vanno in gita a Buenos Aires. Scoprono chi sono i signori a cavallo dei monumenti e con quale felicità la città ha vissuto, fino a poco fa, i viali e giardini più verdi della loro immaginazione. Le case della Boca, quartiere storico italiano, decadono in stamberghe coperte di lamiere. Vanno a vengono i treni dal porto. La fragilità di tetti è protetta da strisce di quell'amianto che la società civile ritiene cancerogena anche in Argentina. Pareti e pavimenti di legno. Alla sera, Marco e Andrea riaccompagnano i bambini. Stanze una sull'altra, soffitti talmente bassi da sfiorare le teste. Niente intonaco. Grandi fessure dalle quali filtrano le luci e le voci del piano di sopra. Otto, dieci persone: adolescenti, adulti, anziani. Le tende non proteggono il sonno nei pochi metri di ogni appartamento. I numeri di Casaretto, vescovo che presiede la Caritas, fanno capire come il fenomeno non appartenga alla marginalità biologica di ogni metropoli. Negli anni '70, prima che liberismo e globalizzazione travolgessero il Paese, Buenos Aires stava perdendo lo smalto di capitale felice, ma i poveri erano il 9 per cento. Adesso sono il 48,5 dei quali la metà guadagna meno di un dollaro al giorno. Come? Avventure quotidiane dei cartoneros. Col passo dei gatti randagi spingono carrelli da supermarket, bidoni colmi di carte e cartoni. Frugano nelle immondizie, raccolgono sui marciapiedi ogni briciola di vetro e plastica. La fame sta trasformando Buenos Aires nella città pulita come un salotto. Il primo ottobre il presidente Duhalde la lanciato la campagna per la separazione dei residui urbani. Sono nate squadre di specialisti: 40 mila. Lavorano dodici ore al giorno. Guadagnano 10 pesos meno, di 3 euro. Non solo ragazzi o le facce nere dei vu cumprà paraguayani e peruviani. Signore sui quaranta, abiti rivoltolati, occhiali da impiegate, attraversano le strade con l'aria di governanti attente a non lasciarsi sfuggire scatole vuote di sigarette. Altre impiegate che hanno perso il posto distribuiscono i biglietti dei piani bar dalle undici del mattino fino all'alba del giorno dopo. Commesse di negozi falliti, studentesse che non riescono a pagare gli ultimi esami della laurea, trascinano i passanti attorno a un tavolo. Per favore, bevi qualcosa, altrimenti domani non mangio: Adriana Morin, nonno di Treviso. Lo squallore le sfinisce, qualche volta si arrendono. E poi vecchi stesi a terra come a Calcutta. Non per caso il programma più seguito della Tv va in onda sul canale 12, dalle cinque alle sei del pomeriggio. Quiz Recupero Humanos, risorse umane. Un concorrente di fronte all'altro non per gettoni d'oro o crociere ai Caraibi, robe della vita precedente. Chi vince, vince un posto di lavoro. Senza illusioni: tre mesi, sei mesi, dipende dalla difficoltà delle domande. Come stelle comete, ogni settimana appaiono vecchi campioni riconfermati baristi, meccanici o panettieri tre mesi di più. E' un miracolo che fa sognare l'Argentina dello sfascio. Prima della sigla lampeggia il trionfo di uno spot: 132 puntate, 161 posti assegnati. Gli autori stanno vendendo la formula a Cile e Brasile. Una rete ispanica Usa fa le prove. Si è mossa anche l'Italia dei saranno famosi. Se la nostra crisi continua, le nostre Tv non si faranno sorprendere. Accendo il teleschermo con l'impressione di svegliarmi da un incubo e ascolto le voci di Roma. Morbide ma col filo intransigente de ve lo dico io: Urbani e Cecchi Paone spiegano che liberismo e globalizzazione hanno migliorato la vita dei popoli affamati. E se la fame resiste sentenzia Cecchi Paone i Verdi hanno le loro responsabilità con l'assurdo ostracismo ai cibi transgenici. Lui è del Wwf e sa quello che dice. Nessun terzo mondo potrà liberarsi del dramma se questa è l'informazione. Non solo in tv, anche nei giornali. Chi guarda e racconta ciò che vede rischia di finire nei sospetti del procuratore di Cosenza: attentato alla globalizzazione, in quanto testimoniare significa le voci garbate dei commentatori politici di pronto intervento. Come i medici di famiglia di un tempo curano qualsiasi malattia. Il provincialismo della nostra informazione, negli anni on line, è il modulo ottocentesco di certi articoli di fondo. Nessun giornalista sportivo avrebbe il coraggio di affidare il commento Roma-Inter all'esperto di ciclocross. Ma chi fa opinione politica trova normale parlare del mondo senza muoversi dalla poltrona di casa. Scrivere di realtà mai attraversate nutrendo i giudizi con la cultura politica accumulata in anni di lettura di giornali stranieri, aggiungendo i sospetti dell'ideologia e rimodulando le stesse parole da Roma, Milano, Capri, Cortina. Dipende dalla stagione e dalle vacanze, ma anche dagli impegni che l'intellettuale snack viene chiamato ad onorare tutti i giorni. Senza incrinare l'autorevolezza, spiega perché la Borsa traballa, perché Saddam deve essere bombardato o come tagliare le pensioni, riformare la scuola, combattere la droga, isolare la mucca pazza, la nouvelle vague di Pechino e i dubbi sulla Turchia in Europa. Sempre la stessa firma. Il metodo non cambia anche sulla felicità distribuita da liberismo e globalizzazione. Non cambia, perché non hanno mai respirato la decomposizione di società allo sbando. Eppure i giudizi restano categorici. Le ricette, precise. Nessun dubbio. Fronte aggrottata che increspa la tv: il moralista tuttologo forma l'opinione pubblica senza indietreggiare davanti agli ostacoli della non conoscenza. E il lettore, tuttologo indifeso, si sente confortato dalla stanzialità della cultura provinciale. Il fondo il plotone degli Urbani e Cecchi Paone va capito: vittime di letture così. Un biglietto per l'Argentina potrebbe allargare le idee. Maurizio Chierici L'UNITA' 18/11/2002 |
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