| BIBLIOTECA | | EDICOLA | | TEATRO | | CINEMA | | IL MUSEO | | Il BAR DI MOE | | LA CASA DELLA MUSICA | | LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
|
LA STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | | | NOSTRI LUOGHI | | ARSENALE | | L'OSTERIA | | LA GATTERIA | | IL PORTO DEI RAGAZZI |

ARGENTINA

La first lady, i bambini poveri e un fiume di soldi scomparso

La gente ancora non lo sa e sopporta la commedia assurda dei politici argentini. Nei palazzi assediati dalla disperazione continuano gli intrighi peronisti come a Versailles, prima della rivoluzione. Duhalde, e i compagni di tutte le avventure, fanno barriera per impedire che Menem o Adolfo Rodriguez Saà (teologo della corruzione e il Bossi violento argentino) riescano a presentarsi agli elettori ormai alle corde: potrebbero vincere, ogni promessa diventa l'ultimo miracolo al quale aggrapparsi. Ma Duhalde ricama con pazienza il progetto di infilare la moglie alla vice presidenza per tener d'occhio un leader che sta scegliendo con cura.

Forse Reutmann, silenzioso ed obbediente, poco chiacchierato rispetto ai grandi ladri, scarsa personalità, disposto a farsi guidare dalle mani del burattinaio. Duhalde, naturalmente. Intanto l'opposizione di centrosinistra aspetta il messia schierando truppe ancora confuse. Divise da vecchie polemiche, incapaci di scegliere una sola bandiera. Lula, presidente brasiliano, il 13 dicembre viene in Argentina a visitare i compagni di colore e a proporre ai pallidi rappresentanti di un paese alla deriva il “dollaro verde”, più o meno un baratto negli scambi commerciali. Prodotti agricoli contro tecnologia. Solo a fine anno si contano i soldi del saldo. Un modo per temer ferma l'inflazione che a Buenos Aires sfiora il 50 per cento. La gente non sa. Non sa che le rapine continuano, ma non avendo privatizzazioni, appalti e soldi pubblici da saccheggiare, le mani si allungano sulle risorse che dal mondo arrivano per consolare la fame.

Banca Mondiale e Banca Interamericana di Sviluppo avvertono la Casa Rosada con parole severe. Mettono in dubbio “una corretta distribuzione degli aiuti internazionali” alla folla dei poveri senza lavoro, cibo, pensioni, case. Anche l'Audiencia General della nazione e la Sindicatura – strutture di sorveglianza – avvertono su “gravi irregolarità”. Il saccheggio di aiuti e risorse economiche non anima solo “politici importanti”, ma leader sindacali e di movimenti punteros, banche d'assalto peroniste. Anche le gerarchie dei piqueteros, chi sciopera, marcia e protesta, non disdegnano prelevare “diritti di commissione”. Insomma, rubano alle famiglie affamate, a padri disoccupati, a pensionati senza soldi in tasca, ormai soli come lebbrosi. Ma – la nota più inquietante – il governo non ha mai pianificato interventi a medio termine. E' passato un anno, ancora non si è deciso. Solo tamponi quotidiani per mantenere il potere della distribuzione in vista del battage elettorale d'aprile. Ti do un pacco, mi dai il voto: “L'urgenza – sentenziano gli osservatori stranieri – non deve mai prescindere dalla trasparenza”.

L'osservazione del vescovo Jorge Casaretto Pesse, nonni genovesi, presidente della Caritas che è rimasta la sola organizzazione solida e leale nei gironi speculativi dell'emergenza, ricorda come sui pranzi distribuiti ai bambini (dieteticamente rafforzati tenendo conto dell' emergenza) la macchina dell'organizzazione Caritas incide del 7 per cento. La macchina dello stato sottrae un'inspiegabile 40 per cento, montagne di cibo e denaro che non arrivano a chi ha bisogno.

La gente non lo sa e continua con la rabbia di ogni giorno. Davanti alle mense popolari di Boca e Barracas mille persone, bambini per mano, protestano mentre la polizia comincia a stringerle con scudi e idranti. Non ne possono più delle polpette di cereali e carne, unico piatto ma ormai parodia dell'assistenza che lo Stato distribuisce ai senza niente. Perché la carne è sparita, qualche grumo di grasso affoga in un grumo giallo e untuoso. Due bocconi di niente; la fama non passa. Intanto le tv rovesciano in ogni angolo del Paese l'immagine di Chiche Duhalde, moglie alla quale in presidente ha affidato un anno fa, con dignità ministeriale, il compito di governare le Politiche Sociali: distribuzione di sussidi (34 dollari al mese per famiglia) e controllo della rete di mense e dispensari medici. La signora Duhalde si traveste da angelo biondo; gioca all'Evita Peron. Agita le mani, alza la voce, si commuove, promette e promette davanti alle madri raccolte nell'ospedale Santa Ana di Tucuman. Diciottomila bambini sfiniti da malattie con tanti nomi (dalla meningite alla paralisi, ma una sola radice: denutrizione profonda, mancanza di medicinali ed un prevenzione di cui non esiste più nemmeno la nozione: da due anni il nome è sconosciuto alle famiglie che ascoltano senza capire. Mentre l'eccitazione dei telecronisti annuncia l'arrivo della signora accorsa per animare l'Operacion Rescate, operazione riscatto, il dottor Angel Gonzales fa sapere che 12 mila bambini della provincia tra le più povere del Paese, sono sull'orlo di una crisi senza ritorno. Sono 220 camere che accolgono malati, non proprio malati, ma bambole di carne ed ossa sempre più diafane. Le madri li portano lì perché almeno si mangia e le medicine non mancano. “Non dovrebbero mancare, invece le scansie restano vuote”, ripete il dottore. Il vice direttore Oscar Luis Hital ricorda con un sospiro che “ormai i nostri letti sono sempre letti caldi”. Quando un bambino muore o non c'è speranza, lo sfiliamo dalle coperte. Un altro prende il suo posto. Spesso dormono in due. Se migliora, siamo costretti a mandarlo via sapendo che il ritorno a casa, dove le credenze sono vuote, i genitori senza un lavoro degno per sfamare i figlio, lo riporterà all'ospedale in una ricaduta più drammatica del primo sfinimento”. Perché la signora Duhalde, aspirante vice presidente, solo adesso è arrivata a Tucuman? Non per i bambini morti: ne sono morti tanti nei mesi passati e il futuro promette altro dolore. Arriva, precedendo l'arrivo di sette camion, viveri e medicinali, che gli aiuti internazionali avevano spedito due mesi fa. Per sei settimane sono rimasti bloccati alla dogana da “procedure burocratiche”. Il fastidio internazionale, lo scandalo dei piccoli uccisi dalla fame, l'annuncio di ispettori che correvano da fuori, hanno dato una scossa. Finalmente la carovana sbarca a Tucuman mentre la signora Duhalde sta promettendo: “Ho dato ordine di fare in fretta, e questa volta potrete toccar con mano cosa sto facendo per i vostri bambini. Cibo e medicinali sono alle porte della città”. Ma Tucuman è la capitale della provincia povera, verso i confini di Bolivia e Paraguay. La tragedia diventa spaventosa quando la stessa fame, con numeri che crescono vertiginosamente, assediata la capitale nelle villas miserias strette attorno a viali e ristoranti strapieni, nascosti dalla primavera australe sotto i fiori azzurri delle Jacarandà. Attorno e dentro Buenos Aires e alle grandi città argentine, 16mila persone in più, ogni giorno, si accorgono di non sapere cosa mangiare. La povertà riguarda ormai 19 milioni di donne, uomini, bambini. Con prezzi e tenore di vita poco più bassi della nostra realtà vengono giudicate “in grave pericolo sociale” le famiglie di quattro persone che mettono assieme “non più di 183 dollari” al mese. Rappresentano il 53 per cento della popolazione. Sono solo i numeri del mese di maggio. A fine dicembre saliranno al 57 per cento. Il 24,8 per cento della gente (sempre a maggio) è sotto i 100 dollari. Di loro nessuno sa cosa dire.

Non è l'inchiesta che distribuisce il governo, ma l'indagine leale della Caritas. A Buenos Aires i poveri sono diventati 2 milioni 100mila; i senza niente 1 milione e mezzo. Dei 3 milioni 800mila bambini al di sotto dei cinque anni, 2 milioni 474mila non hanno nulla. Numero che copre il 64% dell'infanzia della capitale. Sfinimenti e situazione ospedaliera un po' meglio di Tucuman, ma il loro dolore fa impressione, Il dottor Enrique Abeyà Gilardon della Società Pediatrica argentina divide in due categorie la denutrizione cronica: “marasmo”, denutrizione cronica, perdita progressiva di peso e crescita insignificante. Si fa per dire, ma è quasi un privilegio se paragonata al “Kwashiorkor”, nome che arriva dal Gambia degli scheletri-bambini. Denutrizione quasi irreversibile: braccia senza muscoli pendono lungo il corpo ridotto a niente, occhi enormi e sbarrati. “Cosa possiamo mai fare?”. Per spiegare come Buenos Aires non possa trovare un leader politico che ricordi il Lula brasiliano, Perez d'Esquivel, premio Nobel della pace, nel lungo colloquio che accompagna la sua speranza, mi ha spiegato: “La dittatura militare ha bruciato due generazioni, voragine intellettuale e politica difficile da colmare”. Ma senza gli occhiali neri dei cara pintada, si sta aprendo un baratro forse più profondo: un'altra generazione sta per sparire se per povertà, oltre la fame, si intende un minimo di educazione. Il liberismo delle scuole private, chiuse a metà per mancanza di risorse, confina nel caos gli istituti pubblici. E il 34 per cento dei ragazzi dell'obbligo, ha abbandonato gli studi. Banchi lontanissimi e difficili da raggiungere, niente libri e pentole vuote a casa. Meglio la strada. Si può sempre pescare qualcosa. Intanto nei loro palazzi Duhalde, Menem, il terribile Adolfo o Carlos Reutmann, o il ministro Lasagna, economista che piace alla vecchia nomenklatura ed è in viaggio per l'Italia, stanno litigando per la presidenza. Presidente di chi?

Maurizio Chierici – L'UNITA' – 27/11/2002



| MOTORI DI RICERCA | UFFICIO INFORMAZIONI | LA POSTA | CHAT | SMS gratis | LINK TO LINK!
| LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing List | Forum | Newsletter | Il libro degli ospiti | ARCHIVIO |
LA POESIA DEL FARO|