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Vincenzo Consolo

Il mondo di Bossi-Fini: Stupido e spietato

E' l'estate del nostro contento, della nostra spensieratezza, del nostro scialo, l'estate soprattutto al bel sole delle isole sul confine estremo del paese, dell'Europa, a mettere in stridente contrasto il Primo nostro mondo di opulenza e di alienazione e il resto dei mondi (Terzo, Quarto, Quinto...) di fame, malattia, guerra, sterminio...Stridente contrasto perché in quell'estremo confine i due mondi s'incontrano. S'incontrano sul confine delle isole Pelasgie, il mondo dorato dei proprietari di “dammusi”, di ville miliardarie di Pantelleria o dei vacanzieri di Linosa e Lampedusa, e il mondo dei diseredati, degli emigranti clandestini che su carrette di mare o gommoni attraversano il Canale di Sicilia e su quelle isole approdano.

Sono di questi giorni di agosto le notizie di più frequenti sbarchi di clandestini nell'isola di Lampedusa. Clandestini che disturbano, irritano gli sfollati agostanti delle grandi città, soprattutto del ricco Nord industriale, i quali sono andati fin laggiù per trovare la “natura incontaminata” e “l'esotismo a portata di mano”.

Ma lì, a Lampedusa, inopinatamente vi giungono anche, mannaggia, gli emigranti clandestini. Che per fortuna vengono subito catturati e rinchiusi nel Centro eufemisticamente detto di prima accoglienza, tendopoli dentro un cerchio di filo spinato. Chiusi, i clandestini, o trasferiti su aree e traghetti nei Centri altrettanto atroci di Trapani o di Agrigento. Quasi tremila sono stati quest'anno i clandestini sbarcati a Lampedusa. Disperati che non sanno certo che l'isola in cui fortunosamente sono approdati ha dato il titolo principesco all'autore de Il Gattopardo, del romanzo sulla decadenza e tramonto della nobiltà feudale al potere e sull'ascesa degli sciacalli “sedariani”, i feroci piccolo-borghesi mafiosi di oggi, di questo felice anno Domini 2002.

E ignorano ancora, i clandestini, che Ariosto riduce il grande e fantastico spazio dell'Orlando furioso, nel piccolo e concreto spazio di Lipadusa di Lampedusa, in cui fa svolgere lo scontro tra i tre paladini Orlando, Oliviero e Bradimarte e dei tre cavalieri saraceni Gradasso, Sobrino e Agramante. (“che s'abbia a ritrovar connumer pare/di cavallieri armati in Lipadusa./Una isoletta è questa, che dal mare/medesmo che li cinge, è circonfusa”). Ignorano la nostra aulica letteratura, quei disperati, ma conoscono bene la dura realtà da cui sono fuggiti. Non sanno ancora, i clandestini di Lampedusa, che in passato da quell'Isola partivano, su barche di fortuna, gli emigranti clandestini italiani per raggiungere le coste del Magreb.

Che Lampedusa, nel più antico passato, era l'isola che di volta in volta veniva conquistata dai pirati oristiani e da quelli saraceni e che un eremita dell'isola mostrava di volta in volta l'”abitino” su cui l'immagine ora di San Marco e ora di Maometto. E da qui venne il proverbio: “Né tutto Marco, né tutto turco, come il romito di Lampedusa”. Oggi il romito non gioca più con le sue effigie per opportunità, ma mostra, il giovane prete di Lampedusa, il solo viso della umana solidarietà aiutando i clandestini che nell'isola approdano.

Sono già fortunati i clandestini che sbarcano sulle spiagge di Pantelleria o di Lampedusa, perché molti altri, infelici, sono morti annegati e sono, nella comune bara di ferro arrugginito, nei fondali di quel lembo del Mediterraneo per cui scorrazzano le “barche” dei nostri riccastri, preoccupati oggi soltanto per le sorti del calcio in tv o per la fuga di Ronaldo, l'ingrato, verso la Spagna.

La Spagna appunto che è, assieme alla nostra del Canale di Sicilia, l'altra porta d'ingresso clandestino nella fortezza dell'Europa. La Spagna, lei sì, che conta come può i clandestini annegati nello Stretto di Gibilterra e i cadaveri disseminati sulle rinomate spiagge turistiche dell'Andalusia. “Tra il 1997 e il 2001 si sono recuperati, nei due lati dello Stretto, 3286 cadaveri di emigranti annegati” scriveva El Pais del 16 giugno di quest'anno. E qui da noi, pescatori di Pozzallo che hanno salvato 151 clandestini che rischiavano di annegare, sono stati incriminati per il presunto reato di favoreggiamento di immigrazione clandestina.

Qui da noi, per la nuova legge sull'immigrazione, che entrerà in vigore i primi di settembre, le carrette dei clandestini possono essere bloccate in acque extraterritoriali, forse anche speronate e affondate.

Con tutto il loro carico umano. E i clandestini, prima di approdare nelle coste delle nostre isole, possono così annegare al nostro grido trionfale di “Viva l'Italia, viva Bossi e viva Fini!”.

Vincenzo Consolo – L'UNITA' – 23/08/2002




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