A Torino durante il festival
del cinema, che per una settimana ha trasformato la città
piemontese nel tempio dell'horror per la presenza fisica dei
Maestri dell'Orrore (ma anche per gli orrori del
subconscio di molti film di Chabrol, veramente agghiaccianti)
abbiamo incontrato Don Coscarelli, venuto da Los Angeles per
presentare il suo episodio della serie: Incident on and off a
Mountain Road. È l'inventore della serie Phantasm,
quella dove un Uomo Alto, che viene da un'altra dimensione, ruba
cadaveri dai cimiteri per trasformarli in schiavi nell'Altrove di
qualche mondo schiavista. È rimasta indimenticata, tra le
armi e i meccanismi che compongono l'oggettistica letale del
terrore di celluloide, la pallina metallica e trita cervelli
della saga «fantasmatica», che vaga ronzando in cerca
di teste da trapanare e dissanguare. Il suo cinema pur puntando
alla fusione dimensionale tra i vari piani del reale (c'è
un forte trait d'union tra la poetica di Lynch e quella di
Coscarelli), sfugge alla metafisica dell'horror più
fantasy e si cala vertiginosamente negli abissi del contemporaneo
americano, come il migliore Stephen King, trasformando in
terrorizzanti alcuni innocui paesaggi collinari soleggiati,
percorsi da una sola strada. I suoi obitori tetrissimi e «vivi»
della serie di Phantasm sono tra le più infernali
(in senso dantesco) rappresentazioni di morte dell'immaginario
filmico.
Qual è la tua teoria
dell'orrore? Il motivo per cui questo genere ti appartiene?
Uno
degli altri registi del club dei Masters of Horror, Stuart
Gordon, ha detto una cosa molto bella a proposito, che approvo e
sento mia: egli crede che il cinema dell'orrore sia una prova
dell'ineluttabilità della nostra morte. Anch'io credo che
un buon film horror ci dia l'opportunità di investigare
sul grande mistero, la morte, nel suo ultimo e definitivo
momento. Con la serie di Phantasm ho lavorato in questa
direzione. Questo è uno dei motivi per cui amo molto il
genere in tutte le sue derive. Una delle cose più
importanti della serie Masters of Horror è che ci
offre varie speculazioni sulla Fine narrate da diversi punti di
vista: abbiamo la bizzarra visione di Dario Argento, quella
comica di John Landis, quella teorica e simbolica di John
Carpenter e quella politica di Joe Dante. Sebbene nel mio film
della serie ci sia una riflessione politica «femminista»
sugli stereotipi maschili che portano alla discriminazione, ciò
che più mi ha coinvolto è il suo essere
fondamentalmente un film sull'inseguimento, la caccia e la
persecuzione. C'è una donna in apparenza fragile che si
smarrisce nei boschi, perseguitata da un assassino deforme; un
uomo tenterebbe a sentirsi dispiaciuto per lei, accecato dai
pregiudizi sulla presunta debolezza femminile. In realtà
ci dovrebbe dispiacere per l'assassino...
La donna del
tuo film è perseguitata da uomini orrendi, non solo il
mostro.
Sì, è la vittima di un
matrimonio sbagliato, con un pessimo uomo. Ma trae da quella
brutta esperienza la forza per sopravvivere all'incubo dei
boschi. Per me è stato importante girare con una
protagonista, perché ho sempre diretto uomini, personaggi
di rilievo. Ora che ho più anni e ho una figlia ho capito
che nel femmineo ci sono elementi di potenza
sbalorditiva, che si adattano perfettamente ai meccanismi
dell'horror. Per me il mostro, la creatura più maligna del
film, è il personaggio meno importante. Ciò che mi
interessa è il viaggio nella notte e nel passato di questa
donna, la sua epopea della sopravvivenza non solo dal killer
deforme ma da un marito violento. Ci sono più livelli di
orrore: quello di essere prigioniera del matrimonio, che è
un orrore reale; i boschi di notte, un orrore atavico; il mostro
assassino, un orrore fantasy.
La storia del tuo
episodio ricorda un po' una novella di Stephen King: La
Bambina che amava Tom Gordon.
Non ho
mai letto questo libro, come mai ti ricorda il mio film?
C'è
una bambina che si perde nei boschi e sopravvive per mesi,
dimostrando una grande forza di volontà e genio per la
sopravvivenza; viene inoltre perseguitata da un orso. Le piace
Stephen King?
Si, certamente. Credo che sia un vero
maestro dell'orrore, dovrebbe dirigere uno dei film pure lui.
Ammiro molto il King regista.
Il suo Maximum
Overdrive è un grande film, molto
sottovalutato.
È vero è molto bello,
soprattutto se si conoscono le difficoltà che si
incontrano nel realizzare un film come regista. Stephen King
influisce con potenza su tutto il genere. Anch'io mi sono
ispirato a lui per Phantasm II. Ero stato rapito dal suo
romanzo Salem's Lot e il finale del film deriva da quello
del libro, con l'uomo e il ragazzo a caccia dei vampiri. Avrei
dovuto dirigere un film tratto da Stephen King perché Dino
De Laurentis ne possedeva i diritti; non si trattava neanche di
un racconto ma di un calendario dove su ogni mese appariva un
disegno e si leggeva un capitolo. Si chiamava Cycle of the
Werewolf.
Poi il film è uscito con un'altra
regia sfortunatamente. Si chiamava Silver Bullet,
dal nome della carrozzella del bambino che scopriva l'esistenza
del licantropo. C'era Gary Busey nel ruolo dello zio
amichevole.
Non l'ho diretto perché alla fine
io e De Laurentis avevamo opinioni troppo divergenti su come
avrebbe dovuto essere il film. Però ho avuto l'occasione
di conoscere Stephen King e di lavorarci insieme, è un
uomo gentile e brillante.
C'è qualche altro
scrittore horror che giudichi importante?
Ovviamente
Joe Lansdale. Posso orgogliosamente dire di essere il primo
regista a lavorare su una sua storia. Sono dieci anni che conosco
la sua opera e mi struggo per avere i diritti di qualche suo
lavoro. È uno scrittore celebre e quotato quindi ci sono
parecchi registi interessati a lui e non è facile riuscire
ad ottenerli. David Lynch voleva fare un film da un suo libro ma
poi non è mai successo. Il mio episodio di Masters of
Horror è tratto da un racconto di Lansdale. Quindi vi
posso dire che non sono solo il primo a trarre un soggetto dalla
sua scrittura, ma anche il secondo, con il venturo
Bubbahotep!
Ti piacciono i film di David
Lynch?
Non lo conosco di persona ma trovo importante e
interessante la sua filmografia. Amo molto Eraserhead, Blur
Velvet, tutta la serie di Twin Peaks e Mulholland
Drive è uno dei miei film preferiti in assoluto.
È
un film terrorizzante...
Sì ed è anche
meraviglioso. Molte persone sono state confuse da questo film, si
sono smarrite in esso. Io non ero perso per niente, ero dentro il
film, non cercavo risposte né un'interpretazione. È
grande, bisogna solo aprirsi dentro la pellicola.
Il
tuo rapporto d'amore con il cinema?
Il cinema di
Stanley Kubrick è importantissimo per me. Il primo film
che mi fatto decidere che avrei voluto diventare un regista è
stato 2001 Odissea nello spazio. Forse è il film
più importante mai realizzato in tutti i tempi. Il mio
amore per il cinema non si arena su un genere, mi piacciono tutti
i buoni film. Adoro Griffiths, Buster Keaton e Charlie Chaplin,
sono grandi registi.
E il cinema horror?
Sono
cresciuto guardando molti film alla televisione e per me sono
importanti i film dei '50 e `60, soprattutto quelli sf e horror,
oppure i mostri dell'Universal, come Frankenstein e Bride
of Frankenstein, due capolavori. C'è un film che
considero notevole e mi coinvolse molto: Invaders from Mars
del `54. Il fatto che ci sia un bambino che vede ciò che
sta succedendo al suo paese, che conosca la minaccia, ma nessuno
gli crede è un concetto che mi ha influenzato nella
stesura del soggetto del primo Phantasm. L'ho visto da
bambino e sentivo una profonda empatia per il mio coetaneo. I
genitori che diventano alieni è un momento spaventoso.
Però i film horror che più mi hanno ispirato sono
degli anni Settanta: L'esorcista e Texas Chaisaw
Massacre. Sono film di rottura molto disturbanti. Devo citare
anche Suspiria.
Non hai nominato nessun film di
George Romero.
Mi stavo dimenticando del maestro!
Certamente George, in Dawn of the Dead, è stato il
migliore. Ha fatto tanti grandi film. Negli anni settanta anche i
grossi studios erano interessati nella produzione di film horror,
rischiavano di più. Ora non è più così,
è più difficile girare buone pellicole del terrore.
Arrivano cose interessanti dall'Asia, ma Hollywood, ancora una
volta, se ne impadronisce, le ricicla, le ripete e infine le
distrugge. Quando vedrò un altro film con una bambina
asiatica dai capelli lunghi che le nascondono il viso urlerò.
E non perché sono spaventato. Pù recentemente mi è
piaciuto molto Open Water, impressionante horror
psicologico. Credo che il film horror più importante di
questi ultimi anni sia Blair Witch Project. L'ho amato
molto, anche per la sua ingenuità. Contiene il concetto
horror più interessante mai realizzato in un film a basso
budget: gli attori che filmano se stessi.
C'è
chi ritiene che il genere horror sia fluito e sopravvissuto nei
videogiochi giapponesi, in serie come Resident Evil,
Silent Hill, Parasite Eve o
Forbidden Siren. Contengono elementi cinema
nuovi e importanti, come piani sequenza che si prolungano per
minuti e minuti, magari in un corridoio oscuro, dove è il
giocatore che crea il ritmo della suspense. Hai qualche interesse
nei videogiochi?
Sia Silent Hill che Resident
Evil sono fantastici. La serie di Resident Evil è
veramente agghiacciante. Mi è piaciuto parecchio Myst,
anche se non era un horror. A proposito di Silent Hill
sono curiosissimo a proposito del film imminente, perché
un mio amico, Roger Avary, ha scritto la sceneggiatura.
Cosa
ne pensi dei film tratti da Resident Evil?
Posso
dire che la scena più bella del primo è il finale,
con la città distrutta e Nemesis che viene creato,
l'atmosfera apocalittica. Quindi il secondo è deludente
perché non mantiene le promesse, è un'altra cosa.
Ma non colpevolizzo gli autori, probabilmente succede a causa di
budget molto bassi. Per tornare ai videogiochi penso che un buon
horror crei un mondo, una mitologia, ecco perché al cinema
si generano così tanti sequel. La gente vuole tornare in
quel mondo, provare le stesse emozioni. È stato il cinema
horror a inaugurare l'abitudine del sequel. I videogame ci
permettono di passare ore in questi mondi dello spavento. Non
gioco spesso ma posso passare anche dieci ore per arrivare al
prossimo livello.
Il rapporto tra horror e censura è
migliorato o peggiorato negli Usa in questi ultimi
anni?
Incredibilmente è meglio. Basti pensare
al livello di violenza contenuto in Kill Bill di Quentin
Tarantino, eppure non ha avuto problemi di censura e
distribuzione. Potenzialmente è un momento fantastico per
fare film horror. Negli anni ci sono componenti politiche che
influiscono con il sistema della censura. In America la Motion
picture association è una struttura censoria privata, non
governativa. È stata creata per proteggere «loro
stessi» ma lo fa in maniera elastica; se ci sono pressioni
politiche o se succede qualcosa del tipo che qualcuno impazzisce
e spara in una scuola e a casa sua trovano dvd di film horror, la
maglia della censura si chiude sul cinema. Allora diventa
difficile farsi produrre film di sangue, o con le pistole. Ora i
politici sono impegnati nella guerra e non pensano alla
corruzione della gioventù, quindi possiamo fare horror
violenti quanto ci pare.
In Bubbahotep»
l'altro tuo film lansdaliano, il protagonista è l'icona
horror Bruce Campbell, nel ruolo del vecchio Elvis
Presley.
Bruce, della serie di Evil Dead, è
il più grande attore che stia lavorando nel cinema horror.
Bruce mi dice che può camminare senza che 99 persone lo
riconoscano, poi incontra un fan e viene adorato. Ha fatto un
impressionante lavoro ne L'armata delle tenebre, eppure a
Hollywood gli assegnano solo piccole parti. Quando i fan hanno
visto il mio film hanno detto: abbiamo ragione Bruce Cambell è
un grande attore. È una storia fantastica: troviamo Elvis
settantenne che vive in un ospizio; tuttavia tutti nell'ospizio,
operatori e pazienti, pensano che sia un anziano sofferente di
demenza senile. Invece Elvis ricorda tutto il suo passato ed è
affascinante. Ormai viveva nell'incubo di essere Elvis e cambiò
ruolo con un suo imitatore per scomparire. Quindi viaggia per gli
stati uniti del sud, lavorando come sosia di Elvis. Purtroppo
però finisce in coma per sette anni e si risveglia in casa
di riposo. È anche una storia molto seria su come vengono
trattati gli anziani nel nostro sistema; sono molto emarginati,
quando si raggiunge una certa età si è allontanati
dalla società, rimossi. Nel film Elvis sta morendo e c'è
una sola persona che crede che lui sia se stesso, un nero che
pensa di essere John Fitgerald Kennedy! Diventano amici e
scoprono una cospirazione dietro alcune strane morti accadute
all'ospizio. Ci sono strani geroglifici negli scantinati che
indicano la presenza di antico demone mummia egiziano che sta
succhiando le anime degli anziani. Hanno ragione e spetta a loro
sconfiggere il male. È un soggetto meraviglioso ed è
un occasione per riflettere sull'invecchiare, sulla morte e sulla
redenzione. La ragione per cui molti fans continuano a vedere
Elvis vivo e che non possono accettare che il Re sia morto come è
morto, accasciato nel bagno. Questa storia rappresenta la catarsi
di Elvis in eroe.
Qual è l'episodio dei Master
of Horrors che ti è piaciuto di più?
Mi
ha impressionato tantissimo quello di Joe Dante. L'horror in
America è visto dalla critica ufficiale come un genere a
un passo dalla pornografia, che viene aborrita. I critici che si
abbassano a osservare un film del terrore lo
considerano «quel tipo di film», disprezzandolo. Joe
Dante ha trasformato una commedia-zombi in un manifesto politico,
se avesse una buona distribuzione potrebbe fare perdere il
governo al presidente.
C'è qualche rischio che
il film di Dante venga censurato?
Potrebbe succedere
perché è politicamente esplosivo. Dopo la visione,
il nostro gruppo di horror maker ha deciso di supportare in pieno
il lavoro di Joe.
Intervista di Federico Ercole
IL MANIFESTO 08/01/2006
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