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DAVIDE RICCIO


LA BARBA (A Domenico Di Giovanni, detto “Il Burchiello”)


LA BARBA (A Domenico Di Giovanni, detto “Il Burchiello”)


Di nuovo la barba mi si è fatta incolta

a conferirmi l’aspetto trascurato

(pars pro toto)

di un avulso intellettuale di sinistra.


Io mi rado circa ogni tre giorni,

in modo che sia

un omologarsi mai del tutto

al bello e buono

di faccia così com’è

e così com’è si mostri

e viceversa.

Mantengo il dubbio e la pluralità.


Mi rado le guance e il mento

e la gola e il baffo,

senza più compiuta virilità antica

degli eroi, degli dei e dei re,

in decadenza vanitosa di Creta minoica

Roma e Bisanzio.


Levigo la ruvidezza

per un bacio ben dato

se capiti al bendato Cupìdo

di coglierci entrambi.


Radersi

costringe allo specchio

di un camerino

dove mi spalmo schiuma da barba

come il bianco cerone del clown

prima della clownerie,

la pubblica performance,

in tristezza riflessiva ormai vuota.


Sarà una rasatura accurata,

da glabro manager vincente,

il radi e getta

muoverò con mani d’artista,

e per ultimi ritocchi

la matita emostatica,

la muschiata frescante

lozione del dopobarba.


Ugualmente però non raderò

i peli neri delle parole

da pagine che bianche non so lasciare,

anzi coltivandovi barbe

sempre più lunghe, fitte e nasconditrici.




NOLENTE (a T.S. Eliot)


La mia forza vitale viene meno

come i capelli si fan più radi,

e brizzolati e grigi… prematura

caratteristica familiare costituzionale

si dice

eppure invecchio, ecco, invecchio.


Cos’è la Nolontà? E cosa il Samadhi?

Non porto più lunga la capigliatura

castana, ondulata,

con la frangia alla Sylvian,


il germanico segno dei nati liberi

o di medievale voluttuosa lussuria,

né chioma incolta dei penitenti anacoreti

e dei profeti aspiranti alla purezza


e non più mi ribello o contraddistinguo.

Io sono infine un borghese.


Nolente.


Soltanto il taglio a spazzola ormai mi dona,

perché solo si è fatto dignitoso

e insieme giovanile.

Quasi il mio capo sembra rasato

come agli antichi schiavi condannati.


Schiavo della mia fisiologica natura

che pure accelera la desquamazione

del cuoio capelluto,

e non c’è nolontà, non c’è Samadhi:


al problema della forfora

non ho che lo shampoo antiforfora

agli estratti ayurvedici o meno

ma che sia regolarmente usato.


Cos’è la melaleuca? E cosa l’Ayurveda?

Andrò da un tricologo?

Userò la Crescina con le ciclodestrine?


Bella magia popolare,

se vorrà infondermi ancora un po’ d’amore

non più alla ragazza riuscirà

di fare un nodo ai miei capelli.


Come i capelli mi si fanno radi!

Delila sensuale mi ha ingannato,

i Filistei mi sono addosso:

girerò la macina conformista

imprigionato così in attesa del Giudizio,

quando non io butterò giù le colonne

che reggono il mondo.


Vanità delle vanità, tutto è vanità,

dico basta agli esosi barbieri.

Ho comprato un tagliacapelli elettrico

in bel materiale cristal trasparente.

Ha i pettini distanziatori

e molti accessori in dotazione…


Mi taglio i capelli da solo,

in drammatica religiosa

tonsura, rinunzia al mondo,

davanti allo specchio

che eccede la pura e semplice funzione.


E se il taglio è imperfetto e si vede

che si veda:

possa questo eccentrico fare a qualcuno

un po’ di tenerezza.

Davide Riccio



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