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Ripartiamo da Barbiana, il 19 maggio 2002, marcia per la scuola |
BIOGRAFIA
Lorenzo
nasce il 27 maggio del 1923.
Vivere eventi storici, quali quelli
avvenuti tra le due grandi guerre e aver, in prima persona,
sperimentato le complicità di classe con gli orrori del
nazifascismo, ha consentito a Lorenzo di analizzare, con lucidità
e sensibilità particolari, i meccanismi che sostengono il
potere egemone della classe dominante. Dice Oreste del Buono, amico
ai tempi del liceo, in un'intervista di Neera Fallaci: "Gli
squadristi marciavano mentre noi eravamo dentro delle pance. Siamo
cresciuti in famiglie della ricca borghesia che riuscivano a vivere
abbastanza bene col fascismo; quando non lo avevano addirittura
sostenuto e finanziato”.
Il contesto sociale in cui è
vissuto deve, in qualche modo, aver determinato una scelta di vita
così estrema.
La sua famiglia aveva condiviso, nel bene e
nel male, le sorti di tante altre “buone famiglie” che
messe insieme costituirono di fattoil retroterra al fascismo. Una
classe sociale che non aveva esitato a barattare milioni di morti per
proteggere l'industria delle armi, anche batteriologiche e chimiche,
per difendere i propri privilegi. Una famiglia in cui la cultura, con
la “C” maiuscola, era di casa. Dove le ben radicate
tradizioni intellettuali non consentivano alcun accenno a
problematiche religiose. Nonno Luigi era un notissimo archeologo, la
madre era una raffinata signora ebrea, il padre un professore
universitario.
I Milani abitavano a
Firenze, in una grande palazzina in viale principe Eugenio al numero
9: “Al primo piano c'erano le camere, le camere padronali e
quelle per la servitù. Ognuno aveva la sua stanza. Al piano
terreno c'era il salotto, la sala da pranzo, lo studio del signor
Milani... Nel sottosuolo si trovava la cucina, una dispensa sempre
piena di roba, il ripostiglio del carbone... Noi della servitù
si mangiava in cucina. Invece all'istitutrice portavano il vassoio di
sopra: mangiava da sola, dopo aver dato da mangiare ai bambini.”
In questo modo Carola Galastri, balia di Lorenzo, descrive la casa
Milani. Non parla degli scaffali pieni di libri e delle opere d'arte
sparse nelle stanze e nei giardini.
Ricorda l'istitutrice tedesca,
ma non dice niente di come Lorenzo, Adriano e Elena impararono a
leggere e a scrivere. Nel salotto, al piano terra, avrà forse
urtato oppure alzato lo sguardo all'Apollo Milani, scoperta
archeologica del nonno Luigi.
Ricorda la rabbia, ma
non porta rancori per essere stata costretta, dalla miseria in cui
viveva ad abbandonare, per un anno intero, i propri figli. Alla
giornalista Neera Fallaci che le domanda quante volte ha potuto
andare in permesso a casa sua, risponde: “A casa mia? Mai! Mai.
I signori Milani erano talmente gelosi. Non si fidavano nemmeno di
farmi vedere il marito, per dire. Forse avranno avuto paura che
avessi qualche contatto. Io almeno, l'ho pensata in questo modo. Non
dicono che il latte fa male al bambino se la donna rimane incinta
mentre allatta?. Sono rimasta un anno intero senza vedere né i
miei bambini né mio marito.”
Da generazioni, i
Milani, producevano cattedratici fatti in casa e si dedicavano a
raffinati interessi culturali vivendo tranquillamente di rendita. La
tenuta di Gigliola a Montespertoli, composta da 25 poderi, aveva
mantenuto intere generazioni di signori e letterati. D'estate, la
famiglia Milani, trascorreva le vacanze alla villa “Il Ginepro”
al mare di Castiglioncello. Essendo una tribù numerosissima,
si trascinavano dietro una fila di automobili e di aiutanti: cuoco,
cameriera, servitore, autista, balia e istitutrice.
Nel '30, i Milani attraversarono un periodo difficile.
La grande crisi
economica impediva di vivere di sola rendita e il sig. Albano è
costretto ad andare a lavorare a Milano, come direttore di azienda,
occupandosi della organizzazione industriale.
Nella città
lombarda lo seguiranno la moglie e i figli che lì
completeranno gli studi.
A Milano, Lorenzo, passerà tutta
la sua infanzia e l'adolescenza.
Le basi culturali
ereditate dall'ambiente familiare erano ampiamente superiori a quelle
della scuola di quei tempi, perciò, Lorenzo non fu mai uno
studente modello! Della formazione ricevuta nella scuola pubblica
fascista dirà nella Lettera ai Giudici: "Ci presentavano
l'Impero come una gloria della Patria! Avevo 13 anni. Mi par oggi.
Saltavo di gioia per l'Impero. I nostri maestri s'erano dimenticati
di dirci che gli Etiopici erano migliori di noi.
Che andavamo a
bruciare le loro capanne con dentro le loro donne e i loro bambini
mentre loro non ci avevano fatto nulla. Quella scuola vile,
consciamente o inconsciamente non so, preparava gli orrori di tre
anni dopo. Preparava milioni di soldati obbedienti. Obbedienti agli
ordini di Mussolini. Anzi, per essere più precisi, obbedienti
agli ordini di Hitler. Cinquanta milioni di morti."
Tra i
morti, 6.OOO.OOO di ebrei. I coniugi Milani, nonostante avessero
verso le religioni un comportamento agnostico, il 29 giugno 1933,
sposati solo civilmente, celebreranno il matrimonio in chiesa e
battezzeranno i tre figli. In questo modo si difenderanno dalle leggi
razziali e dalla persecuzione contro gli ebrei che era iniziata in
Germania, con la presa del potere da parte di Hitler.
La giornata
che Lorenzo racconta nelle sue lettere, datate in quel periodo, era
piena di svaghi. Andava al campo, a tirar di scherma e di palla corda
oppure tornava da scuola pattinando. Parlando dei compagni di liceo,
dirà in Esperienze Pastorali: "Quei ragazzoni lisci, con
la pelle che si strappa al primo pruno, con quel sorriso a
dentifricio, con quegli occhi vivaci sprizzanti salute, vitamine,
divertimento, vacuità d'anima ..." Lui invece era fragile
di bronchi, assai emotivo e non soffriva scene di violenza. Aspetti
della personalità che lo accompagneranno tutta la vita.
Solo
per tradizione, nel '37, Lorenzo si iscrive alla prima ginnasio. Lo
stesso anno, durante le vacanze, chiede, tra lo stupore della
famiglia, di ricevere la prima comunione.
LORENZO PITTORE
Il 21
maggio '41, a causa della guerra le scuole chiudono, Lorenzo viene
dichiarato maturo. In quel momento, esprime il desiderio di
cimentarsi nella pittura. Vive per un anno intero a Firenze e
frequenta assiduamente il pittore H.J.Staude. Il padre la ritiene
"una bambinata", avrebbe dovuto intraprender una rapida
quanto fortunata carriera da intellettuale universitario: "Noi
ci si aspettava che prendesse la via accademica, che seguisse la
tradizione di famiglia" dirà la madre, "invece, dopo
il liceo, volle studiare pittura a Brera." Lorenzo, a causa del
suo anticonformismo, non rinununcia al fascino di una vita
"spesierata", ma l'esperienza diretta a contatto con la
gente comune sostituisce, con i suoi messaggi "duri", le
raffinatezze delle discussioni salottiere a cui era abituato.
Era
un ragazzo dalla bella figura slanciata, simpatico, cortese. Aveva
l'aria tipica del giovane di famiglia benestante quando, in una
parentesi fiorentina mentre faceva merenda in un vicolo, seduto
accanto al suo cavalletto, fu fortemente scosso dalla frase di una
donna: "Non si mangia il pane bianco nelle strade dei
poveri!"
Questo episodio raccontato da lui stesso a Adele
Corradi, gli fa confidare: "Mi sono accorto di essere odiato e
che me ne importava"
La professoressa Corradi, per anni
insegnante alla Scuola di Barbiana, prosegue con questa
testimonianza: "Un senso di colpa tremendo che aveva già
provato quando l'autista di famiglia lo accompagnava a scuola. Voleva
lo scendesse prima, perché si vergognava farsi vedere dai
compagni".
Lorenzo Milani Comparetti, un ragazzo ebreo che
mangiava il pane bianco dei ricchi, aveva presto preso coscienza
dello stato di privilegio in cui viveva, condizionato dal peso della
guerra, dall'altrui fame e dalla violenza delle discriminazioni
razziali. Due anni prima, Edoardo Weiss, il cugino materno, era
fuggito in America.
Sarà un periodo burrascoso e di
sofferente transizione che gli farà abbandonare le "mollezze"
e il tipo di linguaggio acquisito in famiglia. "Lorenzino Dio
tuo", firmerà così, una lettera disperata a un
compagno di liceo: "(....) se mi ammazzassi o impazzissi del
tutto quando lo vieni a sapere fai una sghignazzata (...)Dicevo a Dio
che doveva mandarmi un pittore della mia età. Dicevo:
"Fratellino se non me lo mandi sei una vacca. Beh insomma se non
me lo mandi almeno fammi piangere". (....) ciao Oreste io son
Lorenzino Dio tuo." (vedi: Lettere a Del Buono) Con la pittura,
inizia la stravagante vita d'artista "bohémien". E'
ancora un giovane che non si è completamente liberato dalle
forme di onnipotenza dovute anche all'età. In questo periodo
di "decadentismo agnostico", è fortemente
influenzato dal "bello e funzionale" di Le Corbusier e dal
"lavoro collettivo" nell'architettura di Michelucci. Legge
Claudel e si accende d'interesse per la pittura religiosa.
E'
proprio attraverso una ricerca sui colori, usati nella liturgia
cattolica che Lorenzo si avvicina in qualche modo alla
Chiesa.
L'esperienza pittorica lo porta a cercare i significati
profondi che stanno dietro l'immagine. Sono proprio questi
significati che, una volta compresi, gli faranno superare i valori
della cultura ereditata. Nel settembre del '42 s'iscrive
all'Accademia di Belle Arti a Brera. La famiglia, pur non
condividendo l'idea, lo aiuta ad aprire uno studio in quella città,
ma nel novembre dello stesso anno si trasferisce nuovamente a
Firenze. In questo modo, la madre di Lorenzo ricorda tale periodo,
scosso dai bombardamenti anglo-americani:
"Erano gli anni
della guerra. Presto si dovette sfollare da Milano, e ritirarci nella
nostra villa di Montespertoli, vicino a Firenze. Lui intanto aveva
incominciato ad interessarsi di architettura, oltre che di
pittura.""(4)
Ma la pittura, arte solitaria, era
insufficiente al suo bisogno di comunicare: "Non ho mai creduto,
neanche per un momento, che la pittura fosse la strada di Lorenzo
Milani.... . Si vedeva che stava volentieri in mezzo ai giovani, e
che c'era in lui questo desiderio di vivere in una comunità
(...) dichiarerà in un'intervista a Neera Fallaci, con
assoluta convinzione, Hans Joachim Staude che era stato il suo
maestro di Pittura, nell'estate del '41, e che continuerà a
frequentarlo sia a San Donato che a Barbiana.
Il 12 giugno del '43
il giovane Milani, ormai convertito, riceve la cresima dal cardinale
Elia Dalla Costa, in forma privata e nella cappella del Arcivescovado
dedicata a S.Salvatore. Una conversione secondo la madre nata per
gradi, anche se sboccerà improvvisamente: "Nacque per
gradi. E nacque da un senso di vuoto, d'insoddisfazione (....) Poi,
non so come, si ritrovò in mano un libro sulla liturgia
cattolica. Lorenzo se ne entusiasmò, ma tutti, lì per
lì, si pensò che fosse l'entusiasmo di un esteta.
Invece era accaduto, o stava per accadere in lui qualcosa di
assolutamente diverso. Di lì a pochi mesi,.... entrò in
seminario."(4)
LORENZO INCONTRA DON BENSI
Una mattina
d'estate, siamo nel '43, il giovane Milani entra nella sacrestia di
Santa Maria Visdomini nel cuore di Firenze: " (...) per salvare
l'anima venne da me", dirà in una delle poche
testimonianze lasciate mons. Raffaello Bensi, padre spirituale di
Lorenzo seminarista: "Da quel giorno d'agosto fino all'autunno,
si ingozzò letteralmente di Vangelo e di Cristo. Quel ragazzo
partì subito per l'assoluto, senza vie di mezzo. Voleva
salvarsi e salvare, ad ogni costo. Trasparente e duro come un
diamante, doveva subito ferirsi e ferire. E così fu".
Questo
desiderio d'assoluto era pane quotidiano per il vecchio sacerdote che
credeva fra l'altro nelle vocazioni elitarie. Questo rapporto lo
porterà a ricevere, insieme ad un affetto viscerale, molti
"grattacapi": "(....) mi chiamava "il su' babbo"
e "il su' nonno", e anche quando pareva che fosse venuto
senza scopo, bastava quel certo modo di guardarmi perché
capissi che dovevo far qualcosa per aiutarlo. Ho sempre fatto tutto
quello che ho potuto, anche se lui, benedetto testone, si cacciava
subito in guai peggiori(....) " (vedi: Don Bensi Intervista di
Nazzareno Fabbretti)
IL SEMINARIO
All'età
di 20 anni, l'8 novembre 1943, abbandona il colto mondo borghese a
cui apparteneva e entra nel seminario di Cestello in Oltrarno dove,
pur nei contrasti col rettore e i superiori, accetta le dure regole.
Da allora sarà obbediente e ribelle a una Chiesa nella quale
lui si sentirà inserito e che lo avvicinerà agli strati
più poveri della società: "Eppure un giorno che
s'era intasato un gabinetto del seminario e c'era due servitori a
rimediare, sentii per caso il
discorso del più giovane di
loro: "I signori bisogna servirli tutti: da cima.... fino in
fondo". Un mio compagno che è nato ricco ed era entrato
in seminario tutto gonfio di pio orgoglio di starsi facendo povero
coi poveri, restò come pugnalato da questa frase. E sì
che a quei giorni in seminario si pativa letteralmente la fame né
v'era riscaldamento di sorta." vedi: Opere - Esperienze
pastorali)
L'eliminazione del soggettivismo del signorino e
l'onnipotenza di Lorenzino Dio e Pittore, grazie all'aiuto del
vecchio sacerdote, lo porteranno a una maggiore predisposizione
all'ascolto e all' "attesa" della verità che viene
dall'alto. L'azione della fede lo porterà a spogliarsi di ogni
privilegio: "E pensare che mi son fatto cristiano e prete solo
per spogliarmi d'ogni privilegio!" (5)
Sarà una scelta
che farà soffrire. I genitori non saranno presenti alla
cerimonia della tonsura, atto di rinuncia al mondo per poter entrare
nello stato ecclesiastico. La scelta sacerdotale lo costringerà
a diversi piani di relazione. Scopre che non sempre si può
comunicare e che esiste un livello che funge da soglia. La soglia
della coscienza, dove risiede la parola, non era raggiungibile dal
popolo.
Il
montanaro di Barbiana aveva bisogno di un tramite e di una proposta
unificante: la scuola...
Da sacerdote non amerà rivolgersi
ai borghesi e agli studenti. Gli intellettuali, secondo lui, vivono
un mondo sterile e fatto di dettagli: " (...) io parlo, e
scrivo, non per farmi incensare dai borghesi come uno di loro"(....).
AUTOBIOGRAFIA
In "Università
e pecore ", mettendo a
confronto i mondi dell'infanzia in famiglia e della maturità
tra i contadini di Barbiana, il priore si racconta. (Vedi: archivio
fotografico Carmagnini). Parla di due mondi separati da confini
invalicabili della cultura e che lui, passando da un mondo all'altro,
riusciva a vedere entrambi con l'occhio curioso e attento del
convertito. E' impressionato dai processi culturali per cui una parte
dell'umanità, obbligata ad estraniarsi dalla propria
coscienza, si identifica e diventa strumento passivo della realtà
materiale che la circonda: le mode. Combattere l'alienazione per
trasformare i metodi e i criteri di un sistema consumistico,
diventato regime, sarà il suo modo di aderire alla realtà,
sia come uomo che come credente. Un' aderenza che lo porterà a
vedere nella mancanza di parola la miseria del popolo che gli era
stato affidato. Un popolo che non si era ancora intimamente corrotto
e nel quale, dietro alla maschera, vede innocenza e candore. Ancora
sono lontani i tempi in cui il potere del consumismo volgare ci
omologherà tutti e ci porterà, come dirà
Pasolini, alla perdita del sacro.
"Università e
pecore" è un'opera che il priore ha tenuto in archivio
per tutta la vita e che non ha mai gettato nemmeno quando, prima di
lasciare Barbiana e sapendo di andare a morire, distrusse tutto
quello che non voleva fosse pubblicato. Ciò convaliderebbe una
lunga e attenta verifica da parte dell'autore. In questa opera,
scritta a un amico magistrato, il sacerdote, descrive, in un episodio
reale e crudo, la vita dei pecorai, Adolfo e Adriano, e del
signorino:
"(....) così Adolfo ha passato la sua
infanzia colle pecore e ora è grande e lavora invece il podere
e colle pecore manda Adriano. E Adriano ha già 10 anni ma è
analfabeta come il suo babbo solo perché non può andare
a scuola perché ha da badare le pecore che hanno da fare la
lana e gli agnelli e il cacio. E poi si vende la lana e gli agnelli e
il cacio e la metà d'Adolfo basta solo per campare mentre la
metà del signorino messa insieme a altre metà di altri
poderi basta bene per andare a scuola fino ai 35 anni e far
l'assistente universitario volontario cioè non pagato e vivere
nei laboratori e nelle biblioteche là dove l'uomo somiglia
davvero a colui che l'ha creato che è sola mente e solo
sapere".
Lottando per la liberazione del povero
dall'alienazione della materia, cioè dal solo lavoro, il
Priore consente a una cultura muta il diritto alla parola: "
(.... ) la povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a
caldo, ma si misura sul grado di cultura e sulla funzione sociale
(....)". (6)
Un diritto che difenderà sempre, con
rigoroso anticonformismo. Non sarà "occasionale" o
"ideologica" la scelta dei poveri, ma determinata dal senso
di colpa, dall'amore e dalla concretezza dei rapporti che instaurerà
con i suoi popolani. Il suo desiderio di giustizia mette a fuoco
l'indifferenza della gente, una indifferenza che lui definirà
cieca e assassina: " Ma domani, quando i contadini impugneranno
il forcone e sommergeranno nel sangue insieme a tanto male anche
grandi valori di bene accumulati dalle famiglie universitarie nelle
loro menti e nelle loro specializzazioni, ricordati quel giorno di
non fare ingiustizie nella valutazione storica di quegli
avvenimenti.
Ricordati di non piangere il danno della Chiesa e
della scienza, del pensiero o dell'arte per lo scempio di tante teste
di pensatori e di scienziati e di poeti e di sacerdoti.
La testa
di Marconi non vale un centesimo di più della testa di Adolfo
davanti all'unico Giudice cui ci dovremo presentare.
Se quel
Giudice quel giorno griderà: "Via da me nel fuoco eterno"
per ciò che Adolfo ha fatto colla punta del suo forcone, che
dirà di quel che il signorino ha fatto colla punta della sua
stilografica?
E se di due assassini uno ne vorrà assolvere,
a quale dei due dovrà riconoscere l'aggravante della
provocazione? " (vedi: Università e pecore)
La vita e
gli eventi quotidiani diventano memoria storica di soprusi e angherie
che avvengono davanti ai suoi occhi e dentro il suo popolo. La sua
figura ha rappresentato, in questo secolo, un momento di riflessione
dell'uomo su se stesso, completa delle esperienze vissute sia nella
condizione di ricco che in quella di povero. I valori e il potere
della lingua, appresa e assimilata dentro una "scuola del reale"
, quale fu per lui l'ambiente familiare, lo portò a credere
che solo la parità culturale avrebbe dato dignità
all'uomo, per natura artista e creativo. Un messaggio profetico, non
moralistico e che educa al rifiuto di una vita ripetitiva. Le novità
per il priore rappresentavano la gioia di vivere, di combattere e di
conoscere: "(....) il maestro deve essere per quanto può
profeta, scrutare i "segni dei tempi", indovinare negli
occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che
noi vediamo solo in confuso (....)".
Nell'assoluta mancanza
di riferimenti, non siamo capaci di spiegare il suo comportamento
così anticonformista verso il "piacere materiale",
il "disimpegno" e il "privato". Le famose tre M:
moglie, macchina e mestiere. Vede il Parlamento completamente
dominato dal "Partito Italiano Laureati". Il suo pensiero,
fuori da ogni schema e sofferto, parla direttamente
all'anima.
Lorenzo Milani contrappone alla ricerca del benessere
economico, della riuscita scolastica o professionale quello che per
lui sarà il massimo delle aspirazioni: il piacere di sapere
per non essere subalterni. Liberandosi, con l'insegnamento, dalle
colpe materialiste e atee dei signori, libera i poveri
dall'analfabetismo. L'intercapedine dura che separa l'uomo dal
messaggio evangelico.
LA TESTIMONIANZA
Agire
dentro la Storia ha, per lui come per papa Giovanni, valenza di fede.
E' la fede di San Francesco, un santo che non proviene dalla
gerarchia. Va subito detto che, per il priore, la Chiesa rappresenta
l'emancipazione e liberazione del popolo di Dio. E' un Dio immanente,
quello in cui Lorenzo crede. Un Dio che interagisce con la storia
delle sue creature. Un Dio che soffre, rinasce e è trino. E'
la fede che risponde a un grande santo a lui caro, l'apostolo Paolo,
che scuote il cristiano convertito dicendo: "Abbiate in voi gli
stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur
essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio. Ma spogliò se stesso, assumendo la
condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma
umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e
alla morte di croce".
Una fede che ha riscoperto il grande
valore delle culture "subalterne" e che, volendo conservare
Dio all'interno delle proprie tradizioni, non vuole assimilare la
cultura materialista e atea della classe dominante. Nella futura
società, quella della manipolazione genetica e delle nuove
tecnologie della comunicazione, bisognerà ricredere in ciò
che è essenziale alla vita per poter condividere le risorse e
per salvare noi e il pianeta: ... altrimenti, il Dio motore della
storia se né andrà portandosi dietro tutti i suoi
santi, Lorenzo compreso, e chissà per quanto tempo.
Sta in http://www.barbiana.it/biografia.html
Bibliografia
essenziale di don Milani
Esperienze pastorali,
Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1958, pp. 478.
L'obbedienza
non è più una virtù, Firenze, Libreria editrice
fiorentina, 1965, pp. 84.
Scuola di Barbiana, Lettera a una
professoressa, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1967, pp.
166.
Opere postume curate da altri
Gesualdi, Michele
(a cura di), Lettere di Don Lorenzo Milani priore di Barbiana,
Milano, Arnoldo Mondadori editore,1970, pp. 284.
Milani
Comparetti,Alice(a cura di),Lorenzo Milani -Lettere alla mamma,
Milano, Arnoldo Mondadori editore, 1973, pp. 220.
Melli, Gian
Carlo (a cura di), Lettere in un amicizia di Lorenzo Milani, Firenze,
Libreria editrice fiorentina, 1976, pp. 64.
Gesualdi, Michele (a
cura di), Il catechismo di Don Lorenzo Milani, Firenze, Libreria
editrice fiorentina, 1983, pp. 234.
Bibliografia
essenziale su don Milani
Bruni, Giampiero, Lorenzo Milani -
Profeta cristiano,Firenze,Libreria editrice fiorentina, 1974, pp.
216.
Fallaci, Neera, Dalla parte dell'ultimo, Milano, Milano
libri edizioni, 1974, pp. 606.
Pecorini, Giorgio, Don Milani!
Chiera costui?, Milano, Baldini e Castoldi, 1996, pp. 420.
Riccioni,
Gianfranco, La stampa e don Milani, Firenze, Libreria editrice
fiorentina, 1974, pp. 242.
Toschi, Massimo, Don Lorenzo Milani e
la sua chiesa, Firenze, Polistampa,1994,pp.225.
Documentazione
Centro documentazione "Don
Milani" e scuola di Barbiana, piazza della Vittoria, presso la
biblioteca comunale, Vicchio (Fi), telefono 055- 8497026.
Un fondo
Don Lorenzo Milani si trova all'Istituto per le scienze religiose di
Bologna, direttore Giuseppe Alberigo. V. Pecorini, op.cit.
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