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L'acqua: un bisogno per tutti, un diritto per alcuni |
L'acqua
è vita. Un principio semplice, basilare, che però non è
affatto scontato, se si pensa che l'accesso all'acqua potabile, un
diritto fondamentale, un bisogno vitale degli esseri umani, è
negato a più di un miliardo e cento milioni di persone, quasi
il 20% della popolazione mondiale, mentre 2 miliardi e 400 milioni di
persone, ossia il 40% della popolazione del Pianeta, non dispongono
di impianti igienici adeguati.
Questo significa morte, malattia,
catastrofi economiche: si stima che acqua non potabile e impianti
igienici inadeguati siano allorigine dell80% di tutte le
malattie presenti nel mondo in via di sviluppo, mentre più di
200 milioni di bambini muoiono ogni anno a seguito del consumo di
acqua insalubre e per le cattive condizioni sanitarie che ne
derivano.
Tragedie
evitabili, disastri prevedibili con una diversa gestione politica
delle risorse idriche del Pianeta Terra, secondo gli organizzatori
del Forum Mondiale Alternativo dell'Acqua, che si tiene a Firenze dal
19 al 22 marzo, una rete di Ong e associazioni, tra cui Cipsi,
Coordinamento di iniziative popolari di solidarietà
internazionale, Rete Lilliput.
Si tratta di una sorta di
controforum rispetto a quello di Kyoto (in programma dal 16 al 22
marzo 2003), che viene definito «espressione della nuova
oligarchia mondiale dell'acqua», anche in virtù del
fatto che «il Vertice di Johannesburg sullo sviluppo
sostenibile ha dimostrato l'incapacità strutturale, sul piano
dei valori e delle scelte politiche prioritarie di realizzare lo
sradicamento della povertà nel mondo».
La distribuzione di acqua e servizi sanitari, infatti, è ineguale, nettamente diversa tra primo e terzo mondo. Secondo alcuni dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, relativi al 2000, in Africa il 38% della popolazione non ha a disposizione l'acqua, e il 40% i servizi sanitari; in Asia, non ha accesso all'acqua il 19% della popolazione totale, ma il 52% non dispone di servizi sanitari adeguati. In America Latina, è il 15% della popolazione a non disporre di acqua sicura, mentre il 22% manca di servizi; per quel che riguarda l'Oceania, se il 12% della popolazione non dispone di acqua sicura, è ben il 47% a non avere servizi sanitari adeguati. Ovviamente, per quel che riguarda Europa e America del Nord, la situazione cambia radicalmente: nel Vecchio continente, solo il 4% degli abitanti non dispone di acqua sicura e l'8% di servizi sanitari. Nell'America Settentrionale, invece, l'accesso all'acqua e ai servizi igienici è garantito al 100% della popolazione. Tradotti in termini di utilizzazione dell'acqua, questi dati mostrano l'enormità dello squilibrio: un cittadino nordamericano utilizza 1.700 metri cubi di acqua allanno mentre la media annuale in Africa è di 250 metri cubi. E se gli abitanti dei Paesi industrializzati consumano in media circa 40 litri per fare una doccia, per i 2/3 dellumanità 40 litri rappresentano la disponibilità dacqua di intere settimane.
Rispetto a una situazione come questa, il controforum fiorentino, che vede la partecipazione di personaggi come Mario Soares, Vandana Shiva, Wolfgang Sachs, Alex Zanotelli, Ignazio Ramonet, Danielle Mitterand e Riccardo Petrella, si pone degli obiettivi precisi: il diritto all'acqua per tutti, il riconoscimento dell'acqua come bene comune, la garanzia per un accesso all'acqua universale, la gestione sostenibile delle risorse idriche. Molto meno chiari in termini di diritti e garanzie gli obiettivi del vertice ufficiale di Kyoto, che dovrà definire gli scenari di riferimento delle politiche idriche, a livello mondiale, dei prossimi decenni. Nel documento di presentazione, si evince la difficoltà da parte degli organizzatori di conciliare interessi politici ed economici con la necessità di assicurare a tutti il diritto all'acqua.
Intanto, il 2003 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite anno internazionale dell'acqua, un'iniziativa che ribadisce la gravità dell'emergenza idrica, che è destinata a peggiorare e a riguardare un sempre maggior numero di persone. Se da una parte le cause naturali non aiutano (l'acqua dolce del pianeta Terra è effettivamente molto poca: il totale dell'acqua dolce disponibile per gli ecosistemi e per gli uomini è di 200.000 Km3), il consumo d'acqua del pianeta è aumentato notevolmente nei secoli. In media, ogni abitante del pianeta ne consuma il doppio rispetto allinizio del 1900, e globalmente, il consumo è praticamente decuplicato nellarco di un solo secolo. Negli ultimi cinquantanni la disponibilità dacqua è diminuita di tre quarti in Africa e di due terzi in Asia, 2,3 milioni di persone vivono in Paesi a rischio idrico. Senza uninversione di tendenza, tra il 2025/2035, quando la popolazione supererà gli 8 miliardi di esseri umani, secondo l'Unep, il programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, le persone senza accesso allacqua potabile saranno più di 3,4 miliardi e più della metà della popolazione mondiale risiederà in aree con problemi idrici; Asia e Medio Oriente saranno le regioni più a rischio.
Con investimenti troppo bassi, con una politica che privilegia agricoltura e industria, e soprattutto con la tendenza dominante a privatizzare le risorse idriche appaiono del tutto inadeguate a fronteggiare tale situazione le decisioni degli organismi mondiali. Nei Paesi dellOCSE si spendono 357 miliardi di dollari Usa allanno, pari a circa un miliardo di dollari al giorno, per sussidiare lagricoltura mentre, secondo stime della Banca Mondiale, sarebbe sufficiente stanziare 180 miliardi di dollari allanno per 10 anni, per garantire a tutta la popolazione mondiale laccesso allacqua potabile ed una formazione di base per accedere alla salute ed alla educazione. Inoltre, lattuale modello di agricoltura assorbe il 70% dei prelievi mondiali dacqua, mentre il restante 20% viene utilizzato dall'industria: entrambi questi comparti pagano la tariffa più bassa per usufruire di questo bene, e spesso restituiscono al sistema lacqua inquinata senza pagare alcun contributo.
Considerare
l'acqua un bene economico, una merce che deve adeguarsi agli accordi
del Wto, per la quale bisogna stabilire un prezzo "abbordabile",
infine, significa obbligare anche le popolazioni più povere a
pagare un costo fisso per questa risorsa vitale e, secondo gli
organizzatori del controforum, negare loro il diritto alla vita.
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