George W. Bush ha
detto al mondo che cosa intende fare nel nuovo quadriennio. La
maggioranza dei suoi concittadini lo ha approvato, la maggioranza
degli italiani ne ha preso atto, ben sapendo che è inutile
discuterne. Si tratta, papale papale, di un programma
imperialistico neo conservatore basato sostanzialmente sul
diritto al dominio e all'impunità del più ricco e
del più forte.
Con George Bush gli Stati Uniti
escono definitivamente da una visione isolazionista e rivendicano
il governo planetario. Tocca a loro riportare in tutto il mondo
la democrazia, punire o terrorizzare i tiranni, far prevalere il
bene sul male. Il vassallo zelante Berlusconi ha già
adottato la nuova dottrina, percorre l'Italia affermando che lui
rappresenta il Bene, è il Bene, mentre gli oppositori
appartengono al regno del male.
Il primo effetto della
nuova dottrina salvifica e provvidenziale è dunque quello
di separare gli uomini tra fedeli e infedeli, tra buoni e
malvagi, l'esatto contrario della tolleranza democratica. I
maestri della democrazia ricordano, secolo dopo secolo, che il
suo fondamento non sono tanto le leggi, ma il costume, non
l'applicazione di permessi e di divieti, ma l'esempio che ogni
uomo dà dei comportamenti democratici.
Ma chi non
vede che l'America dei neo conservatori sta attuando una
retrocessione generale dei comportamenti democratici, ha votato
un Patriot act che autorizza il governo ad arrestare i sospetti,
a fermarli a tempo indefinito, a perquisirne le case senza
mandato, a ispezionare i loro conti in banca, le loro
biblioteche, la loro posta elettronica? Questa legge è
stata approvata a maggioranza, 445 sì e 66 no, alla Camera
senza opposizione al Senato. Il presidente Bush ha promesso che
darà la caccia, se occorre con le armi, a tutti i tiranni
e ha già stilato l'elenco dei cinque più
pericolosi, fra cui l'Iran dove già agiscono squadre di
spie e di sabotatori.
Ma ci si chiede: possibile che
questi salvatori della democrazia nel mondo siano corsi
regolarmente in aiuto dei tiranni sia nell'America latina, che in
Asia, mai neppure per sbaglio dalla parte di un movimento di
liberazione sempre dalla parte dei Pinochet e degli ammiragli
argentini; possibile che la grande democrazia americana fuori
dall'America stia sempre assieme ai torturatori, ai regimi
polizieschi, a quelli che danno la caccia ai ribelli e che i suoi
statisti come Henry Kissinger approvino i massacri come quello
dell'Indonesia? E che siano indicati come tutela della democrazia
quei marines che nel loro inno cantano le glorie delle guerre
preventive da Grenada a Tripoli?
Bush ha ripetuto di stare
dalla parte del bene, di essere il bene. Ed è un bene che
vive bene, fuori discussione: con una popolazione che è il
7 per cento di quella mondiale, gli Usa consumano il 30 per cento
delle risorse mondiali, ogni americano dispone di energia come
sei messicani, 38 indiani, 500 etiopi. Devono - dice Bush -
portare la democrazia nel mondo, ma non toccare il loro tenore di
vita. Come? Con le guerre preventive? Con la teoria che Dio sta
dalla parte degli americani? O con quella del vicepresidente Dick
Cheney, secondo cui Dio sta soprattutto dalla parte della
oligarchia che sta al governo perché, sostiene, "è
il presidente a guidare il paese, non i rappresentanti delle due
Camere fra cui ci sono sovversivi e comunisti mascherati".
Dopo
la Seconda guerra mondiale, il governo del mondo fu affidato alle
Nazioni Unite, cioè ai vincitori, le cinque potenze che
avevano il diritto di veto sulle altre. Adesso con Bush si fa un
passo avanti, un solo paese, gli Stati Uniti, si riserva il
diritto di giudicare chi sono gli Stati del bene e chi gli Stati
canaglia. Ma che c'è di nuovo? Non è sempre andata
così dai tempi di Nabucodonosor?
Giorgio Bocca L'ESPRESSO
04/02/2005
Intervista
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