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Bolivia, ragioni profonde come la fame |
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La piazza ha vinto e il presidente è scappato non perché un cento straccioni hanno perso la vita negli scontri di protesta, ma perché i paesi attorno non sono governati da figuranti della politica, dogmatici nella repressione, ma da protagonisti democratici accompagnati da uno straordinario consenso popolare. Lula e Kirchner, Brasile e Argentina, sono intervenuti nella crisi boliviana con parole che inquietano l'imperium delle multinazionali. Mentre fra le nuvole dell'altipiano gli indios marciavano verso La Paz, i due capi di Stato hanno annunciato di non sopportare, ormai povertà, disoccupazione ed emarginazione nell'America del Sud. La precisazione è importante. Non America Latina con Messico e i piccoli Stati, colonie taiwanizzate dell'emisfero centrale; America del Sud, regione i cui confini stringono Brasile e Argentina. Si affaccia la strategia di una politica comune per allargare il Mercosur e trattare insieme le proposte dell'Alca, mercato dall'Alaska alla Terra del Fuoco, disegnato da Washington ma che i nuovi governanti latini vogliono discutere. Rifiutano di digerirlo in blocco per tutelare risorse che le privatizzazioni hanno svenduto alle società straniere. La Bolivia, ventre molle della regione, è stata l'occasione. Lula e Kirchner hanno mandato i cancellieri con una proposta di mediazione rivolta al popolo. Sfida indiretta agli Stati Uniti perché fino all'ultimo giorno il Dipartimento di stato appoggiava le rapine di un presidente come Sanchez de Losada. Roger Noriega, vice di Colin Powell si era spinto a promettere ogni tipo di difesa della legalità costituzionale minacciata dall'eversione di narco-sindacalisti. Caricatura degli oppressi che svanisce nella realtà. E all'aeroporto di Santa Cruz de la Sierra, città del mato boliviano, fuori dai tumulti perché sotto controllo delle grandi famiglie, è cominciato il via vai di aerei con militari e consiglieri partiti da Sant'Antonio, Texas. Purtroppo anche la Ue si è accodata: parole scialbe con un filo di intransigenza. Il sospetto che qualcosa di profondo stia forse per cominciare, agita interessi codificati nel tempo. Ma la rapidità dell'intervento Lula-Kirchner stravolge le vecchie strategie. L'uomo forte viene bruciato e deve subito sparire. Riappare finalmente il vice presidente Carlo Mesa che l'ambasciata americana aveva aiutato a mettersi da parte: promette qualcosa di rivoluzionario, per il momento parole. Non difenderà solo patria, costituzione e unità boliviana, stereotipi di ogni dittatura. Si impegna a superare la esclusione di troppa gente e le diversità tra cittadini di prima e seconda categoria. Intanto Brasile e Argentina lanciano una sfida: non solo alle multinazionali e alla politica che ne è l'ombrello, anche al Fondo Monetario la cui rigidità è responsabile di troppi disastri. Rovesciando la storia di una disgregazione territoriale, strategia per dividere e dominare, affidata dalla colonia dei conquistatori spagnoli e borghesie creole in lotta fra loro agitando la bandiera dei nazionalismi mentre gli argenti viaggiavano verso le corti d'Europa; accertando il disastro del totalitarismo liberistico la cui sopravvivenza rafforza uomini obbedienti alle speculazioni del grande capitale, Lula e Kirchner stanno per sostenere quell'unità che i libertadores Bolivar e Sant Martin non erano riusciti a consolidare nel continente dell'oro. Finalmente, tutti assieme, uniti nei debiti da non pagare secondo le regole del FMI. Uniti nelle risorse da difendere dagli appetiti ormai impossibili nel continente alla deriva. El Alto è la periferia della capitale stesa attorno all'aeroporto sulla linea gelida dei quattromila metri. Domina la città raccolta nei gironi del vulcano spento. Al contrario di ogni altro posto del mondo, i quartieri altri sono in basso, nascosti nel fondo del cratere: tremila metri riparati dal vento, dove crescono piante e guadagnano meno di 70 centesimi di dollaro al giorno. La rabbia viene da questa lontananza ripetendo una storia che non cambia l'incubo della stessa parola: fame. Non solo bocche vuote, ma scuole vuote perché i ragazzi devono arrangiarsi nei pascoli, in miniera, attorno alle bancarelle. Madri accucciate fra le masserie dei camion in viaggio da un mercato all'altro con gomitoli di lana, ciabatte, legni colorati, qualche frutto. Tirano avanti così. A 50 anni i padri si arrendono sfiniti dalla vecchiaia, e la tentazione di una paga facile raccogliendo o pigiando cocca resta la speranza a portata di mano. Miseria totale per il 27 per cento della popolazione come Nigeria, Sierra Leone e Camerun, precisano i numeri che ogni anno John Walsh, ricercatore di Washington sulla povertà, distribuisce a politici distratti. Il 40 per cento della gente si arrangia alla giornata, mentre l'8 per cento dei boliviani sonnecchia nelle zone rosa e trascorre i week-end in basso Cochabamba o Santa Cruz de la Sierra dove l'aria non è rarefatta e si può giocare a tennis senza far saltare il cuore. Due mondi diversi sotto la stessa bandiera. Haiti è per noi l'inferno dei Caraibi: la mortalità infantile boliviana è due volte di più. Ecco perché la gente non smette la protesta. Se si può considerare un colpo di stato, quello di ieri sarebbe il numero 193 nella storia del paese. Non sempre l'uomo forte si è salvato scappando. Il palazzo dove il presidente era barricato per resistere alla folla, si chiama Quemado, bruciato. Un lontano predecessore di Sanchez Losada è morto fra le fiamme, quasi due secoli fa. E l'ultimo presidente a lasciarci le penne è stato Barrientos, generale la cui medaglia era l'uccisione di Che Guevara. Gli sopravvive due anni. Il suo elicottero, regalo del Gulf Oil, cade per uno strano incidente. L'aver distrutto la guerriglia stava gonfiando un nazionalismo imbarazzante del quale si proclamava leader assoluto. Non lo gradivano le multinazionali proprietarie del paese. Gli hanno preferito un altro generale, minuto, il cui aspetto ricordava un po' Chaplin e un po' Hitler: Hugo Banzer Suarez, educato alla Scuola delle Americhe di panama e comandato ad insegnare la guerra psicologica nell'accademia dove crescevano i giovani militari di La Paz. Veniva da una grande famiglia agraria di Santa Cruz de la Sierra. Cugino e socio in ogni affare con Gomez Suarez, granadero passato all'industria della coca. E' diventato famoso per l'offerta di pagare il debito estero boliviano (28 milioni di dollari, 1970) in cambio della restituzione del passaporto che gli Usa avevano preteso per il boss dei boss. La dittatura di Banzer è spietata ma razionale come non era mai successo nel tumulto delle ambizioni boliviane. Si scopre, anni dopo, che consiglieri americani consideravano la Bolivia il laboratorio necessario a sperimentare il colpo di stato e la tenuta del potere militare da applicare in Cile, allora governato da Allende. A Banzer viene affidato un secondo collaudo: mentre Pinochet e i suoi Chicago's boys facevano da cavia al liberismo, invecchiando il modello degli uomini forti in divisa e occhiali neri, nella sua montagna Banzer doveva sperimentare il passaggio dalla dittatura alla democrazia formale (invenzione di Reagan e Bush padre) presentandosi con giacca e cravatta ad elettori da intimidire, ma senza eccessi. Naturalmente la Falange di Banzer trionfa: diventa un presidente normale mantenendo il potere fino a due anni fa, quando muore. Il gas, d'accordo, anche se è solo l'ultima prevaricazione. Sanchez de Losada lo stava svendendo al consorzio dei soliti nomi. Riserve boliviane immense, seconde nelle americhe solo al Venezuela, ed un consumo nazionale che il sottosviluppo mantiene talmente basso da programmare l'inutile indipendenza energetica per 1253 anni. Meglio esportarlo per far cassa e tentare una restaurazione sociale al momento disperata. Ma Sanchez Losada non cambia la politica del predecessore il cui profilo sembra stralciato dalla sua biografia, proprietà di miniere a parte: Jorge Quiroa, quarantenne che vive e si è laureato in ingegneria nel Texas, sette anni alla Ibm; americano, con moglie americana, quattro figli nati negli Stati Uniti, parla lo spagnolo degli emigranti. Finita la presidenza è tornato a casa meno drammaticamente di chi ieri è volato via come un ladro. Entrambi ritenevano che scuole, ospedali, modernizzazione delle colture, case decenti e piccole industrie potessero aspettare. La disoccupazione endemica non riguardava la presidenza: l'aveva solo ereditata dalla storia, mentre le grandi opere restano indispensabili alla modernizzazione del paese. Dalle holding coinvolte a programmare il miracolo, i due sono soci, appena mascherati. Li guidano signori i cui nomi brillano in politica come Ray Hunt proprietario di Hunt Oil e Kellog Brown Root, amministratore della Halliburton: è stato il grande finanziatore della campagna rielezione 2004. Le spese per far arrivare il gasdotto sul pacifico devono pesare in gran parte sul governo boliviano. Sacrificio necessario per dar lavoro a diecimila operai la cui paga risente del colore della pelle. Trenta per cento in meno agli indios. Cinquanta per cento in meno alle loro donne. Prima della fuga e dell'annuncio del referendum, restava l'indecisione se gli impianti per la liquidazione del gas da imbarcare su petroliere, dovessero crescere in Perù o nell'odiato Cile colpevole di aver rubato alla Bolivia lo sbocco al mare, 130 anni fa. Ma è solo un'emozione marginale. La disperazione degli otto milioni di persone riguarda la spoliazione sistematica da parte delle multinazionali di ogni risorsa del territorio, mentre l'emarginazione non cambia e le rivolte finiscono nei massacri: scioperi dei minatori di Oruro, dei contadini, degli operai, sempre spenti da repressioni che li hanno rimessi nell'angolo. Senza mollare, hanno imparato che motivo dei fallimenti restava la divisione nella lotta, eccoli piano piano riuniti. I contadini che coltivano la coca legale per l'industria farmaceutica e altri 80 prodotti frivoli: dal thè contro il mal di testa, a creme, dentifrici, infusi di cioccolata. Li guida Evo Morales. Ha conteso fino all'ultimo voto l'elezione di Sanchez Losada. La Cob, grande sindacato operaio diretto da Felipe Ouispe, si definisce organizzazione indigena. I minatori dello stagno i quali da Oruro hanno dato vita agli scontri epici del passato. La Chiesa cattolica si è aggregata assieme ad intellettuali laici e marxisti, mentre le anime morte delle baracche urbane e della tiendas di piccoli commerci, uniscono la loro solidarietà. In un paese senza il tessuto di una borghesia minuta, indispensabile alla crescita civile, questo topi di incontro può diventare il nucleo determinante per far nascere forse una nuova nazione. Non avrebbero mai avuto il coraggio di ritentare le avventure della piazza se isolati sul tetto dell'America. Lula e Kirchner li hanno rassicurati con la loro presenza. La guerriglia del gas ha appena un mese di vita, ma dopo le elezioni in Brasile e Argentina, i boliviani hanno cominciato a scalpitare per impedire la svendita di ciò che considerano proprietà irrinunciabile. Gli scontri cominciano a Cochabamba contro la privatizzazione delle risorse idriche affidate ad un'impresa nordamericana. Anche gli indios del logo Titicaca, quattromila metri fra le Ande, la più estesa riserva di acqua dolce del mondo, bloccano le strade e il confine col Perù. Cominciano gli scontri. In settembre tocca al gas. Davvero un nuovo capitolo? Difficile ipotizzare l'utopia. Gente qualsiasi che si ribella alla spoliazione e multinazionali che tornano a casa, rinunciando al dominio di territori considerati colonie economiche a dispetto delle bandiere nazionali? Fantascienza, eppure...Restano le famiglie padrone della storia di tutti. E diffidenti verso le novità che il ruotare del tempo sottopone. Mai fidarsi di nessuno. Tanto per far capire cosa può succedere: una volta ho incontrato Banzer Suarez nella sala del mappamondo del palazzo Quemado, sede del presidente. Mi accompagnava un amico della sua famiglia: il ministro dell'informazione Caballero Tamallo. Assieme al fotografo Giovanni Lunardi (fratello del ministro Piero Lunardi) prima di entrare in anticamera siamo stati perquisiti da un ufficiale. Ma non era l'anticamera: solo una delle stanze filtro che evitano sorprese. Nelle stanze dopo, nessun militare si è insospettito di noi stranieri, ma del ministro non si fidavano. Tre volte gli hanno passato le mani dove poteva nascondere qualcosa e alla fine la porta si è spalancata. Il piccolo presidente va incontro a Caballero Tamallo con le braccia spalancate: Hermano querido, fratello adorato. Un secondo prima dell'intervista, il ministro mi allunga il foglietto delle domande che il presidente voleva in anticipo controllare. Abbiamo cambiato qualcosa. Le risponderà solo a questo testo.... Prima domanda: Le associazioni per la difesa dei diritti umani le rivolgono accuse terribili. Come si giustifica?. Banzer risponde scorrendo lo schema preparato da fedeli dei quali non si fida. I rapporti bilaterali tra Italia e Bolivia possono migliorare. Compirò ogni sforzo per aumentare importazione ed esportazioni.... Batti e ribatti surreale: un'ora così. Speriamo che le promesse del nuovo presidente provvisorio non riflettano le stesse condizioni. Maurizio Chierici L'UNITA' 19/10/2003 |
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