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Non guidavano solo l'elicottero. Erano becchini volanti. Raccoglievano corpi di prigionieri sfiniti dalla tortura. Legavano alle spalle un pezzo di rotaia strappata al trenino della miniera dove gli ufficiali della sicurezza nazionale interrogavano, cento, duecento metri sotto, uomini e donne con simpatie socialiste. I becchini coprivano con teloni il pavimento del Puma militare. Ma i viaggiatori non erano, ormai, persone. Spugne di sangue. E quando li scaricavano in mare vivi o morti, non importa dovevano grattare il cuoio con spazzole di setola dura. Il regolamento impone che l'elicottero debba brillare come nuovo dopo ogni missione. Sempre, hanno confessato trent'anni dopo al giudice Juan Guzman. Un dolore che conosciamo da tempo. Tutti. Migliaia di dolori così. Programmati in uffici lontani, nel soffio dell'aria condizionata. Ordinati da voci educate: persone perbene alle quali dedichiamo elogi e riconoscenza. Sono i protagonisti del nostro mondo, libero e democratico,e , prima della rabbia di ogni delusione, ogni scoperta dovrebbe obbligarci ad esami di coscienza senza fine sull'indifferenza che non ferma le stragi. Sono tre i nomi oscuri trascinati dalla memoria del nostro millennio: lager, gulag e desaparecidos. Milioni di facce senza nome cancellate da strategie nelle quali la copertura politica è solo una garza sottile. Invano cerca di nascondere i motivi di sempre: potere e vantaggi di un'economia infastidita dalla piccola dignità di persone che ci somigliano. Non evocazione del passato. Ogni giorno le cronache del continente latino propongono la stessa tragedia. A scuola se ne parla? Storie che non finiscono qui. Non sono segreti scoperti dai marines negli archivi dei Talebani, fanatici di un Islam senza pietà. E' solo la cronaca che una goccia alla volta riaffiora nel Cile di Pinochet, quel golpe lontano scandito da dollari e consiglieri agli ordini del segretario di stato Kissinger. Lo raccontano i documenti pubblicati dall'amministrazione Clinton. E i lager nel fango, e i corpi offesi degli strumenti di tortura come ricordano le immagini scovate nei bunker di Saddam, rappresentano la pedagogia del terrore delle foto destinate alle reclute argentine il cui impegno li obbligava ad applicare manuali molto precisi nella didattica del come rendere insopportabile l'orgoglio dei prigionieri. Non dovevano svenire o morire: soffrire fino all'ultimo respiro per raccontare con un filo di vita i loro segreti. Che in Argentina erano pio indirizzi di compagne di scuola, di lavoro, di parrocchia o di librerie che per dispetto vendevano tutti i libri. Anche libri stranieri a compratori chiacchieroni che non sopportavano le divise della Casa Rosada e coltivavano la barba del Che come sfida del disaccordo. Nei registri delle polizie sopravvivono gli indizi di sovversione: barba e capelli lunghi, mantiene atteggiamento di sfida durante l'interrogatorio. O gli intellettuali peronisti, montoneros disposti a rispondere con le armi alle armi. A volte imprese sciagurate vendicavano i massacri silenziosi della dittatura. Quei reduci di allora, oggi dominano i giornali e Tv: rispiegano il passato con l'ambiguità del distinguo. Gran parte dei ragazzi svaniti nel niente alzavano la voce all'università o frequentavano amori dalle fantasie pericolose. Per difendere la patria dal pericolo comunista i militari si erano concessi il privilegio della crudeltà. Roba che resisteva ancora dieci anni fa, presidenza Alfonsin e Menem, anni della democrazia ritrovata, eppure nei segreti delle caserme i generali continuavano ad applicare i testi sacri distribuiti dagli strateghi dell'altra America. Prontuari ormai cestinati dagli alti comandi?. Credo di si, risponde il ministro della Difesa argentina José Pampuro. Ma non è facile rovesciare una cultura che gli ufficiali hanno imparato nella Scuola delle Americhe, a Panama. Un posto dove si insegnava a guerra psicologica contro la sovversione anche se non credo che Freud o Jung guarissero le deviazioni dei pazienti con torture elettriche o sevizie illustrate dai manuali. I gruppi militari di repressione di ogni Paese latino sono stati educati i militari americani su come tenere a bada a chi non era d'accordo. Medioevo insopportabile. Ma la dipendenza dei miliari argentini dagli alti comandi americani è roba sepolta: passato del passato. Non proprio. Partecipiamo alle esercitazioni che Washington pianifica ogni anno per tutelare gli scambi commerciali previsti dal mercato continentale che prima o poi comincerà. Con qualche divergenza sui metodi di addestramento dove l'immunità per gli incursori viene garantita attraverso accordi bilaterali. Non l'abbiamo sottoscritta, né intendiamo farlo. Continuiamo a sostenere che solo l'esercito impegnato in una vera guerra possa pretendere qualche tolleranza per gli eccessi, non i corpi speciali e polizie coinvolte in operazioni civili votate a reprimere ogni sospetto. Quelli del Nord insistono su questo punto. Non siamo d'accordo, ma la collaborazione con gli Usa continua. L'Argentina resta la sola nazione latina al di fuori della Nato a godere del privilegio. Riceviamo armi ed attrezzature a prezzo di costo: un vantaggio per le nostre casse. I militari che nel '94 imparavano o insegnavano la tortura, restano in servizio? Non gli ufficiali. Solo sottufficiali. Settantatré sono finiti in prigione dopo che il presidente Kirchner ha abolito il perdono previsto dalle leggi Punto Final e Obbedienza Dovuta. Anche il capitano di vascello Alfredo Astiz (ndr.: mandato di cattura internazionale per tortura e assassinio di due suore francesi, e poi ragazzi e poi ragazze), è dentro. Privilegio della prigione militare, non un vero carcere con inferriate che impacchettano ogni assassino. Purtroppo non possiamo fare di più. C'è inquietudine nelle Forze Armate. Situazione non facile. E la memoria delle 30 mila persone sparite nelle cantine delle caserme, resta il fantasma che infastidisce gli strateghi di una libertà da imporre con le armi. Anche in Cile non è facile dimenticare, e ricordare può diventare pericoloso. Eduardo Contreras Melia è l'avvocato che ha presentato la prima denuncia contro Pinochet quando Pinochet comandava ancora le forze armate. Contreras si è associato ad altre 48 querele: accuse al generale di aver ordinato tanti delitti, dalla Carovana della Morte all'Operazione Condor. Hanno messo in moto i processi ai quali Pinochet si è sottratto con perizie non credibili: affetto da demenza senile, non può essere interrogato, eppure risponde a una televisione di Miami, impugnando il bicchiere di whisky preferito, per difendere la fermezza che ha permesso al Cile di stroncare il pericoloso comunista: 1823 persone eliminate, altre mille sparite, un milione di profughi su 11 milioni di abitanti. Terrore come tutore della libertà. L'avvocato non si arrende. La Corte Suprema sta per giudicare nuove prove presentate da Contreras ed accettate dal giudice Juan Guzman Tapia. Valuterà se la vita mondana e i ricordi distribuiti dal vecchio signore sono compatibili con la definizione di matto. Ma non è facile tirare avanti per chi insiste nel cercare las verità. Alla vigilia di un'udienza chiave davanti alla Corte Suprema, a Contreras è capitato uno strano incidente. Aveva chiesto di godere il week-end senza la scorta che lo protegge dalle minacce. Stava tornando dalla domenica al mare quando un'automobilista in panne chiede aiuto. Marito e moglie scendono per il soccorso, ma un'auto di passaggio sbanda, li travolge e scappa. Anche la macchina del viandante all'improvviso si mette in moto: sparisce. Nessuna traccia. Comincia la via crucis degli ospedali. La moglie sta per morire. La salvano, perde un piede. Appena l'avvocato cerca di ricostruire l'attentato, trova una polizia svogliata, magistrati che si arrendono. Insomma, non succede niente. Eppure non molla: Dopo le vacanze dell'estate australe, la Corte Suprema darà le risposte che ci aspettiamo. Spera di vedere sul banco degli imputati il Pinochet dalla doppia faccia, brillante negli incontri del bel mondo o nelle risposte alla Tv americana, eppure affranto dall'età appena deve rispondere in tribunale. Spera, anche se immagina sia difficile che gli stessi giudici possano scoprirlo completamente guarito, due anni dopo, rimangiando il primo verdetto di follia. Il collegio dei suoi avvocati sta facendo pressioni immonde. Le inchieste danno la destra innocentista di Lavin vicina alla vittoria nelle prossime elezioni. Stratega della difesa del generale un giurista di grido, Roberto Thielme: era tra gli alfieri di Patria e libertà. Distintivo del gruppo che appoggiava e tutelava il golpe con lo squadrismo delle armi, una specie di svastica. Per divisa, camicia bruna. Durante il regime la carriera di Thielme è fulminante anche perché sposa Lucia Pinochet, figlia maggiore del dittatore. E si compie il destino: da picchiatore a giurista allevato negli Stati uniti, professore all'università, difensore che frema la cause impossibili. Il ruolo di Pinochet, operazione Condor, appunto. Ma gli sarà impossibile cancellare le prove dell'altro caso, ormai nelle mani della Corte Suprema: la ricerca sulla Carovana della Morte sta per aver risposta. Sono sicuro: positiva. Per la prima volta quindici alti ufficiali, collaboratori carnali del dittatore, verranno condannati. Contreras ne è convinto: Generale Sergio Arellano Stark, l'uomo che ha preparato il golpe; tenente colonnello Aredondo Gonzales, inventore della Dina, polizia segreta diretta da un altro Contreras, Menuel, in galera per l'operazione Condor; maggiore Marcelo Moren Brito, il cinismo gli era valso la promozione a comandante di villa Grimaldi, cattedrale della tortura, oggi museo della vergogna come Auschwitz e Dachau. All'ultimo momento Pinochet gli chiede un favore importante: organizzare l'attentato a Buenos Aires contro il maggiore Pratt, fedele ad Allende. Pratt e la moglie dovevano morire e Moren Brito era un ufficiale che sapeva obbedire. L'avvocato Eduardo Contreras sospira al telefono: Quindici imputati eccellenti, dieci non possono farcela, ma siamo in lotta col tempo. Il tempo che resta al giudice Guzman. Ultimi due testimoni da interrogare, finalmente ho finito.... Il racconto dei dodici elicotteristi ha completato un quadro che gli era chiaro. Le loro confessioni lo hanno reso preciso.Guzman è arrivato all'ultimo documento con la stanchezza del protagonista solo contro tutti. Anche dentro ai palazzi della giustizia lo assediano le infedeltà. Ha scoperto che Millaray Duran, assistente fedele, stampava di nascosto interrogatori e documenti. Per conto di chi? Perché dopo anni cambia faccia? Non ha voluto rispondere. Guzman l'ha denunciata e pochi minuti dopo la signora Duran ha presentato un rapporto da tempo pronto nel cassetto. Accusa il giudice di battere la fiacca, ore e giorni di pigrizia annotati con una perseveranza accumulata nel tempo. False malattie per godere il fine settimana nella casa di campagna. Insomma, intrigo programmato in caso l'avessero scoperta con le mani nel computer segreto. Ecco perché il magistrato anticipa la pensione. Esce dall'uragano dopo tre anni di vita impossibile: Pressioni troppo forti..., risponde contando le parole. Se va in aprile un mese prima dell'uscita di un libro che per il momento ha un titolo sbiadito: Memorie. In Cile ha trovato l'editore?. L'ho trovato in Francia. Perché abbandonare un mese prima del libro?. Ancora silenzio e la risposta di chi dice senza voler dire: Mi sembra naturale. Forse Memorie racconta verità che la correttezza di un procuratore perbene non può svelare dalla scrivania dove sfoglia i processi. Viene da una famiglia della buona borghesia intellettuale: madre musicista, padre poeta. Quand'era bambino, nella poltrona di fronte alla poltrone del padre. Neruda beveva il tè. Studi in Francia e Stati Uniti. Cattolico conservatore: censura Pasolini e Truffaut. Ma quando mogli e madri dei desaparecidos gli si rivolgono con le loro storie, Guzman si commuove: Scopro un mondo che non sospettavo. E comincia a scavare con la stessa cautela ma senza rinunciare ad ogni verifica della realtà. Nei deserti dove i militari avevano nascosto i corpi delle vittime, una volta si fa accompagnare dalla figlia, Alejandra, 17 anni. Voglio che vede e ne conservi la memoria. Nessuno può credere all'orrore di certi racconti se non tocca con mano. Adesso si rattrista pensando che ancora non è maturo il tempo per riscrivere la storia decisa delle democrazie potenti, tanti anni fa. Sembra solo il passato perché il presente apre qualche speranza al continente latino. Rigoberta Menchu, premio Nobel, per anni in esilio, è stata chiamata da Berger nuovo presidente del Guatemala, a far parte del governo: devo vigilare sul rispetto che l'accordo di pace garantisce ai 18 popoli indiani del Paese. Non più morti bianche ed esproprio di terre con la scusa di un sicurezza che nasconde la scoperta del petrolio. E poi Bush tornato a casa dal Messico con le tasche vuote. I 32 presidenti dell'altra America hanno spento le sue proposte. Il mercato continentale dell'Alca non comincerà l'anno venturo. Con le buone maniere, Lula e Kirchner impongono una verifica che si annuncia estenuante: la libera circolazione delle merci non deve favorire solo chi l'ha inventata. Senza contare la condanna a Cuba: accantonata. Messico in subbuglio per la condiscendenza del presidente Fox, due giorni da maggiordomo della Casa Bianca. Fox sbaglia la risposta esasperando la latinità dei messicani: Il nostro Paese è un ponte tra l'America spagnola e gli Stati Uniti. Presidente, ma quale lingua parliamo? Chiedono giornalisti e intellettuali. L'Argentina riesce ad allungare il patteggiamento dei rimborsi al Fondo Monetario. Solo Chevez scalda la voce, ma Bush non se la prende: ascolta e sorride. Si fa per dire, è andata bene, eppure nel fondo resta il dubbio: possibile che il signore di Washington sia rassegnato a correre la campagna della rielezione allentando le briglie degli inquieti e lasciando che i grandi Paesi del Sud si risveglino senza riverenze? Il primo allarme viene da Buenos Aires. Non solo i militari di ieri si arrampicano sulle scuse, frustrati dalle regole della democrazie, ma vecchi protagonisti tornano in scena con l'innocenza di chi nasconde qualcosa. Una strana compagnia nordamericana, assicurazioni e protezioni personali, ha aperto agenzie in Argentina e Montevideo. La Trident spedisce in America Latina un consigliere davvero speciale: colonnello Olever North, eroe dell'Irangate. E per miracolo ricompaiono i protagonisti dell'Operazione Condor. Tutti assieme, come ai bei tempi. Cos'è la Trident? Perché i fantasmi sentono il bisogno di una rimpatriata? Maurizio Chierici L'UNITA' 23/01/2004 |
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