Venerdì
mattina la solitudine di Blanca Reyes confondeva malinconia e
felicità nellattesa di una telefonata. Parlavamo,
rispondeva, ma i suoi pensieri inseguivano altre emozioni. Blanca
è la moglie di Raul Rivero al quale lUnesco ha
assegnato il premio internazionale giornalista dellanno
perché la sua ricerca sulla libertà
despressione obbedisce a unetica professionale
trasparente, componente indispensabile nella comunicazione che
nutre ogni democrazia. Insomma, normalità di chi
scrive usando solo i documenti che ha cercato. Bla bla dei si
dice, vicini e lontani, non lo hanno mai interessato.
Il
nome al quale lUnesco ha voluto consacrare il premio è
quello di Guillermo Cano, direttore e proprietario
dellEspectador, quotidiano di Bogotà. Aveva tentato
di rivelare con inchieste senza inchini quali ragnatele unissero
narcos e politici, ma il coraggio è costato la vita a 37
suoi giornalisti. Dapprima agguati isolati e il finale tragico di
un attentato che nel 1987 ha sbriciolato il vecchio palazzo del
giornale: Guillermo Cano, un figlio, tanti altri sono morti così.
Guillermo
è diventato simbolo dei 210 cronisti latino americani
assassinati negli ultimi ventanni in un continente dove le
democrazie formali non si sono mai scontrate in una guerra
dichiarata. Sicari allombra dei sorrisi. Blanca ha saputo
del premio martedì, chiamata da Parigi dove erano riuniti
giurati di quindici Paesi, guidati da Oliver Clark, giamaicano.
Mutsuura Koichivo, giapponese, direttore generale dellUnesco,
ha voluto assistere al dibattito. È stata la sua
segretaria ad informare Blanca. A Parigi sapevano che Raul non
era in casa, ma in un ospedale militare di Ciego de Avila:
deve scontare ventanni di prigione per aver violato
larticolo 91 del codice penale cubano: collaborazione
con una potenza straniera che ha messo in pericolo lindipendenza
e lintegrità del territorio dello Stato.
Dentro da un anno, è dimagrito 30 chili.
Attorno
a Blanca tutti tacciono e le telefonate che arrivano non sempre
danno sollievo. Quei giornalisti dissidenti...,
capitolo che turbava anche Raul: me ne aveva parlato sotto i
portici del Nacional, tre anni fa. Quando ho aperto
lagenzia sono stato chiaro: possono collaborare solo
persone che hanno voglia di fare i cronisti. Raccontare ciò
che accertano con sicurezza, come succede in ogni giornale del
mondo, e per essere tranquillo ho scelto collaboratori slegati da
ogni partito: quello ufficiale, e i movimenti dell'opposizione.
Dobbiamo solo raccontare le verità senza guardare in
faccia né il governo, né i dissidenti. Da
dove vengono questi giornalisti? Non importa da dove
vengono e il mestiere che continuano a fare. La professione si
impara facilmente soprattutto all'Avana nella quale la vita di
ogni giorno viene nascosta. Ho spiegato come si fa. Qualcuno
lavora bene, altri desideravano solo sponde politiche e sono
andati a cercare altri editori, chiamiamoli in questo modo, non
avendo capito che non c'è niente di più
rivoluzionario del semplice resoconto della realtà
dimenticata. Ricordo le sue parole a Blanca, e Blanca
piega la testa per ripetere che è andata proprio così.
Troppo solo e troppo elegante per mendicare qualche dollaro da
chi soffia nel fuoco. A parte qualche chiamata, nessuno sa del
premio: silenzio di Tv e giornali, non solo a Cuba,
paradossalmente anche negli Usa con l'eccezione del Nuevo Herald
( versione spagnola del Miami Herald ) che gli ha dedicato due
notizie. Rivero era uno dei suoi opinionisti, colonne che
apparivano anche nel Mundo di Madrid. Continuano a pagargli gli
articoli che non scrive: la moglie vive in questo modo. Qual è
stata la reazione di scrittori e intellettuali cubani con i quali
Rivero divideva notti di discussioni e accendeva polemiche mai
sopite? Non si sono fatti vivi, risponde
Blanca. Forse non vogliono ricordare l'amicizia con
Raul, ma non lo credo. Forse hanno paura di perdere qualche
privilegio. Parliamo attorno al tavolo di un piccolo
appartamento, strada marginale, cuore del Centro
Avana. Case disfatte, scale buie. Blanca aspetta che la chiamino
dall'ospedale militare: il marito ancora non sa del premio, come
non lo sanno i cubani senza internet. Ogni settimana, al venerdì,
le è concesso un colloquio telefonico di 20 minuti. Blanca
sta pensando come dirgli dei 25 mila dollari: chissà
quando potranno ritirarli. Difficile per lei, impossibile per il
marito il permesso di volare in Europa il giorno della
consacrazione. Suona il telefono. Li lascio soli.
La
storia di Raul Rivero è la storia di un giornalista
testimone del tempo con precisione e dignità. Alla fine
degli anni Ottanta dopo la visita burrascosa di Gorbaciov
allAvana e il crollo del Muro, ha cominciato guardare il
futuro in modo diverso. È successo ad altri scrittori ed
intellettuali i quali hanno scelto disimpegni temporanei come
linseguire i propri libri pubblicati in Messico o Spagna
perché nei primi anni duri del periodo especial
non cera carta. Giornali ridotti a quattro fogli e
sopravvivenza di un solo quotidiano, Granma
introvabile anche se organo del partito comunista. Oggi la carta
è tornata attraverso uno scambio commerciale insolito: i
libri cubani si stampano in Colombia, pagine e tipografie
risarcite dal lavoro di medici e alfabetizzatori che lAvana
manda in missione nelle campagne abbandonate di un paese più
o meno amico. In fondo la buona cultura paga. Ma dieci anni fa
Cuba sembrava un bunker alla fine del mondo dove lhora
final di Castro (titolo di un libro di Andrés
Oppenheimer, giornalista argentino della generazione Montoneros,
quei peronisti di sinistra perseguitati dai militari della P2:
oggi è columnist dello Herald a Miami);
questora, sembrava scoccasse da un momento allaltro.
Lo pensavano un po tutti, alcuni continuano a pensarlo.
Anche il Corriere mi ha mandato quattro volte allAvana per
raccontare lultimo primo maggio di Fidel. Rivero
aveva lavorato a Mosca, corrispondente di Prensa Latina, agenzia
di Stato, ed era tornato per curarne la politica estera: La
mia professione è il giornalismo, il mio amore, la
poesia. Con un orgoglio che non riusciva a dissimulare,
raccontava come si era innamorata dei suoi versi Vicki
Huddleston, capo della Sezione d' Affari Usa, insomma,
l'ambasciatrice. Aveva i libri in bella mostra nella residenza di
Miramar. Con laria di una poetessa invidiosa, ne recitava i
versi a memoria: succede in certi salotti letterari. Mentre
Rivero lo raccontava, non riuscivo a liberarmi dal sospetto di un
corteggiamento patetico-raffinato con altri scopi. Ma Raul
insisteva: Vicki è protestante, sorriso legnoso
dell'anglosassone di una certa età. La malinconia
caraibica poteva affascinarla. Forse lastuzia era unaltra.
Nel 91 Rivero lascia Prensa Latina. Nel 95 fonda
lagenzia Cuba Press. Vive scrivendo per El Nuevo
Herald di Miami e il Mundo di Madrid: 500
dollari al mese. Reporter Sans Frontière lo premia nel
97. Frequenta intellettuali e cronisti stranieri di
passaggio. Lo chiamavano per nutrire i loro reportages, ma il più
delle volte non trovavano notizie raccapriccianti, titoli
insanguinati: solo avvenimenti che lagenzia di Rivero aveva
già diffuso e che i suoi articoli avevano ormai
raccontato. Frequentava le ambasciate come capita ad ogni
scrittore o poeta del continente latino. Con parole semplici
spiegava la filosofia in fondo semplice della agenzia: tornare
alle regole dellinformazione che entusiasmavano i primi due
anni dei giornali cubani, dopo la vittoria contro Batista. Non
più censura, ma la possibilità di commentare ogni
decisione del governo; far seguire da una coletilla i
comunicati firmati da Castro o dal Che. Poscritto di chi non è
d'accordo. Poche righe o un brano a volte più lungo della
notizia pubblicata. Aclaracion firmata da
giornalisti, operai e grafici. Ripudiamo, ancora una volta,
la morbosa frenesia elettorale di certi politici che ancora non
hanno capito come la rivoluzione richieda prima di andare al
voto, leggi precise e chiare per regolare le elezioni:
Prensa Libre, 1961. Ma la libertà finisce con i
bombardamenti che precedono lo sbarco respinto nella Baia dei
Porci. Castro impone lo stato demergenza: il pericolo
dellinvasione annunciata si fa concreto. Stesse parole con
le quali 40 anni più tardi, dopo lattentato delle
Torri Gemelle, il presidente Bush annuncia che linformazione
deve diventare patriottica. Sulla guerra in Afghanistan non
verranno date informazioni e le informazioni distribuite potranno
non coincidere con la realtà. Anche Fidel impone
lobbedienza necessaria per resistere allaggressione
delle multinazionali. Silenzio provvisorio. Ma il
silenzio continua..., amarezza di Rivero. Una volta la
Sezione daffari Usa gli fa sapere che la sua presenza era
gradita ad un corso di giornalismo studiato per aiutare
coloro che volevano iniziare la professione. Rivero va, ma
non resiste fino in fondo. Didattica da piccolo manuale,
soprattutto distribuzione di gadgets proibiti ai cubani normali:
stampanti, computer, macchine fotografiche, radio portatili,
cellulari. Prova scritta, un compitino, e Rivero allunga gli
occhi sulla compilazione del compagno di gomito: Errori
di grammatica, sintassi che zoppica. Lasciamo stare il
contenuto.... Un mondo che non gli piace mentre si
rilassa con altri giornalisti indipendenti: sette, otto, non di
più. Alcuni esperti in economia, come Oscar Espinosa
Chefe, tra i fondatori della gioventù comunista. Ha
lavorato per il governo allambasciata di Belgrado dove
studiava il modello di sviluppo di un Paese che si stava
sciogliendo dal socialismo. Anche lui condannato, anche lui 20
anni. Altri venivano da piccole esperienze nei giornali di
provincia: Edel Garcia Diaz o Ricardo Gonzales, presidente
dell'ordine dei 35 indipendenti finiti in galera. Quasi mai un
passato nel mestiere - ingegneri, insegnanti, pensionati - con la
voglia di far sapere ed informare per
rompere il silenzio dei media ufficiali. Malgrado la didattica
americana, la sezione d'affari americana giustifica le spese
sostenute per i corsi di aggiornamento specificando
che gli allievi vengono considerati informatori. Una
volta, a Miami, nella sede di Radio Marti, Medrano, direttore
storico la cui voce storicamente ha aperto le trasmissioni tanti
anni fa, mi presenta un informatore in visita.
Presentazione senza nome: so solo che arriva da Camaguey ed ha
una notizia importante da comunicare. Vai nellaltra
stanza, poi ci vediamo. Mi congedo da Medrano e la porta
dellaltra stanza si apre. L'informatore sta parlando a due
poliziotti che prendono appunti. Aprile, 1997. Quando Vicky
Huddleston lascia lAvana e diventa ambasciatrice in Mali,
prima di partire organizza una colazione per presentare i versi
del libro che Rivero sta per pubblicare in Spagna, Requerdos
olvidados, ricordi dimenticati. Attorno al tavolo dei
rinfreschi Elisardo Sanchez e Vladimiro Roca, leaders del
movimento Todos Unidos. Ed è così che Rivero
conosce il nuovo ambasciatore Usa, James Cason. Lo ha
rivisto allinaugurazione di una biblioteca
indipendente promossa con fondi nordamericani. Poi ha
preferito altre ambasciate. Mentre aspetta la telefonata
dallospedale militare, la moglie, ribadisce i vecchi
discorsi del marito al Nacional: Non si sono più
incontrati, ed è curioso che anche il libro Los
Disidentes pubblicato dall'editore Politica, editore di
stato, confermi i due incontri. Appena due.
La
partenza di Vicky e l'arrivo di Cason hanno cambiato i rapporti
tra la Sezione Usa e i giornalisti indipendenti dai quali Rivero
aveva preso certe distanze evitando polemiche. Cambiamento forse
non nella sostanza, ma nell'esibizione della sudditanza che Cason
ama sottolineare. Un anno fa, quando le 75 persone sono state
condannate a pene spesso incomprensibili anche nella prospettiva
della legge cubana, ad attendere i familiari nell'atrio del
tribunale, c'era una fila di jepponi dai vetri oscurati, targa
della Sezione Usa. Strani autisti con auricolare li hanno presi
in consegna e trasportati a casa di Elisardo Sanchez per
fare il punto della situazione, ha spiegato più
tardi James Cason. Esibiti anche i rapporti che legano i
giornalisti alla Sezione americana. Perfino i dollari versati.
Miserie: 150, 200 dollari per informazioni di tipo
giornalistico. Il libro Los disidentes, scritto
da infiltrati che per anni avevano non solo condiviso,
addirittura promosso un certo tipo di provocazioni, racconta come
nascevano certe notizie. Ricordo solo la cronaca dettata al
telefono da Ciego de Avila. Due controrivoluzionari incollano
manifesti poco lontano dal palazzo di governo della capitale
della provincia. E il corrispondente commenta in diretta a radio
Marti: rivolta e reazione brutale della polizia. Tra
Cuba e Miami difficile capire se è vero oppure no.
Lo
disidentes è solo uno dei due volumi che giornali e
Tv dell'Avana annunciano in testa alle preferenze dei lettori. E
le presentazioni si allargano a Santo Domingo, Panama e
Venezuela. Titolo dellaltro libro El Camajan,
il caimano, biografia dissacrante di Elisardo Sanchez, professore
di marxismo all'università: per primo ha predicato la
dissidenza dentro Cuba, fondando una sezione per la difesa dei
diritti umani non riconosciuta dal governo. Se ne rivela il
doppiogioco, doppio agente tra Cia e Fidel. Spie infiltrate fra
chi non accetta il regime e dialoga con gli oppositori
organizzati a Miami e Washington, ne elencano debolezze, voglia
di far soldi, soprattutto l'obbedienza assoluta agli ordini che
arrivano da fuori. Qualche documento coincide ( anche perché
in fotocopia ) con quelli della Sezione d'affari di James Cason.
Tutto vero o tutto falso, non si sa. Ma è sconcertante che
un governo organizzi trappole e agguati per istruire processi
spesso non convincenti, spendendo risorse nei libri del dileggio.
Watergate alla rovescia. E' come se il presidente Nixon avesse
impegnato Cia ed Fbi per spiare la Washington Post traducendo le
registrazioni in un libro e in un film di successo per mettere
alla gogna davanti all'opinione pubblica i giornalisti malvagi.
Da una parte e dall'altra i metodi non cambiano, il più
debole si adegua.
Sto
tornando da Miami. I giornali annunciano che dopodomani Carlos
Gonzales, giornalista cileno, presenterà il suo
documentario La primavera di Cuba. Ventotto minuti di
interviste a giornalisti indipendenti, familiari di
prigionieri e leader degli oppositori filmati clandestinamente.
Lelenco dei pericoli che Carlos Gonzales ha sfidato per
documentare il ferreo blocco informativo fa pensare
alle spie di Le Carré quando strisciavano attorno al muro
di Berlino. Elenco dei nomi di chi ha incontrato sfidando il
pericolo: Vladimiro Roca, Elisardo Sanchez, Osvaldo Payà,
Dagoberto Valdes: Finalmente i cubani dAmerica
potranno ascoltare ciò che loro pensano delle ultime ore
di Castro. Devo aggiungere che ho chiacchierato con le
stesse persone, ma anche con Eloy Gutierrez Menoyo e Manuel
Cruenta Morud, leader della Corrente Socialista Democratica
Cubana, movimento di grandissima popolarità non mescolato
alle ambasciate. Li ho visti senza batticuore, con la semplicità
di chi a Roma va a cena con un onorevole di provincia. Nelle loro
case, un aperitivo, tante telefonate se non mi ritrovavo negli
appunti. A Miami la realtà si gonfia come Raul Rivero non
ha mai gradito.
Maurizio Chierici
L'UNITA' 01/03/2004
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