|
BIBLIOTECA
| EDICOLA
|TEATRO
| CINEMA
| IL
MUSEO | Il
BAR DI MOE | LA
CASA DELLA MUSICA |
LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
| LA
STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | NOSTRI
LUOGHI | ARSENALE
| L'OSTERIA
| IL
PORTO DEI RAGAZZI | LA
GATTERIA |
Mio Zio Salvador Allende |
||
Si avvicina l'altro 11 settembre. Libri, giornali, dibattiti ricordano la morte di Salvador Allende attraverso documenti che ricostruiscono con austerità il dramma di un piccolo uomo la cui memoria nessuna arroganza è riuscita a soffocare. Il suo coraggio civile, la pacatezza di chi sta dalla parte della gente con una trasparenza che sfugge l'untuosità della retorica, hanno attraversato la censura militare inutilmente impegnata a farlo dimenticare. Anni di silenzio soprattutto nei testi di scuola sui quali si sono formate due generazioni di cileni. Ma è impossibile cancellare chi preferisce morire per non rinnegare una speranza che imbarazzava corruzione e grandi affari. Proprio l'intransigenza morale del protagonista pubblico ne ha nascosto la vivacità delle abitudini familiari: tenerezze e allegria delle quali non si parla mai. Silenzio che non riguarda mai. Silenzio che non riguarda solo Allende: è una piega del carattere cileno soffocare nell'ombra ogni abbandono privato. A volte la nostalgia non ne tiene conto, ecco il rimpianto della ragazza che è diventata una signora ed è cresciuta nella casa di uno zio timido ma anche allegro; pensieroso ma anche divertente. Innaffia i fiori nella sua terrazza di Trastevere, aspettando Isabel Isabel Allende la cugina che il 24 settembre arriva in Italia per ricordare il sacrificio del padre: Maria Ines Bussi per una sera si rifugia nel passato dove la felicità sembrava aprirsi al mondo. All'improvviso il sogno si rompe, 30 anni fa. Diventa adulta in poche ore con un'amarezza che ancora la accompagna. Storia lunga: per il momento si è fermata a Roma. Dirige il dipartimento economico e commerciale dell'ambasciata del Cile. Ha incontrato in Messico Edoardo Missoni impegnato nella cooperazione per la quale ha tradito la fantasia di un nome abituato a sciogliere i colori nell'alta moda. La voce di Maria Ines resta adolescente. Risate e commozione si alternano nella ricostruzione della vita di famiglia Allende. Il presidente la considerava la figlia piccola. Le figlie grandi, quelle vere Carmen Paz, Isabel, Beatriz -,una alla volta erano uscite di casa. Restava lei, arrivata dalla campagna per diventare sociologa. Come si usava per le ragazze che dovevano studiare nella capitale, mia madre e mio padre volevano sistemarmi in un collegio di suore. Un collegio? Lo zio si arrabbia. La casa è grande, dice, il tuo posto è qui. Casa di Guardia Vieja 392 : Allende non era ancora il presidente che abitava in Via Tomas Moro, giardino bombardato quell'11 settembre per bruciare l'ultima traccia del presidente. Il racconto di Maria Ines apre un capitolo inatteso sul carattere dello zio: la felicità, forse l'orgoglio del sentirsi capo famiglia con un affetto che non disdegna le apparenze. Voleva che noi cugine passassimo le vacanze nella sua casa al mare. Assieme, per conoscerci meglio. Dormivano in letti a castello. Da un'estate all'altra Carmen Paz, Isabel e Beatriz (la chiamavano Tati) sono diventate nostre sorelle respirando ogni giorno l'esempio a non tradire amici e ideali. Lo zio spingeva sempre all'estremo questo impegno. Si caricava di ogni responsabilità familiare. Quando un cugino di secondo grado lasciò moglie e figli (fra loro, l'altra Isabel, oggi scrittrice), ogni sabato e ogni domenica faceva visita alla casa abbandonata. Portava a spasso la famiglia, seconda cugina a braccetto, per mostrare ai pettegoli come la signora e i suoi ragazzi non fossero rimasti soli. Che bisogno aveva di insistere con la puntualità di un padre premuroso? In fondo erano moglie e figli di un parente lontano. Me lo sono chiesta tante volte. Ed ho capito che non si proponeva solo di difendere il nome degli Allende sgualcito dalla fuga sleale: non riusciva a trattenere la gentilezza del proprio cuore. E non sopportava che l'altra Isabel Allende fosse rimasta senza padre. Tenerezza per i deboli che sempre lo ha accompagnato. Beatriz è stata l'ultima a innamorarsi e lasciare Maria Ines sola a Guardia Vieja. Quando lo zio tornava dal Senato e ci scopriva piegate sui libri, si avvicinava in fondo al tavolo con aria contenta. Sono orgoglioso di queste ragazze, diceva. Non sapere le felicità di vedervi studiare. Come devono soffrire i padre quando i figli non possono studiare. La maggioranza dei ragazzi cileni è impedita a prepararsi alla vita come state facendo voi. Per il momento...Lo ripeteva con ossessione malinconica. Fantasticava una scuola aperta proprio a tutti. Gliene è mancato il tempo. Maria Ines era cresciuta nell'affetto pragmatico di un padre ingegnere agronomo ed una madre dolcissima che non aveva messo naso fuori casa, insomma sposa esemplare. A 17 anni. Ecco perché la incantavano le virtù di Hortensia, zia paterna, donna Tencha nel lessico familiare. Per moglie, figlie e Maria ines, anche il nome del presidente rimpiccioliva nell'affetto familiare. Era solo Ciccio. Ho cercato di imitare la zia senza sfiorarne la classe. Rappresentava la parte colta della famiglia Allende. Leggeva sempre. E a tavola raccontava di scrittori e sociologi le cui teorie scandalizzavano Parigi. Spiegava perché le sarebbe piaciuto vedere una certa mostra a New York. Guardava la politica con occhio diverso dal marito e da Beatriz: loro la consideravano fenomeno sociale in movimento. Lei analizzava senza commentare. Spesso lo zio interrompeva. So poco di questa cosa, diceva, fammi capire meglio...La zia ricominciava a spiegare. Era superinnamorata di lui. E lui ascoltava stringendo gli occhi. A volte le prendeva la mano di Carmen Paz, Beatriz o Isabel mentre la moglie continuava il racconto. Forse una leggenda, forse vero: Beatriz era la figlia prediletta? Non so se lo fosse. Lo zio distribuiva la stessa attenzione alle tre figlie ed anche a me negli anni in cui gli ho vissuto accanto. Ma Tati era la sua fotocopia. Guardava al padre come un modello di vita. Le piacevano le stesse cose, affrontava le stesse battaglie, si arrabbiava per le stesse ingiustizie, sempre impegnata a non uscire di un millimetro dai suoi insegnamenti. Raramente erano parole: soprattutto esempi concreti. Dello zio accettava ogni decisione, anche l'innamoramento per la Payita, vicina di casa, amica della zia. Simbiosi straordinaria tra padre e figlia. E Isabel? Si era sposata ed abitava in un'altra casa. Ma Guardia Vieja restava il luogo dove confrontava con la madre ogni decisione: punto di riferimento ed appoggio ad una situazione matrimoniale difficile. Dimagrita, triste. Il matrimonio andava male. Lo zio osservava in silenzio. Capiva che stava soffrendo ma il rispetto gli impediva di dire qualcosa. Altri uomini, altri tempi. Invece Carmen Paz non aveva pensieri. Sposata, tre bambini: ha passato la vita a non disturbare nessuno e ad aiutare gli altri. Dopo il suicidio del padre, anche Beatriz si è tolta la vita all'Avana...Erano anni disperati, il golpe, l'esilio: tanti cileni si lasciavano morire. Poi il marito cubano ridotto al ruolo di padre, l'esilio e altre infelicità. La piccola Maya e il fratellino non le bastavano, ormai. Quando ancora gli anni sembravano svagati, Maria Ines resta sola con gli zii: figlia piccola, appunto. La convivenza era cominciata subito dopo il ritorno dal soggiorno di un anno a Denver, Colorado: borsa di studio che l'ambasciata americana distribuiva ad un ragazzo e a una ragazza di ogni città. I più meritevoli del liceo importante. Madre e padre non sopportavano di vederla partire: Troppo lontano, troppo piccola, ma la zia Allende corre da da Santiago. Deve andare. Ha bisogno di aprirsi ad altre idee. E a sedici anni Maria Ines viene chiamata ad una decisione importante. Con l'abitudine di chi riempie un formulario, un funzionario le telefona dagli Stati Uniti: complimenti, punteggio sopra la media. Le andrebbe di vivere un anno in una famiglia afroamericana? Forse perché sono la nipote di Allende, pensa la ragazza, ma la famiglia nera, nel quartiere nero di Denver, le fa capire come la loro sterminata provincia non tenga gran conto dei problemi politici cileni. Non teorie: praticità di ogni giorno. In coda davanti alla cassa del supermercato con la madre nera. Tre signore bianche saltavano davanti, la madre sopporta in silenzio ma la ragazza protesta: Voi americani, fate così la fila?. La guardano con compassione e rispondono: Cara, hai sbagliato fila. Bianca, tra i neri, uno scandalo. L'apartheid continua alla partita di baseball dove il padre nero la trascina. Tifoso sfegatato. Lui da una parte, Maria Ines dall'altra, ma per far capire che eravamo assieme lo chiamo attraverso l'inferriata: Daddy, babbo, ti piace?. I bianchi attorno si meravigliano della confidenza tra i diversi divisi da una rete. Ma l'irritazione di chi misura la vita dal colore della pelle non sfiora Maria Ines, Dopo un anno, giorno del diploma di fine corso, ogni allievo straniero deve fare un discorsetto. Lei non trattiene la rabbia: Ho capito cosa vuol dire essere nero e vivere con i neri di Denver, Ma ho avuto la fortuna di averlo capito in una famiglia fantastica. Nera, naturalmente. Genitori ed amici dei ragazzi bianchi si infuriano: Fatela tacere, sta mentendo. Quella notte il padre nero non dorme: Non sai di cos'è capace il Ku Klux Klan. Maria Ines torna a Santiago e lo zio ascolta. Sento che gli piace. Ogni tanto interrompe: brava, mi dice. Mi guarda in modo diverso come fossi cresciuta all'improvviso, e dovevo ancora finire il liceo. In un certo senso la mia vita nella sua casa comincia così. Le abitudini del presidente del Senato sono le abitudini di un qualsiasi dottore di mezza età...Al mattino bussava alla porta della mia stanza, stanza dove erano cresciute Isabel e Beatriz. Voleva dessi un'occhiata a camicia, cravatta, vestito. Ti piaccio?. La timidezza gli faceva credere di non essere affascinante: si aiutava curando l'eleganza. Gli rispondeva con l'affetto di una figlia che vuol giocare. Gli piaceva giocare. Quei pantaloni ti fanno il sedere basso. Rideva, poi fingeva di arrabbiarsi restituendo l'ironia: come ti permetti di dire certe cose ad un uomo importante. Ragazzina maleducata. Non tanto ragazzina: avevo vent'anni. Lui senatore o presidente del Senato, non ricordo. Nella casa di Guarda Vieja gli ospiti non mancavano. Se vedevo la zia indaffarata, pensavo: abbiamo gente. Non sempre ero contenta. Quando tornavo stanca dall'università mi piaceva ascoltarli mentre parlavano o raccontare cosa mi era successo. Felicità di una vita piccola, piccola, e felicità di quando Isabel e Beatriz venivano a pranzo: zio capotavola, la zia accanto, e noi ragazze ad accendere le polveri di cento discorsi. Gli ospiti parlavano sempre di politica: mi annoiavo. Qualche volta ricevevo il permesso di non sedermi a tavola. Ma se alla sera si annunciava Altamirano, nessuno poteva impedirmi di cenare con loro. Carlos Altamirano, figlio di una grande famiglia, aveva abbandonato i piaceri della bella vita per dedicarsi alla politica: era segretario del partito socialista. Teorico radicale; trafelato e incalzante, voleva correre per cambiare rapidamente le strutture del paese scontrandosi col partito comunista impegnato a consolidare le conquiste popolari. Le persecuzioni del passato inquietavano la sinistra con sospetti purtroppo giusti. Anche la democrazia cristiana divisa tra progressisti e notabili, vedeva in Altamirano un agitatore dalla vocazione sciagurata. Maria Ines lo guardava in un altro modo. A volte sembrava un bambino impegnato a provocare. Lo zio non era d'accordo su tante cose, eppure Carlos non ha mai smesso di considerarlo una specie di padre spirituale. Dondolava la testa per dire sempre di sì quando Allende parlava. Era il primo a ridere dopo le barzellette che nei giorni di allegria Ciccio non smetteva di raccontare. Donna Tencha lo studiava con curiosità. Non sempre le sere finivano fra fumo e chiacchiere. Se la famiglia cenava da sola, alzandosi da tavola Salvador Allende proponeva alla nipote: E se andassimo al cinema?. Gli piacevano i film d'avventura: Era il suo modo per staccare la spina. Andava matto per James Bond. Rideva delle imprese impossibili. Anche questa devo vedere, diceva. Quando si accendevano le luci dell'intervallo, passava un braccio attorno alle mie spalle. Mi sentivo a disagio. Cosa dirà la gente? Un vecchio con una ragazza...Lui rideva. Lo faccio apposta, diceva. Da qualche parte c'è sempre un fotografo e domani i giornali scriveranno: ecco la donna segreta di Salvador Allende. Al ritorno lo raccontava alla zia come per farle un dispetto. A Maria Ines piaceva ascoltarlo quando parlava di politica. Comincia ad interessarsene attraverso le sue parole, sempre concrete. Come sociologa restavo incantata dalla praticità delle analisi. Scioglievano i grovigli, tutto diventava semplice. Anche se non era facile, fuori casa, essere la nipote di Allende. Se gli esami andavano bene ascoltavo i mormorii: per forza, con uno zio così. Se andavano male: malgrado le raccomandazioni, ecco come va. Dopo la laurea mi sono sposata e ho lasciato Guardia Vieja, ma anche per me, come per Isabel e Beatriz, è rimasta la casa paterna. Nel '70, le previsioni facevano capire che sarebbe diventato presidente. Lo guardavo dall'altra parte della stanza mentre i discorsi. Sussurrava le parole come se dettasse a un dattilografo. Da tanti anni aspettava quel momento: chissà quante volte si era preparato allo stesso modo. Ma il giorno in cui entra alla Moneda, Maria Ines non guarda la tv, non ascolta la radio. Passeggia nelle strade vuote assieme al marito turbata da una strana emozione. La voce dello zio li insegue da una finestra all'altra. E' preoccupata: Adesso, gli americani cosa faranno? L'odiata Unidad Popular governa le miniere del Cile.... Col suo inglese a laurea a pieni voti trova posto al Cepal, e poi passa al Centro Latino Americano di Demografia, sempre organizzazioni Onu: sede a Santiago e in Costarica. Ha per capo una analista panamense: Carmen Mirò. Nei giorni del golpe, sarà lei a tessere la rete che salverà la vita a Maria Ines e Karin, la figlia di due anni, per un mese e mezzo prigioniera nella casa dei nonni materni agli arresti nel carcere del ministero della difesa. I militari usavano la bambina come esca pensando che la madre prima o poi non avrebbe resistito alla lontananza. Un carabiniere in agguato nella stanza accanto, altri sulla porta di casa. Ha rivisto lo zio alla Moneda? Maria Ines sorride. Anche nel palazzo presidenziale di Valparaiso. Una volta sono andata a un ricevimento della Moneda con la minigonna che la zia ed Isabel avevano portato dall'Italia. Isabel, Beatriz e Carmen Paz vestivano meno osé: lo zio si imbarazzava alle esagerazioni della moda. Mi è venuto incontro rappresentando l'imbarazzo con la solita ironia: abbracciami di modo che ciò che resta del vestito possa essere giudicato dagli altri invitati, disse. E mentre l'abbracciavo rideva come un ragazzo. Il mattino del golpe sa dalla radio della morte del presidente. Corre nella sua casa de Los Condes, quartiere elegante, destra durissima: porta la bambina a casa dei genitori e poi torna per mettere un po' di roba in valigia. Immagina la stiano cercando. Incrocia i carabinieri mentre monta in macchina. Non la riconoscono. Troppo elegante per agitare la rivoluzione e Maria Ines capisce che gli abiti fanno i monaci e per giorni continua a scivolare da un rifugio all'altro vestita come andasse ad una festa. Si accorge che le divisioni politiche sono sparite di fronte all'orrore delle armi. Amiche di destra la nascondono rischiando la prigione. Amici fino a quel momento pavidi, diventano angeli custodi. Assieme alla sorella è nella lista dei ricercati: nipoti di Allende, eppure la solidarietà di conoscenti anche lontani sopravvive alla paura. Perfino il portiere sonnacchioso del Centro Demografico Onu risponde ai militari che chiedono sue notizie: Oggi non l'ho ancora vista, credo stia per arrivare. In quel momento Maria Ines, capelli che hanno cambiato colore attraverso la hall per scappare. Con gli occhi dà il buon giorno al portiere il quale risponde con la stessa impassibilità. Esce sotto lo sguardo dei militari appostati su camion a guardia del palazzo mentre altri soldati stanno trottando verso il suo ufficio. In quel momento incrocia una collega la quale si meraviglia di vederla ancora libera anche se circondata da chi le dà la caccia. L'emozione rompe la prudenza: Maria Ines!, quasi un grido. Faccio finta che non sia il mio nome. Non rispondo. Non mi giro. Devo raggiungere con passi normali il primo incrocio per potere correre in una strada non sorvegliata. Poi, uno sparo. Ho l'impressione che qualcosa mi abbia colpito. Perdo ogni forza, sto per svenire. Non voglio morire sotto i loro chi, è l'ultimo pensiero. Dieci anni dopo i medici spiegano l'effetto dello shock emotivo: mi aveva svuotato di ogni energia. Carmen Mirò ed un francese delle Nazioni Unite, la aiutano a scivolare nel recinto intoccabile dell'ambasciata di Parigi, una delle poche aperte. E l'ambasciatore avverte il ministero della difesa del golpe: ormai inutile cercarla. La Francia le ha concesso asilo politico. Inutile lasciare la bambina nelle mani di un baby sitter in divisa. Dopo un mese e mezzo, con Karin in braccio, vola a Parigi. Comincia lo strazio nella banlieu, i generali di Pinochet ripetono da Santiago: Il loro esilio è d'oro. Maria Ines finisce quei pochi soldi e lo sconforto la spinge verso la linea d'ombra di chi non sopporta quella vita. Un giorno la cercano dall'ambasciata cubana. C'è una lettera di Beatriz imbucata all'Avana. Nelle ultime ore disperate Allende aveva pensato al prezzo amaro che avremmo pagato noi della famiglia se fossimo riusciti a sopravvivere: ricordo malinconico di Maria Ines. Nella busta due biglietti da cento dollari e due righe di Tati: Ciccio mi incarica di mandarti questi soldi, magari ne hai bisogno. Lo zio non si sbagliava. Hanno permesso di salvare Karin nell'inverno duro di Parigi. Maurizio Chierici L'UNITA' 07/09/2003 |
|
UFFICIO
INFORMAZIONI | LA
POSTA | CHAT
| SMS
gratis | LINK
TO LINK!
|
LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing
List | Forum | Newsletter | Il
libro degli ospiti | ARCHIVIO
| MOTORI
DI RICERCA |