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Sono Rimasti i Poveri |
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Nella piccola televisione di Pedro Casaldaliga gli operai stanno alzando il camino, fumate nere o il fumo bianco del nuovo Papa. Come sono lontani i cieli della Cappella Sistina dal palazzo vescovile di Sao Felix do Araguaia, Mato Grosso brasiliano. Polvere rossa che Casaldaliga calpesta dal 1971 quando è diventato pastore di una delle diocesi più estese del mondo: 150mila chilometri quadrati, mezza Italia. Lha attraversata dondolando nelle corriere infangate o su barche traballanti; lha misurata col passo delle ciabatte infradito di gomma, le stesse dei fedeli che non hanno scarpe, ma continuano a impressionarmi con la loro povertà e la loro allegria.
Anche la casa non è diversa dalle case che si stringono attorno: un solo piano, mattoni senza intonaco, pareti nude e la croce di cuoio realizzata da un prigioniero politico negli anni della dittatura militare. Un seme di senape è incollato ad un quadro con sotto due parole. Se la vostra fede fosse grande come questo seme riuscireste a spostare le montagne. L'uscio resta aperto sulla strada. Nel cortile, il portico fa da cucina. Ecco il palazzo del vescovo catalano che il primo maggio va in pensione, ma non lascia Sao Felix. Resterò con i piedi e con il cuore, anche se il cuore lo divido con l'Europa le cui radici sono profonde: se supera gli egoismi può tornare maestra di vita. Resterà come aveva promesso negli anni settanta mentre il Concilio Vaticano II apriva la speranza. Gli chiedo cos'è rimasto della teologia della liberazione. Con la voce che immalinconisce Casaldaliga ripete: Sono rimasti i poveri ed è rimasto Dio. Da anni rispondo così. I poveri continuano a moltiplicarsi mentre noi inseguiamo altre cose. Ci aspettano tempi bui ed è forse il momento di un Concilio Vaticano III. La Chiesa deve ripensarsi per realizzarsi. Il Concilio Vaticano II parlava al mondo. Mi chiedo in quale modo il Vaticano di oggi possa dialogare col mondo dei poveri. Chissà se il nuovo Papa sceglierà il nome profetico di Giovani Paolo III o Giovanni XXIV, pontefice dal lungo cammino o pastore di transizione. Qualcuno lo pensa... Transizione? Che definizione pittoresca per limitare il tempo dell'erede di Pietro la cui missione è testimoniare l'eternità. Quando si dice Papa di transizione qualcosa non va. Può avere senso un Papa che conta i giorni? C'è quasi l'aria di una fuga organizzata dalla Chiesa per centralizzare le conferenze episcopali diffidando dalle chiese delle periferie che incarnano il vangelo fra i poveri. A Roma hanno paura della decentralizzazione. Hanno paura che chi vive fra questa gente possa diventare marxista, materialista, quasi ateo. Paura di non poterci controllare a dovere. Credo abbiamo paura perché non ci conoscono bene. Non sanno dei progressi ottenuti dalla teologia della liberazione. Trentasette anni fa, quando sono arrivato in America Latina, il mondo indigeno era schiacciato. Fantasmi, non persone. Oggi i movimenti indigeni, dal Messico alla Bolivia, dialogano con i movimenti dei popoli. Si ritrovano nei fori internazionali per coltivare assieme ai giovani di ogni continente una prospettiva comune di dignità. Casaldaliga spegne la Tv entrata da poco nelle abitudini austere del vescovo che ha scelto di vivere, mangiare e vestire come i fedeli che tirano i giorni con fatica.
Mentre i cardinali si preparano alla clausura della Cappella Sistina, arriva in auto nella capitale dom Tomas Balduino, teologo domenicano che non teorizza ma vive la liberazione. Vescovo emerito di Goias, colline di erba secca attorno a Brasilia, è presidente della Pastorale per la Terra. Nelle stanze della Commissione Nazionale dei vescovi brasiliani, domani, martedì, presenta la memoria 2004 sulla violenza organizzata dai proprietari di immensi terreni incolti: negli archivi dello stato spesso non esistono tracce dei loro diritti di possesso. La pretesa dei potenti si basa sulla memoria di notai compiacenti, accolta da magistrati compiacenti quale prova provata. Accetterebbero di ridurre le loro estensioni ad una sola condizione: vendendo in contanti allo stato e rifiutando l'espropriazione che li liquida a rate. E continuano le sentenze che autorizzano lo sgombro armato dei contadini aggrappati alla sopravvivenza. Anche se il governo Lula ha interrotto le persecuzioni organizzate ufficialmente negli anni di presidenza Cardoso, la violenza non sparisce. Violenza della quale Balduino aggiorna numeri e dolori purtroppo sempre uguali: minacce, delitti, torture, schiavitù di chi è costretto a lavorare senza paga e si vede rubare anche l'acqua. 1379 lavoratori uccisi in 19 anni, 570 persone imprigionate nel 2000 dal governo della destra: occupavano terre in abbandono. Nel palazzo dei vescovi Balduino avrà di fronte ciò che resta delle vittime del 2004; piccoli protagonisti raccolti in una specie di concilio agitato dai dubbi. Il ricordo di Irma Dorothy, missionaria che gli squadroni hanno condannato a morte per aver vissuto una vita dalla parte dei senza niente, mescolerà rabbia e commozione. Anche se il bilancio resta deprimente, la Pastorale non si arrende: insiste con la speranza. Balduino rivolge un pensiero anche ai cardinali che stanno per isolarsi dal mondo. Dopo un Papa brillante e polarizzatore grazie alla visione pianificata a Roma, attendo un Papa simile ad ogni altro vescovo: senza poteri egemonici. Eviterebbe l'emergenza delle chiese locali che hanno la loro storia e i loro popoli desiderosi di rafforzare il dialogo con l'erede di Pietro ma nell'autonomia prevista dal Concilio Vaticano II. Chiese che devono continuare ad esistere come dicono le scritture: sole, luce, lievito. Negli ultimi anni sono state controllate dal potere centralizzato di una chiesa così detta società perfetta, maschile e senza esperienze quotidiane. Dopo Giovanni Paolo II non serve un Papa luminare, un papa forte. La chiesa deve parlare il linguaggio della gente, soprattutto degli ultimi. La chiesa deve seguire il vento. Soffia sempre, non si sa da dove, ma si sa perché: per i popoli che ne hanno bisogno.
Maurizio Chierici L'UNITA' 18/04/2005 |
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