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Brasilia, senza terra in marcia in nome della terra |
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Brasilia. Strana festa, non proprio una festa. I senza lavoro che cercano lavoro, ma il loro lavoro è la terra. In sei stati del Brasile i Sem Terra vanno in piazza agitando cartelli per ricordare una emigrazione che non finisce mai, ricerca del posto dove mettere radici. Migliaia di famiglie vagabonde vogliono un po' della terra abbandonata, non coltivata, milioni di ettari senza padrone, dove prima o poi pianteranno le baracche sfidando milizie di proprietari più o meno reali. Milizie che minacciano, sparano, bruciano. I Sem Terra di oggi sono nipoti dei braccianti agricoli che nel 1946 si sono riuniti nei primi sindacati rurali per chiedere alle oligarchie l'abolizione del lavoro tradizionale nelle campagne. Tradizione voleva dire caporalato, ingaggi a giornata, paghe affidate alla generosità del padrone, nessuna assistenza sanitaria, quasi schiavitù. E la parola pensione aveva suoni misteriosi. Cosa vorrà dire? chiede stupito un protagonista di Cacao, romanzo del primo Jorge Amado. Comincia un'inquietudine che mai si accontenta. Vogliono strade, luce, acqua. E poi le scuole perché i nostri figli devono imparare a fare la firma, per non annegare nelle periferie delle città. Ma l'autodifesa di ogni grande proprietario ripropone vecchie violenze e qualche massacro. Nel 64 il regime militare rimette le cose a posto; li costringe a scappare. Le grandi città diventano immense corone di stracci: San Paolo, 21 milioni di abitanti. Ho incontrato due protagonisti
che consolano la disperazione in modo diverso. Mons Balduino sintetizza il bilancio: 1379 Sem terra uccisi in 19 anni, 570 persone imprigionate solo nel 2000 quand'era al governo la destra di Cardoso. La repressione sta aumentando. Nel 2004 le famiglie espulse da terre abbandonate o non coltivate, sono state il 5 per cento in più. 421 persone condannate al carcere. Una famiglia ogni 6 sgomberata dalla capanna appena costruita. Preferirei che il Brasile avesse una riforma agraria organica, ma non ce l'ha e il solo modo per realizzarla resta l'occupazione. Il governo ha regolarizzato queste occupazioni ma le ha calcolate come realizzazione della riforma. Non esiste una riforma a bocconi soprattutto sotto la pressione dell'impoverimento dell'agricoltura messa in angolo dai piani di importazione. Il Brasile compra fuori fagioli, mais, riso, latte. Le campagne si impoveriscono e la gente scappa. Verso le città, se no, dove?. Joao Pedro Stedile, presidente del Movimento Sem Terra, alza l'indice ogni volta che vuol dar peso alle parole. Occupare le terre insegna a diventare cittadini. Obbliga a doveri, e dà peso ai diritti. Nessuno Sem Terra che mette radici in un terreno e pianta in villaggio, nessuno, diventa ricco. Ma vive sotto un tetto, tutti lavorano, mangiano e i bambini vanno a scuola. Tre milioni di persone sono sfuggite alla violenza delle periferie per ritrovarsi e sperare assieme. Fanno ridere i discorsi dei politici della destra, in conto spese alle grandi famiglie: rimproverano al movimento l'estrema povertà degli insediamenti dei Sem terra. Questi deputati sanno come vivevano prima? La tragedia del Brasile è la non conoscenza della vita quotidiana della gente. Lo stato cosa deve fare? E il presidente Lula nella rete di interessi difficile da smontare, come può bilanciarsi tra la grande economia e l'ultima povertà? Non basta trasformare in riforma agraria il riconoscimento dell'occupazione di un certo numero di insediamenti demaniali non coltivati. Non basta valutare gli intrighi di giudici che assegnano terre senza padrone a proprietari improvvisati, naturalmente amici. Riforma vuol dire strappare dai gironi di periferie centinaia di migliaia di persone che possono diventare braccia produttive. Inserirle in luoghi non lontano dai centri di consumo per favorire la concorrenza. Scuole, luce, acqua, ambulatori, ma non solo: ribadire la legalità del nuovo status degli occupanti e punire la violenza che ancora li addolora. Lei parla di terre abbandonate, ma esistono giornali, Tv e libri i quali sostengono che in Brasile non esistono terre abbandonate e non coltivate... Il 90% dei mezzi di
comunicazione è controllato da gruppi economici
sfavorevoli alla distribuzione delle loro terre. Qualsiasi
borghesino brasiliano che si è fatto una fazenda per darsi
un po' di lustro, ma che della fazenda non vive anche perché
non ha tempo di interessarsene, per ragioni di principio ne
difenderà la dubbia legalità del possesso agitando
lo spettro della prevaricazione populista. Quale maggior beffa
per un paese e per i suoi media difendere terre improduttive
impedendo che siano coltivate da chi potrebbe vivere con la
dignità di questo lavoro? Le nostre previsioni vedono
altre 400 mila famiglie occupare terre nei prossimi tre anni.
Sono 400 mila famiglie da strappare al vagabondaggio inerte delle
periferie. 400 mila famiglie che non soffriranno la fame. Il
governo deve rendere accessibile le terre sufficienti affinché
questa speranza venga esaudita. Il presidente Lula deve
convincersi che la riforma agraria è lo strumento più
rapido e indolore per salvare milioni di poveri. Maurizio Chierici L'UNITA' 04/05/2005 |
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