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I terroristi sono tutti uguali? |
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Bisogna riconoscere che l'impegno del governo nella lotta al terrorismo è impegno serio. Retate di islamici attorno a Milano mentre i nostri ragazzi frenano la violenza seduti sul bidone di petrolio a Nassiriya. Anche la giustizia fa la sua parte senza scorciatoie. Mercoledì 25 maggio udienza preliminare a Roma del processo a cinque ex militari argentini accusati di aver torturato nelle cantine della Scuola Meccanica della Marina, lungo fiume di Buenos Aires, Angela Aiello Gullo, Susanna e Giovanni Pegoraro. Ragazzi italiani svaniti nel niente, trent'anni fa. La Provincia di Roma accompagna il processo con un pubblico dibattito. La condanna non trascinerà a Roma i colpevoli. Indulti per pacificare il paese e i vari punto final, li lasceranno in una libertà senza rimorsi.
Si spiega l'impotenza della giustizia con la realtà di un popolo ancora convalescente da tante malattie, lebbra da liberismi d'arrembaggio, ferocia delle dittature, quel tipo di dittature armate che gli Stati Uniti sono impegnati a sradicare in una guerra infinita e senza sconti per nessuno. Ecco perché il Miami Herald, giornale che riflette il conservatorismo del buon senso, chiede al presidente Bush di continuare in modo coerente la sua battaglia. Se il governo non deporta in uno dei paesi che ne hanno diritto, il cubano Luis Posada Carriles, reo confesso di terrorismo politico e 73 delitti per sgonfiare il regime di Castro, la guerra che ogni giorno vede cadere i nostri militari impegnati nella lotta al terrorismo, questa guerra perderebbe ogni credibilità, e il sacrificio dei marines sarà solo il calcolo sbagliato di Bush: editoriale di Andres Oppenheimer. Posada Carilles è la primula nera dei cubani di Miami. Comincia sbarcando nella Baia dei Porci 35 anni fa, e dopo che l'invasione fallisce, diventa operaio-Cia a tempo pieno: piano, piano fa carriera da colletto blu. Gli archivi del dipartimento di stato lo indicano organizzatore dell'attentato che ha fatto scoppiare un aereo passeggeri cubano, 1976. Partiva da Caracas con la squadra di scherma che si preparava alle olimpiadi: 73 morti, appunto. Finisce subito nelle prigioni venezuelane il dottor Orlando Bosch Avila (assistente di Posada Carriles) sorpreso mentre scappa con documenti che lo incolpano. Per la disattenzione di una guardia carceraria, il dottor Bosch evade tre mesi dopo. Oggi vive tra Portorico e Miami. Tv Marti, la televisione tenuta in vita dal dipartimento di stato, ogni tanto manda in onda lunghe interviste. Risposta del dottore al cronista agitato che lo interroga: Lei sapeva che a bordo dell'aereo c'erano i ragazzi della scherma?. Certo che lo sapevo. Ma in qualche modo bisognava fermarli: erano criminali involontari. Le loro vittorie davano gloria all'anticristo. Il nostro movimento di liberazione non lo sopportava. Posada Carriles, ideologo degli irriducibili armati, viene arrestato a Panama nel novembre 2000. La polizia locale scopre nel suo nascondiglio 45 chili di C-4, esplosivo militare in grado di sbriciolare un intero quartiere e non solo l'aula dell'università dove Castro, e tre presidenti latino americani, dovevano dialogare con gli studenti. Va in galera, ma dalla galera esce pochi mesi fa. Prima di lasciare la presidenza per fine mandato, la signora Moscoso telefona ad un senatore repubblicano del Texas: Domani il nostro amico torna a casa. Per casa intende gli Stati Uniti. Ultimo atto del governo Moscoso: restituire alla giustizia americana un prigioniero che imbarazza il suo paese. Ma Posada Carriles non arriva da nessuna parte: sparisce tra l'Honduras e la Florida. Introvabile per la polizia, non per i giornalisti del New York Times ai quali conferma - parlando in una località imprecisata - di avere organizzato gli attentati che hanno sconvolto l'Avana nel settembre '97. C'è una vittima ed è italiana. Fabio Di Celmo, uomo d'affari genovese, appena 32 anni. Rientra nell'albergo Copacabana alle due di notte. Scoppia la bomba mentre attraversa la hall. Una scheggia lo uccide. Posada Carriles ammette: È triste che sia morto qualcuno, ma non possiamo fermarci perché un italiano si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. La storia ci giudicherà. Non dice proprio mi assolverà come aveva fatto il giovane avvocato Fidel Castro in un tribunale del dittatore Battista, ma siamo lì. Cambiano i regimi, cambiano gli ideali di Castro ma le risposte restano le stesse.
Maurizio Chierici L'UNITA' 23/05/2005 |
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