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La fermezza del condottiero |
Ancora una volta tutto
si conclude con un massacro dinnocenti. Programmato dai
terroristi, confermato da un Potere disumano che non è nemmeno
capace di prendere in considerazione lidea che la vita degli
ostaggi possa e debba essere salvaguardata dallo stato di cui sono
cittadini. Vale il criterio della ragion di stato, ovvero
di quella che coloro che hanno privatizzato lo stato chiamano in
questo modo e che, in realtà, è la loro propria,
privata, feroce ragione di esistenza. Quanti saranno i morti, alla
fine di questa tragedia, non lo sapremo. E esattamente come nel
teatro Na Dubrovke, quando il bilancio ufficiale diede 218 morti
mentre ancora decine di famiglie non riuscivano a trovare i loro
cari. E non li hanno più trovati. E come nellassalto
alla Casa Bianca dellottobre 1993, quando le migliaia di
cadaveri furono ridotte a qualche centinaio. Il presidente della
Russia era un altro, si chiamava Boris Eltsin, ma la scuola è
rimasta la stessa, e si vede.
E stato chiaro fin dai
primi minuti della tragedia, quando le fonti ufficiali tacevano sul
numero degli ostaggi, che si stava preparando un altro blitz di
quelli che non lasciano scampo a nessuno. Meno informazioni si davano
su quel numero, meno spiegazioni si sarebbero dovute dare dopo. Quel
turbinare di forze speciali attorno alledificio della mattanza
non lasciava molte illusioni sullo sviluppo di una trattativa. Fin
dal primo minuto è stato del tutto evidente che terroristi e
ostaggi sarebbero stati messi di nuovo, come in tutte le precedenti
occasioni, in un unico fascio. Importante è far sapere che il
Potere non ammette di essere sfidato. Il resto non conta. E una
specie di decimazione alla rovescia: dieci, venti, trenta ostaggi per
ogni terrorista. Le forze speciali, le teste di cuoio russe, sembrano
essere state addestrate per eseguire con puntualità le minacce
dei terroristi. Alla lettera. Cè da chiedersi perché
abbiano la qualifica di speciali.
Per operazioni
condotte con questa perizia basta un battaglione di artiglieri, che
applichino diligentemente la tattica adottata contro Groznij:
bombardamento a tappeto, annientamento assicurato del nemico. Le
cifre militari, alla fine, paiono rassicuranti. Solo che non sono in
grado di conteggiare il bilancio di odio che producono. Il quale, a
sua volta, produrrà altri nemici, non conteggiabili. Dentro
quella scuola dicono i testimoni che hanno potuto parlare (e
che adesso dovranno tacere) cerano più di mille
persone. Testimoni stranieri parlano di più di trecento
cadaveri: ed è già una mattanza, ma nel momento in cui
scrivo queste righe le sparatorie continuano. Il bilancio reale di
morti e feriti (e già sappiamo che i feriti che moriranno non
saranno mai conteggiati) è destinato a salire ancora. Vincerà
la menzogna, che consiste nel tenere segrete le cifre, nel
magnificare la fermezza del condottiero.
Di
questo passo Vladimir Putin potrà vantare molte vittorie
contro il terrorismo, ma ognuna di esse lo renderà più
debole, non più forte. I russi, si sa, hanno uninfinita,
inspiegabile (per noi che abbiamo avuto la fortuna di una vita
migliore), incomprensibile pazienza. Ma sono in molti, oggi,
nellimmenso paese che è rimasta la Russia, a chiedersi
se la tattica e la strategia di questo presidente sia allaltezza
della situazione. Molti, forse, si chiederanno perché Putin
non ha sentito il bisogno di volare in Ossetia, per dire almeno una
parola di dolore alle madri e ai padri in attesa. Molti, anche tra
coloro che lo hanno sostenuto, si chiederanno se essere zar significa
anche, necessariamente, una tale durezza danimo e perfino un
tale disprezzo per i propri sudditi da non consentire al capo e
padrone nemmeno la debolezza di una lacrima.
Molti,
sicuramente, non si chiederanno nulla e resteranno inebetiti di
fronte alle cifre che sentiranno, terribili ma opportunamente
corrette, censurate, ridotte, edulcorate. Quello che alla fine si
saprà sarà un misto di bugie e di fughe di notizie
prezzolate. O sarà cura dei somministratori occulti di veleno
che hanno interesse a una fine prematura del condottiero. Anche
questo round è finito come i precedenti, dunque. Ma
limpressione che se ne ricava è che chi voleva
infliggere un colpo a Putin cè riuscito. Anche perché
tutto lascia pensare che questo non è lultimo round. La
partita, come sè visto, è lunga e piena di
sorprese. Chi organizza il terrore sa perfettamente che Putin
risponderà con una violenza inaudita, senza remore, senza
limiti. E, per questo, sa che lo può trascinare in un gorgo
senza fondo.
Paradossalmente, Putin e i suoi nemici sono già
avvinghiati in una danza infernale, di cui credono di avere ordinato
la musica, ma che non sono in condizioni di fermare. Per questo luno
e gli altri tengono ben ferma la propria logica, sicuri che sarà
il ballerino partner a cedere per primo. Quello che è certo è
che dopo lOssezia del nord bisogna attendersi un altro scambio
di colpi, e poi un altro ancora e ancora. Non ci sarebbe stato alcun
bisogno di chiedere la convocazione del Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite se Putin non avesse qualche recondito retropensiero e
non pensasse di avere qualche carta da giocare su scala
internazionale. Lui sa quali sono i suoi nemici reali, ma non può
divincolarsi e rivelarli. E già un prigioniero. Potente
come pochi prima di lui furono in tutta la storia delle Russie. Ma
viene in mente il marchese De Custine, e le sue mai eguagliate
Lettere dalla Russia, quando scriveva che bisogna andare
in Russia per capire cosa non può colui che può tutto.
Giulietto Chiesa - 07/09/2004
Fonte: www.megachip.info