Un
etnocidio per omissione. Così Rosa Sara Rúa
Nahuelquir e Atilio Curiñanco, rappresentanti di una
delegazione Mapuche in Italia, definiscono quel che sta accadendo
al loro popolo. Fino a oggi, la delegazione sarà
protagonista di incontri pubblici per mettere al centro la
questione del recupero delle terre espropriate ai loro
proprietari naturali. Una situazione che ha avuto inizio nel
1881, quando la Patagonia venne spartita tra Cile e Argentina. In
Argentina, da dove proviene la delegazione, oggi vivono circa
350.000 Mapuche, su un totale di 1.4000.000. Nel loro presente,
disoccupazione e nuova emigrazione, o una vita ai margini
dell'ambiente urbano dove vengono sospinti man mano che avanza il
processo di privatizzazione dei loro territori. Governo
dopo governo - dice Mauro Millan, portavoce dell'Organizzazione
Mapuche-Tehuelche 11 ottobre - lo stato argentino sta
cancellando la nostra cultura e agevola l'operato delle
multinazionali, che comprano le terre e aggirano la legge
ambientale per appropriarsi delle fonti d'acqua. Fra le
numerose multinazionali nordamericane e europee (minerali,
forestali, chimiche o di allevamento intensivo), i Mapuche hanno
indicato Benetton, davanti ai cui negozi continuano a
manifestare. Non è una questione di lana caprina,
dice un volantino di Radici, l'associazione che, con il
sostegno dei Verdi, ha ospitato e accompagnato la delegazione in
Italia.
La vicenda ha preso avvio quando Rosa e Atilio -
disoccupati, lei dopo 17 anni di lavoro in fabbrica - hanno
deciso di recuperare un pezzo della loro antica
terra, una terra dai confini legali incerti - dice
l'avvocato Gustavo Manuel Macayo, avvocato dei due Mapuche - ma
che la Compañia de Tierras Sud Argentino,
controllata da Benetton, rivendica come sua. Benetton nel `91 ha
acquistato circa 10.000 km quadrati di Patagonia, subentrando a
una società con capitale britannico.
Rosa e
Atilio vengono denunciati per occupazione illegale e buttati
fuori con la forza. Hanno distrutto tutto e portato via il
bestiame - raccontano ora -. Dicevano che, essendo sulle loro
terre gli apparteneva anche quello.
Diritto naturale
contro diritto di proprietà. Quello di Atilio e Rosa è
solo il caso più noto di una campagna che cerca di
coniugare resistenza, azioni legali e campagna informativa.
L'impresa trevigiana, intanto, replica che Compañia
è società terza e indipendente e che
l'unico punto in comune è il controllo da parte di
Edizione Holding, società madre e finanziaria del
gruppo Benetton. Fatto è che, mentre l'esito legale
della vicenda non dà ragione ai Mapuche, ma con qualche
margine di ambiguità, Benetton si dichiara disposto a
regalare 2.500 ettari della sua proprietà allo
stato argentino. Allo stato, appunto, non ai Mapuche - dice
la delegazione -, ma non si può donare ciò che non
si possiede. Molti pensano di possedere la terra, noi invece
apparteniamo alla terra su cui viviamo da secoli. E
raccontano come la multinazionale trevigiana abbia costruito a
Leleque un museo dei Mapuche come se il nostro popolo fosse
già estinto. La gente va a visitarlo, ma oltre
quell'edificio c'è l'oggi dei Mapuche.
Donazione
o restituzione: un problema di riconoscimento. Nel corso di un
incontro avvenuto in Campidoglio l'11 novembre, l'impasse si è
creata su questo punto, nonostante la mediazione del Nobel
argentino Adolfo-Perez Esquivel. Non restano che la
mobilitazione, che non si fermerà, e dopo che saranno
partiti dall'Italia, l'eco delle loro parole: Petu
Mogelein, siamo ancora vivi.
Geraldina
Colotti IL MANIFESTO - 18/11/2004
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