Il
potere come paura. Senza i demoni che crea perderebbe le sue
fonti di giustificazione, impunità e fortuna. I suoi
diavoli - Bin Laden, Saddam Hussein o i prossimi che appariranno
- lavorano, in realtà, come galline dalle uova d'oro:
mettono paura. Che cosa conviene mandargli? Carnefici che li
facciano fuori o medici che li curino? La paura distrae e svia
l'attenzione. Se non fosse per i servizi resi, l'evidenza
verrebbe messa in evidenza: in realtà il potere si guarda
allo specchio e ci spaventa raccontando quello che ha visto. Al
lupo!, Al lupo!, grida il lupo.
Il patriottismo è
un privilegio di coloro che comandano. Quando lo esercitano gli
esecutori, si riduce a mero terrorismo? Sono solo e unicamente
terroristi, mettiamo il caso, gli atti di disperazione suicida
dei palestinesi cacciati via dal loro paese e gli attacchi di
resistenza nazionalista contro le forze straniere che occupano
l'Iraq?
Il mondo alla rovescia nomina al contrario. Il
potere, mascherato, nega il buon senso. Se così non fosse,
potrebbe esserci qualche ombra di dubbio sul fatto che l'attuale
governo di Israele pratichi il terrorismo, il terrorismo di stato
e diffonda la follia? Quanto più questo governo divora
nuove terre e infligge maggiori umiliazioni al popolo
palestinese, tanto più genera risposte criminali. E quegli
attentati, che uccidono innocenti, gli servono come pretesto per
uccidere molti altri innocenti e per commettere tutte le atrocità
che gli girano. Se nel mondo ci fosse ancora qualche briciola di
buon senso, risulterebbe incredibile che Ariel Sharon possa fare
quello che sta facendo con assoluta impunità, come se
fosse la cosa più normale: invade e spara su territori
altrui; costruisce un muro che fa impallidire quello di Berlino,
di triste memoria, per blindare ciò che usurpa; annuncia
pubblicamente che assassinerà Yasser Arafat, un capo di
stato democraticamente eletto dal suo popolo; e bombarda la
Siria, forte del fatto che gli Stati uniti impediranno, come
sempre, qualsiasi condanna da parte del consiglio di sicurezza
delle Nazioni unite.
Capita che in questo mondo i paesi e
le persone vengano quotati in borsa, e che il loro valore dipenda
dalla geografia del potere.
Quanti innocenti sono stati
fatti saltare in aria, con nonchalance, nell'ultima guerra
in Iraq? I vincitori non hanno avuto tempo di contare le loro
vittime, civili che esistevano e non ci sono più, perché
sono stati occupati a cercare le armi di distruzione di massa che
non esistevano, né esistono.
Non ci sono dunque
cifre ufficiali. I calcoli ufficiosi più seri hanno
contato, tuttavia, non meno di settemilasettecento morti civili,
molti di loro vecchi, donne e bambini. Quanto valgono quelle
vite? In proporzione, la quantità di iracheni fatti fuori
equivale a novantaquattromila statunitensi. Che cosa sarebbe
successo se il paese invasore fosse stato il paese invaso? Le
vittime nordamericane di una simile carneficina continuerebbero
ad essere il tema perpetuo dei mezzi di comunicazione di massa.
Invece le vittime irachene non meritano altro che il silenzio.
È
arcinoto che il furto è stato l'unico movente di questa
strage, commessa con premeditazione e in malafede, ma i serial
killer continuano a dire di aver fatto quello che hanno fatto per
autodifesa e non sono né prigionieri né pentiti. Il
crimine paga: dai vertici del potere, loro minacciano il mondo
con nuove imprese, immaginando falsi pericoli, inventando nemici,
seminando il panico.
Il presidente Bush adora citare
l'Apocalisse, ma sarebbe più logico citare i notiziari che
sono più attuali e dicono più o meno le stesse
cose. Quel testo biblico raccapricciante, una profezia raccontata
al passato, era piuttosto esagerato e sbagliava le cifre, ma
bisogna riconoscere che le notizie del mondo d'oggi gli
assomigliano abbastanza. Diceva l'Apocalisse: «Vicino al
grande fiume Eufrate... venne sterminato un terzo degli uomini
dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo». E diceva anche: «Un
terzo della terra bruciò, un terzo degli alberi bruciò,
tutta l'erba verde bruciò... Morì un terzo delle
creature che vivono nel mare... Molta gente morì per le
acque dei fiumi, che erano diventate amare...»
L'autore,
san Giovanni o chi per esso, attribuiva queste catastrofi all'ira
divina. Lui non aveva mai sentito parlare di bombe intelligenti,
e neppure del biossido di carbonio, delle piogge acide, dei
pesticidi chimici, delle scorie radioattive. E non poteva
immaginare che la società dei consumi e la tecnologia
della distruzione sarebbero state più temibili della
collera di Dio.
Bombe contro la gente, bombe contro la
natura. E le bombe di denaro? Che ne sarebbe di questo modello di
mondo nemico del mondo senza le sue guerre finanziarie? In più
di mezzo secolo di esistenza, la Banca mondiale e il Fondo
monetario internazionale hanno sterminato una quantità di
gente infinitamente maggiore di tutte le organizzazioni
terroristiche che ci sono o ci sono state nel mondo. Loro hanno
contribuito pesantemente a rendere il mondo così com'è.
Adesso questo mondo, che ribolle d'indignazione, spaventa i suoi
autori.
«La Banca mondiale, apostolo della
privatizzazione, è in crisi di coscienza», commenta
il quotidiano The Wall Street Journal. In un recente
rapporto, la Banca scopre che la privatizzazione dei servizi
pubblici, che i suoi funzionari hanno imposto e continuano ad
imporre ai paesi deboli, non è esattamente una manna dal
cielo, soprattutto per i poveri abbandonati al loro destino.
Allarmata dalle conseguenze dei suoi atti, la Banca adesso dice
che bisognerebbe consultare i poveri e che i poveri «dovrebbero
vigilare gli investimenti privati», sebbene non spieghi
come potrebbero realizzare questo lavoretto da niente. I poveri
preoccupano anche il Fondo monetario, che li ha sempre strozzati:
«È necessario diminuire le disuguaglianze sociali»,
conclude il direttore del Fondo, Horst Koehler, dopo aver
meditato sulla faccenda. I poveri non sanno davvero come
ringraziare.
Questi organismi, che esercitano la dittatura
finanziaria nel sistema democratico, non hanno nulla di
democratico: nel Fondo decidono tutto cinque paesi; nella Banca,
sette. Gli altri non hanno alcuna voce in capitolo.
Nemmeno
la dittatura commerciale è democratica.
Nell'Organizzazione mondiale del commercio non si vota mai,
sebbene il voto sia previsto negli statuti. L'organizzazione
coloniale del pianeta sarebbe in pericolo se i paesi poveri, che
corrispondono alla schiacciante maggioranza, potessero votare.
Loro sono invitati al banchetto per essere divorati.
La
dignità nazionale è un'attività non
redditizia, destinata a scomparire, come la proprietà
pubblica, nel mondo sottosviluppato. Ma quando le dignità
si uniscono, è tutta un'altra storia. È quanto
accaduto a Cancun di recente, alla riunione della Omc: i paesi
disprezzati, i buggerati, si sono uniti in un fronte comune, per
la prima volta dopo molti anni di solitudine e di paura. E la
riunione, convocata, come al solito, affinché la
maggioranza esercitasse il suo diritto all'obbedienza, è
naufragata.
Sta succedendo ovunque: sembra che il potere
non sia così potente come dice di essere.
Lo sapeva
bene Alice, quella del Paese delle Meraviglie: - Tagliatele la
testa! - gridò la regina, con tutta la forza dei suoi
polmoni, ma nessuno si mosse. - Chi mai le darebbe retta? - disse
Alice. - Sono solo un mazzo di carte!
Eduardo
Galeano IL MANIFESTO 18/10/2003
copyright
Ips - trad. Marcella Trambaioli
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