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IL PORTO DEI RAGAZZI
Fini, perché non poteva far altro |
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L'onorevole Gianfranco Fini ha varcato il proprio Rubicone con un gesto politico di grande rilevanza simbolica e mediatica. Lo ha fatto con parole forti e chiare per quanto gli era possibile. Ha scelto il luogo e il contesto più consono al suo guado definitivo: lo Stato di Israele che è Stato ebraico e, in particolare, Yad Vashem il memoriale della Shoà. Tutte le televisioni del nostro paese e del mondo lo hanno immortalato in atto di raccoglimento con la kippà, il tradizionale copricapo che tutti gli ebrei indossano per la preghiera e che gli ebrei religiosi tengono sempre in testa per marcare la propria appartenenza ad un'identità. Fini questa volta non si è limitato ad una condanna inequivoca delle leggi razziali, dell'antisemitismo e della Shoà, ma ha coinvolto nella sua condanna l'esperienza della Repubblica di Salò. Questo è stato il punto focale del suo atto preparato con cura e pazienza, la rottura definitiva con la fase del fascismo che era divenuta la radice di un ossimoro politico: un partito di repubblichini democratici nel parlamento di una Repubblica uscita dalla Resistenza. Le ragioni sentimentali e l'illusione dei ragazzi di Salò, riscaldati dall'ormai celebre discorso di Luciano Violante, non potevano condizionare più a lungo il futuro politico di un leader e di un partito che si vuole europeo e moderno. L'attuale tempesta, scoppiata dentro il bicchier d'acqua di Alleanza Nazionale, alla fine si rivelerà un mal di pancia. Fini, pagando il prezzo di un costoso appiattimento su Berlusconi e ingoiando l'amaro boccone del rapporto forzoso con i secessionisti della Lega, ha portato i suoi al potere. Chi ha assaporato le delizie del potere difficilmente vi rinuncia. Tornare indietro significa chiamarsi fuori dal campo di gioco e soprattutto dall'Europa e dal mondo. Il gesto passionale della Mussolini, è iscritto nel suo carattere ricco di temperamento e incline ai gesti plateali che sono stati spesso di segno coraggioso e positivo. Inoltre a cuor di nipote non si comanda anche se è probabile che la sua irruenza ci riservi delle sorprese. L'alzata di scudi di Tremaglia e di Storace era scontata, tanto da risultare monotona e banale. Il presidente di An non ha fatto altro che portare a logica conclusione il cammino intrapreso dieci anni fa. La pena ed il rispetto per i giovani ancora adolescenti che scelsero per un equivoco senso della patria per la parte sbagliata, non potrà mai riabilitare neanche in minima misura un'esperienza nefasta e criminosa senza appello. Fascismo e nazismo ebbero modalità differenti ma condivisero la stessa natura e alla fine la loro unione fu organica e totale. Essere indulgenti con Salò significa esserlo anche con i nazisti. Il commovente arrampicarsi sugli specchi del coordinatore di AN Ignazio La Russa facendo appello alla Storia, è oramai folclore dovuto alla propria gioventù e ai camerati più anziani per non spezzargli il cuore. Rispetto all'eredità fascista, quello di Fini non è più un semplice maquillage ma la sanzione di un decesso. Ora la palla passa in campo avversario. Ha ragione Adriano Sofri nel suo acuto articolo di ieri su La Repubblica nell'ammonire la sinistra riguardo al suo ambiguo e scivoloso rapporto con lo Stato di Israele e le sua legittimità. L'uso scriteriato di certe espressioni di linguaggio che evocano pregiudizi e stereotipi sugli ebrei e segnalano latenze oscure, diventano, dopo il viaggio del vice presidente del consiglio, insieme più volgari e più pericolose. Il riconoscimento fermo e sentito del pieno diritto di Israele all'esistenza e alla sicurezza entro i propri confini, non deve in nessun caso prestarsi ad equivoci. E' più che mai necessario evitare di immergere le sacrosante e aspre critiche alla politica del governo Sharon, al suo muro, all'ingiusta occupazione, e colonizzazione delle terre palestinesi, nella fogna di presunti complotti ebraici di tragica memoria antisemita. Noi della sinistra riformista o radicale che, sia abbiamo il dovere di bandire per sempre ogni omologazione fra governo e paese perché questa omologazione, oltre ad essere indegna di uno spirito democratico, legittima la propaganda delle destre ad indicarci come bacino di coltura del nuovo antisemitismo. Tuttavia, Fini a parte e fatto comunque salvo il dovere della vigilanza antifascista, è più che mai ora di mettersi a costruire un pensiero e un'azione guardando al futuro. Questo significa a mio parere valorizzare la nostra diversità e il suo senso profondo senza paure né reticenze. La grande sfida che ci attende pone l'alternativa se stare dalla parte dell'essere umano o dalla parte del denaro. E pur con tutte le necessarie mediazioni politiche, la scelta deve essere chiara. Moni Ovadia l'UNITA' 29/11/2003 |
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