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IL PORTO DEI RAGAZZI
Le parole e i fatti |
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L'ebraico biblico è una lingua scarna che è tuttavia in grado di esprimere un'inimmaginabile vastità di significati e ricreare nel proprio solco un senso inaudito alla lettura di ogni generazione. Una delle sue parole, la parola davar, ha il duplice significato di parola e di cosa. Compare per la prima volta nell'episodio della Torre di Babele nell'espressione devarim akhadim, cioè parole uniche. Il progetto di edificare verso l'alto per raggiungere e dominare il cielo si svolgeva, ci racconta il biblista, per mezzo di una sola lingua e di parole uniche. Ora, il leshon hakodesh, la lingua santa della Torah, ha la caratteristica di essere una lingua consonantica dove le vocali non sono espresse nella scrittura ma appartengono alla memoria orale. Ciò significa che possono avere molteplici letture e la parola akhadim, uniche, può essere detta anche akhudim, chiuse. Il linguaggio della Torre, non lasciava spazio all'alterità, era asfittico e i mattoni della costruzione erano fatti della stessa materia perversa di quelle parole prive di pneuma interiore. Per questo, all'interno della Torre si generò un fuoco distruttore come accade metaforicamente in tutti i sistemi di pensiero che si esprimono con parole rigide, chiuse alle diversità, prive di reale profondità. Non è necessario che i sistemi siano cruenti secondo i vecchi criteri di giudizio perché pratichino l'ingiustizia o l'esclusione. Ai nostri tempi, le pratiche di dominio tendono a servirsi di strumenti seduttivi e di espressioni dall'aspetto ultra moderno ma vetuste nei significati e negli scopi reali. I termini che definiscono l'essere umano sulla base dei suoi diritti e delle sue dignità come persona e cittadino, vengono sinuosamente sostituite da nuove ed asettiche formule che esprimono priorità di natura economico aziendale. Il cittadino viene definito fruitore di servizi o utente, lo studente è rinominato cliente di prestazioni scolastiche. Il paese si chiama l'azienda Italia e le legazioni diplomatiche si trasformano in succursali estere per la vendita di prodotti. Questa operazione non è indolore come può apparire superficialmente. Essa crea una consuetudine tossica che si insinua giorno dopo giorno nelle menti della cosiddetta gente comune e trasforma la relazione fra uomo e uomo, fra individuo e collettività, fra abitante e istituzione, in un problema contrattuale da trattare tuttalpiù con le regole del diritto commerciale. I grandi principi che hanno costruito un'intera civiltà di cui l'occidente mena vanto, vengono trattati come ferri vecchi arrugginiti e l'inviolabilità dell'essere umano diventa questione veniale o, per dirla in soldoni, solo un problema pecuniario. In mezzo a questo sfacelo della cultura del diritto e della democrazia, i potenti farneticano di esportazione della libertà con pratiche aggressive vestite dello sconcio ossimoro che si chiama guerra preventiva. Il quadro generale diventa sempre più allarmante perché il divario fra la concentrazione di potere economico, ovvero di potere tout court nelle mani di pochi e la possibilità decisionale dei cittadini aumenta a dismisura a favore delle sempre più gigantesche corporations. Anche gli eventi che dovrebbero creare fiducia nel futuro come le grandi scoperte scientifiche, con le loro immediate ricadute tecnologiche, sono motivo di allarme. Questo perché aumentano le possibilità di controllo e manipolazione non solo delle informazioni, ma perfino della struttura genetica dell'essere umano, accrescendo i profitti di coloro che già detengono smisurate ricchezze e iperbolici strumenti di comunicazione e quindi di formazione delle opinioni. La libertà di ricerca scientifica è anch'essa a repentaglio perché l'aziendalizzazione di ogni pensiero, vuole risultati che siano immediatamente marketable. Non dimentichiamoci che oggi, i laboratori, sono in misura crescente finanziati da un non disinteressato denaro privato. Diventa sempre più urgente difendere il linguaggio dei diritti, della centralità dell'essere umano e della vita, dall'aggressione semantica restituendo al loro naturale splendore, le parole cittadino e istituzione pubblica. Non servono alla difesa della vita, leggi regressive che subordinino, a pur rispettabili questioni di fede, la libertà e la diversità dei cittadini. Non abbiamo bisogno di presunti stati etici proclamati per opportunismo dai più screditati pulpiti politici. Ciò di cui abbiamo estrema urgenza, è il ripristino della pienezza dello stato di diritto. Moni Ovadia L'UNITA' 13/12/2003 |
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