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Moni Ovadia

Mal d'antifascismo

Le istituzioni della Repubblica sono in crisi. Il Presidente della Repubblica Ciampi, Presidente di tutti gli italiani ed il professor Marcello Pera, presidente del Senato, dichiarano un retroterra politico culturale profondamente diverso, se non antitetico. Per Carlo Azeglio Ciampi la Resistenza è fondante dell'identità nazionale e di quella democratica, per Marcello Pera la resistenza è un mito, un ingombro, un residuo fastidioso che impedisce la piena realizzazione di un sistema più agile e al passo con i tempi. Tradotto in parole povere, è lecito supporre che ciò significhi una pseudo-democrazia di tipo mediatico-plebiscitario al servizio della volontà, ovvero degli interessi di un solo uomo e della sua corte. L'attacco sistematico ai valori dell'antifascismo, condotto da questo centro-destra sui generis con tutti i mezzi possibili, non ha nulla a che vedere con le esigenze di una seria storiografia critica. Si tratta di un'operazione strumentale che mira a screditare l'intera cultura democratica sui diritti dei cittadini. Solo in questo senso si capiscono le apparenti contraddizioni che si aprono fra gli esponenti del sedicente Polo delle Libertà. Fini ha appena dichiarato a Gerusalemme che il fascismo, si badi bene il fascismo, è il male assoluto. Dunque è ragionevole dedurre che se il fascismo fu la grave e mortifera patologia, l'antifascismo fu la medicina che permise al corpo nazionale ed europeo di conquistare salute e vita. Quali che siano le ragioni del presidente di An, lungimiranza, resipiscenza, faticosa presa di coscienza, la dichiarazione è solenne ed inequivocabile e se i nostalgici del fez e dell'onore che fu reagiscono con patimento, i democratici sinceri della Casa delle Libertà dovrebbero gioirne. Ritenevamo che il professor Pera fosse in questa eletta schiera. Ci sbagliavamo. Ciò non significa che il presidente del senato sia un nostalgico e che voglia riabilitare il duce Benito Mussolini, gli interessa solo screditare gli antifascisti, ridimensionarli a fenomeno di folklore. Perché Cosa c'è nell'eredità della Resistenza che dà tanto fastidio agli yes men di Silvio Berlusconi? Ciò a cui mirano a mio parere è il cambiamento epocale che la lotta al fascismo introdusse nella cultura politica italiana. Essa non fu solo lotta contro un'odiosa tirannia che aveva tolto al paese le libertà formali, le faticose conquiste democratiche trascinando l'Italia in una guerra rovinosa con un finale di tragica farsa segnata dall'occupazione tedesca con il suo carico di sangue, torture stermini e devastazioni.

La guerra di Resistenza inaugurò un nuovo concetto di libertà, fondò nel suo farsi un'idea di pienezza democratica che ebbe come protagonisti i ceti popolari, la classe operaia, i contadini, gli artigiani insieme a intellettuali, professionisti, esponenti della borghesia illuminata. Quella stagione vide combattere fianco a fianco i comunisti e i cattolici, i socialisti con gli esponenti di Giustizia e Libertà, le Fiamme Verdi e i liberali, tutti accomunati da una visione del mondo che si espresse dopo la Liberazione e dopo la cacciata della misrrabile monarchia sabauda nella nostra Costituzione Repubblicana e, per apparentamento, con tutto il fronte dell'antifascismo europeo ed americano nella Carta dei Diritti Universali dell'Uomo. Nella cultura uscita da questi solenni documenti non c'è posto per gli uomini del destino, non c'è posto per le scorciatoie plebiscitarie. Essi dichiarano che tutti gli uomini sono eguali, liberi, titolari di una sola dignità e di fondamentali diritti. Le grandi Dichiarazioni che fondano la nostra civiltà non si basano sui concetti di utente, di consumatore, di priorità aziendale, ma sull'essere umano e sui suoi inviolabili requisiti.

E' questa concezione che irrita il Manovratore perché non gli permette di esercitare l'arbitrio e l'abuso per volontà di Dio e grazia dell'elettorato. Per questa ragione tutti gli uomini del Presidente (del consiglio) si accaniscono contro l'antifascismo.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 20/12/2003


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