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Moni Ovadia

Il mio Paese, le mie Idee

L'Italia è davvero nei guai. A misura che le settimane trascorrono, la maggioranza che ci governa stia mostrando tutta la sua allarmante inconsistenza politica. Le tardive misure di protezione del risparmio, dopo avere legittimato con l'abrogazione del reato sul falso in bilancio e altre leggi del genere, il diritto all'arbitrio dei ricchi, dei prepotenti e dei disonesti, appaiono come un goffo tentativo di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. E poi quale risparmio si vorrebbe tutelare? I lavoratori e la classe media, sono stati depredati dei loro redditi oltre che da una politica dissennata, dalla vergognosa speculazione fuori da ogni controllo messa in atto dai soliti avidi e furbi sotto l'occhio benevolo dei governanti approfittando del passaggio dalla vecchia alla nuova moneta. La sfiducia si diffonde e i conflitti sociali si riaccendono. Contrariamente a ciò che crede il grande manovratore, gli uomini e le donne di questo paese non sbarcano il lunario con pane raffermo e promesse mediatiche.

Qualsiasi persona di buon senso, moderata o radicale, lo aveva capito subito che l'Italia si avviva verso un'avventura costruita su un castello di balle televisive. Del resto, che cosa ci si poteva aspettare da un progetto di governo tenuto insieme dagli interessi di un solo uomo smisuratamente ricco affetto da sindrome napoleonica con aggravante mistica? L'apoteosi del falso mito piccolo borghese che la lingua vernacolare milanese esprime con l'espressione “Mi me sun faa de per mì”, io mi sono fatto di per me, ha stregato un numero impressionante di cittadini affetti dal morbo della rinuncia ad usare la testa, che porta a delegare la propria vita ed il proprio futuro, ai sedicenti uomini del destino. L'abile imprenditore delle proprie tasche, il cavalier Silvio Berlusconi, non si è fatto da sé ma ha goduto di ogni sorta di appoggio politico e di leggi su misura fatte dai suoi protettori assai prima che, in mancanza di essi, decidesse di provvedere da solo. Ma l'anomalia dell'uomo di Arcore non consiste solo nell'abnorme conflitto di interessi che ha trasformato l'Italia nello zimbello del mondo. Consiste anche nell'aver manipolato oltre misura, grazie ad uno stuolo ossequiente di yes men piazzati in tutto il sistema mediatico, i più elementari dati di realtà. Berlusconi sembra uno che si sia messo in testa di “riscrivere” persino la Bibbia per adattarla al proprio ipertrofico ego: “Caino era comunista, Abele di Forza Italia e noi suoi eredi dobbiamo vendicare il nostro progenitore punendo tutti i discendenti del fratricida. Chi è comunista e chi no, lo decidiamo noi. Putin no! Mai stato comunista!”. Lui, sin dai tempi non sospetti, quando era a capo del Kgb, già si preparava per il ruolo di miglior amico slavo del Cavaliere. Per convalidare la nuova vulgata, diffonde un revisionismo sconcio e falso e fa istituire dai suoi “dipendenti” la commissione bufala Mitrokin che Massimo D'Alema, con beffardo godimento, ha smontato in un'audizione.

Si potrebbe già pensare all'atto finale di questa pagina indecorosa della nostra recente storia se non ci fosse il problema dell'opposizione.

Durante la discussione sulla Legge Gasparri bis uscita, come il suo destinatario, da un lifting, i banchi dell'opposizione erano pesantemente sguarniti. Ciò ha impedito di far fronte comune con i franchi tiratori della maggioranza e mettere il governo in minoranza determinandone di fatto la crisi. Lungi da me voler fare il censore delle numerose assenze, ma non posso non constatare, per lo meno, l'abbassamento della soglia di vigilanza e di impegno nei confronti di quella che dovrebbe essere una priorità assoluta: mandare a casa questo governo. Non si tratta qui di ottenere la soddisfazione nel vedere vincere la propria ragione o le proprie idee. La posta in gioco è assai più alta. C'è in gioco la salute socio-economica del nostro Paese affetto da una tossicosi complessa causata da quel cocktail di incapacità, protervia, volgarità, menzogna, censura, dominio dell'informazione e mistica del capo che pervade lo spirito della cosiddetta casa delle libertà. E' imperativo trovare l'unità delle forze di opposizione al di là di ogni differenza anche la più motivata e ragionevole.

Sono un uomo di sinistra, cosmopolita, refrattario ad ogni idea di patria, l'idea di identità nazionale mi provoca stati di angoscia, eppure oggi mi sento particolarmente italiano. In questo difficile momento ritengo di dovere più attenzione al mio Paese che alla radicalità delle mie idee.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 07/02/2003


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