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L'UNITA' 09/02/2002 |
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L'identità di una storia |
Il caso Moretti ha tenuto banco per diversi giorni sulla stampa nazionale ed ha, nel bene e nel male, rimesso in circolo la smorta circolazione sanguigna del popolo della sinistra. I cuori hanno ricominciato a battere. L'impennata di un regista, intellettuale sui generis ha fatto esplodere gli umori che covavano nelle menti e nelle viscere di molti, moltissimi di noi che in quella sinistra si riconoscono e vogliono continuare a riconoscersi.
Alcuni, fra i quali lo scrivente, avevamo compostamente segnalato il proprio disagio e la volontà di rinnovamento sostenendo la mozione Berlinguer, ma la piena vittoria della linea Fassino-D'Alema all'ultimo congresso ha finito col ricacciare la posizione del Correntone appunto in una questione di correnti.
La questione è assai più profonda. In gioco sono l'identità di un partito, e, faccenda assai più seria, tutta l'identità di una storia. Per questa ragione ritengo che vi sia, soprattutto di questi tempi, il pericolo di ridurre l'affaire Moretti ad un riconoscimento limitante delle necessità di: un po' più di sinistra nell'orientamento politico dei DS. L'altro errore sarebbe di fare della linea politica voluta da Massimo D'Alema lo scannatoio per scaricare le frustrazioni derivate da sconfitte, smarrimenti, incapacità di interpretare le trasformazioni in corso del nostro paese. I crudi dati elettorali di quattro votazioni successive naturalmente parlano chiaro, ma non è solo piegando il timone a mancina che si esce dalla tempesta. I problemi che la sinistra riformista ha davanti sono enormi: primo fra i quali, l'inquietante anomalia di un avversario di centrodestra, singolare miscela di populismo mediatico, localismo forsennato, criptostatalismo venato di nostalgie fascistoidi. Quell'anomalia tuttavia non è solo dei vertici, ma è radicata in vastissimi strati di elettori della Casa delle Libertà i quali hanno della democrazia e della libertà stessa una concezione che si può, con un eufemismo, definire eccentrica. Spesso sono elettori che vedono il centro sinistra come il generale paranoide del film Dottor Stranamore vedeva il pericolo comunista.
La gestione del passaggio del partito dalla denominazione Comunista a DS è stata magari politica, di immagine, ma non ha coinvolto gli elementi più importanti: quello indentitario e quello culturale che anche in tempi molli e irresponsabili sono le fondamenta sulle quali riedificare il proprio progetto in conformità alle nuove temperie che si devono affrontare. Solo allora l'edificio mostra ad eventuali aspiranti nuovi inquilini la propria onesta solidità.
Ha ragione Sergio Cofferati quando ricorda che i diritti del lavoro sono uno dei pilastri che sostengono una Casa democratica comune degna di tal nome. I principi sono gli edificatori del senso. Se si rendono i principi commerciabili allora si rende commerciabile il senso. Poiché dunque stupirsi se poi gli elettori finiscono per cadere nell'opportunistico e qualunquistico: questi quelli per me pari sono. E optando per la deriva della furbizia è logico anche per certo elettore di sinistra preferire ad un centro sinistra tecnico-autoreferenziale il furfantesco pseudo-liberismo del: così almeno almeno non pago le tasse.
Moni Ovadia L'UNITA' 09/02/2002
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