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Esagerare non serve nemmeno a Sharon |
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Mio padre era
uomo di solidi princi. Pochi ma chiari. Fra questi vi era il
culto della puntualità. La sua intransigenza riguardo
all'argomento era fonte di continui battibecchi tra noi due. Io
sono un tendenziale e impenitente ritardatario. Ciò non mi
onora e mi sforzo di combattere questo difetto, ma un'indole
inveterata è difficile da contrastare. Mio padre pur
avendo in linea di principio ragione riusciva a mettersi dalla
parte del torto con il suo estremismo. Per esempio se io
rincasavo di sera alle nove e cinque mi accoglieva indignato con
queste parole: Mi capita spesso di rammemorare questo aneddoto personale quando mi trovo di fronte ad esagerazioni fuori misura, a persone che, per dirla con una sapida espressione popolare, la fanno fuori dal vaso. E anche se il caso è maledettamente serio anzi drammatico, ciarlatanesco e strumentale è l'atteggiamento di chi lo ha provocato. Sto parlando
dell'ultimo affaire franco-israeliano creato dalle iperboliche
dichiarazioni del primo ministro israeliano. L'astuto e sanguigno
generale Ariel Sharon ha lanciato all'indirizzo degli ebrei
francesi un accorato invito a lasciare immediatamente la Francia,
focolaio di pulsioni antisemite, per fare l'aliyà (la
salita) verso Israele. Ste stessimo alle sole parole del nuovo
profeta di sciagure, saremmo indotti a pensare che vivere oggi a
Parigi sia come vivere a Berlino nel 1935, all'epoca delle Leggi
di Norimberga. Naturalmente le parole del leader israeliano hanno
sortito un effetto previsto. Se qualcuno volesse farci credere che Sharon non avesse calcolato gli effetti della sua uscita o è un cretino o è “diplomatico” o ci fa. La sua politica è arrivata a un capolinea: o cede al ricatto dei coloni fanatici e dei partiti che li sostengono, col rischio di alienarsi, prima o poi, l'incondizionato sostegno degli Us, o paga un prezzo all'alleanza coi laburisti che, per identità non possono accettare il progetto di annessione delle terre palestinesi implicito nell'attuale tracciato del muro. L'annessione a seguito dell'occupazione e della colonizzazione di parte dei cosiddetti territori è la vera discriminante. Contrariamente a
ciò che capziosamente si sforzano di propagandare i media
vicini al governo Sharon e i suoi accaniti sostenitori, nessuno
nega il sacrosanto diritto di Israele di difendersi dalla
violenza terrorista e di fare, nei propri confini, ciò che
meglio ritiene. Ciò che i critici dell'attuale muro
condannano è solo l'unilaterale politica di
espropriazione. Ecco dunque il tentativo di Sharon di escludere
dal progetto negoziale coloro che potrebbero mettergli i bastoni
tra le ruote. Dunque se la Francia è antisemita e l'Europa
e l'Onu gli sono complici non hanno lo statuto morale per
intervenire in questioni che coinvolgono gli ebrei. Ma qui siamo
condotti in una prospettiva paradossale. Coloro che condannano il
muro di Sharon non sono affatto antisemiti, anzi! Una delle
grandi radici dell'antisemitismo è stata l'idiosincrasia
nei confronti della diversità ebraica. Moni Ovadia – L'UNITA' – 24 /07/2004 |
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