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Moni Ovadia

L'America che non piace al premier

Il modello statunitense di democrazia decisamente non è quello che auspico per il mio paese, né per l'unione europea quando essa dovesse venire uno stato vero e proprio. Le aspre, ma a mio parere, lucide critiche portate alla grave deriva del sistema politico degli Usa vero una forma di quasi democrazia da intellettuali come Noam Chomsky e Gore Vidal sono largamente condivisibili. Al riguardo sono anche esemplari le acute analisi del fenomeno fatte dal nostro Giorgio Bocca. Detto questo, riconosco che, assistendo su Cnn al confronto televisivo, in territorio neutro, fra l'attuale presidente George W. Bush e lo sfidante J.,F. Kerry, ho provato un moto di ammirazione per una cultura politica che, almeno a livello formale e tecnico, sa mettere a disposizione degli elettori e dei telespettatori in genere un tale livello di informazione. Finalmente! Basta salotti, star e starlet scosciate, basta nani e ballerine, non più presentatori disinvolti fino alla propaganda, niente risse da bar sport, niente volgarità e bave alla bocca, niente giornalisti disturbatori. I due contendenti, obbligati da un impeccabile e serio moderatore a tempi precisi, si sono attenuti all'esposizione delle loro idee, delle loro critiche e dei loro programmi e, pur senza esclusione di colpi, hanno consentito a chi li riguardava di farsi una ragionevole opinione riguardo alle loro analisi e alle linee guida dei rispettivi progetti politici. A casa nostra, da qualche anno, tutto questo è impossibile. L'attuale presidente del consiglio Silvio Berlusconi non è disponibile, perché non gli è consentito di scegliersi l'avversario con cui eventualmente dibattere, del resto ha una spiccata predilezione per le chiacchiere salottiere, possibilmente nelle proprie residenze. Mentre, il centro sinistra, preso da continue ed irragionevoli beghe, scarsamente sensibile alla drammaticità del momento ed al grido che si leva dagli elettori, si rivela persino incapace di sanzionare ciò che emerge con chiarezza dai fatti: Romano Prodi è il candidato naturale delle opposizioni per sperare di vincere alla prossime elezioni. Eppure, in questo momento, di continui confronti schietti fra candidati degli opposti schieramenti ci sarebbe un vitale bisogno. L'Italia è appena uscita da un rarissimo momento di responsabilità condivisa che ha portato ad un felice esito la vicenda di due giovani donne che poteva risolversi in una tragedia. E' giusto rendere merito a tutti quanti ne sono stati artefici, senza esclusione alcuna. Ma, ha ragione Fausto Bertinotti, si tratta di un'eccezione ed è insensato estenderne l'influsso alla regola, pena lo svilimento di entrambe. Di questi tempi la regola ci dice che il paese è diviso, di più, è lacerato. Gli appelli del nostro Presidente Carlo Azeglio Ciampi e anche quelli del presidente della camera Perferdinando Casini alla concordia o, per lo meno alla correttezza istituzionale, sono profondamente rispettabili, ma sono vani. La compagine di governo, dal giorno del suo insediamento, ha impegnato le proprie energie per smobilitare il retroterra comune a tutte le forze autenticamente democratiche. Il polo delle libertà, ricattato dalla sparuta minoranza elettorale leghista, sta per concludere l'opera di demolizione della Costituzione per rimpiazzarla con un maldestro pasticcio che avvelena le radici di quello straordinario progetto di una società libera e giusta. La miscela che porta a questa scelta perversa è un cocktail eterodosso delle mistica individualista di un imprenditore sceso in politica per mettersi al riparo dai pericoli di un confronto con la giustizia, di un'eredità fascistoide e di un Walhalla posticcio di divinità celtiche partorite da un localismo xenofobo ed isterico. Questi tre cascami ideologici hanno in odio l'eredità della Resistenza. Non ci si può opporre a questo scempio se non si fa ricorso al poderoso strumento della memoria che è soprattutto progetto per il futuro. L'articolo 11 della nostra Carta che sancisce il ripudio della guerra è frutto di una consapevolezza nata dal cuore della lotta contro la barbarie nazifascista. Fini lo sa, per questo insulta e criminalizza i pacifisti. Il centro destro lo sa, per questo in Veneto rifiuta di inserire nello statuto regionale un riferimento ai valori della Resistenza. Vogliono una Costituzione autoritaria per fare rientrare dalla finestra e in forme nuove e camuffate ciò che i padri costituenti cacciarono dalla porta. E' indispensabile resistere, con tutti gli strumenti della democrazia, a questa vergogna. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Le generazioni future hanno diritto ad ereditare il senso profondo della loro libertà e non devono essere costrette a dipendere da un pallido feticcio.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 02/10/2004


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