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Sharon vittima dei suoi adepti |
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La terra promessa dopo duemila anni di alterne vicende, torna ad essere terreno di vocazioni profetiche e messianiche. Quale senso può avere oggi una simile pulsione? I profeti di Israele hanno probabilmente profetizzato sul passato avendo davanti un presente che volevano esecrare o comunque criticare. Un simile esercizio oggi sarebbe azzardato. I profeti sapevano ascoltare la voce del Santo Benedetto e riferirne il messaggio con vigoroso pathos. Da lunghissimo tempo oramai quella voce tace. Ed è bene che sia così, visto che coloro che sostengono di essere in sintonia diretta con quella voce, si danno ad un fanatismo religioso intriso di estremismo nazionalista e di messianesimo criptoidolatrico. Lo Stato di Israele dei nostri giorni, è importante ribadirlo, non è la Eretz Israel biblica, bensì una nazione moderna la cui è regolata da una forma democratica alla maniera dell'Occidente. Del glorioso Santuario, casa del Signore, non rimane che un simulacro affettivo, il celebre Muro del pianto. Questo quadro ragionevole e realistico non è condiviso da tutti i cittadini di quel paese. I falchi della destra nazionalista e i coloni ultrareligiosi, hanno un'idea molto personale della democrazia che considerano accettabile solo quando si giustappone ai loro desiderata, fra questi, in primis, la rimozione del problema dello Stato Palestinese per essere liberi di edificare una versione riveduta e corretta della Grande Israele. E' curioso che oggi a rischiare di farne le spese, sia il loro ex beniamino Ariel Sharon. Oggi l'attuale primo ministro israeliano comincia a sperimentare il morso di quel cocktail esplosivo di integralismo e mistica della terra che in passato ha corteggiato, di cui si è cinicamente servito per i suoi scopi politici. I coloni e i loro leader spirituali lo minacciano di morte, si dicono pronti a sparare, alcuni di loro organizzano ogni sorta di cerimonia woodoo che si ostinano a chiamare cabala. Di questi tempi, non c'è da stupirsi, anche la rock star cult Madonna è una neofita della mistica ebraica e, se la Madonna si da alla cabala, ai rabbini non rimane che darsi al woodoo. E' tuttavia malinconico vedere mortificare un grande pensiero come l'ebraismo con furiose pratiche feticiste. Il generale Sharon non proviene da questi gruppi oltranzisti, ha solo pensato di usarli come un taxi su cui salire per affossare gli accordi di Oslo per poi scendere quando gli faceva comodo. La sua è una visione pragmatica, la sa ossessione è la sicurezza e la sua idea della sicurezza non prevede l'esistenza di uno Stato Palestinese degno di tal nome. Il suo progetto prevede di lasciare Gaza, per inglobare in cambio nei confini di Israele le principali colonie della Cisgiordania e impedire così che il nuovo stato possa nascere, privando i palestinesi di ogni prospettiva reale. Quanto al terrorismo, pensa di neutralizzarlo con il muro. I suoi avversari e nemici della destra vogliono di più. Non accettano di mollare un solo centimetro di quella che ritengono la Terra Santa e sognano di vedere sparire la questione palestinese. Ma se il popolo palestinese è il più solo del mondo, abbandonato dalla comunità internazionale, dagli amici arabi che sono sempre stati il suo principali guaio, da una dirigenza incapace di una qualsivoglia strategia e inutilmente vezzeggiato dalle anime belle che non hanno da offrirgli altro che volenterosi slogan e solidarietà limitata, gli israeliani dal canto loro, adesso che la guerra preventiva contro l'Iraq è riuscita ad attirare il terrorismo qaedista verso di loro, ovunque si trovino, rischiano di ritrovarsi a vivere blindati in un ghetto sempre più costoso sul piano economico e umano. L'incondizionato sostegno dell'amico americano è una garanzia a scadenza limitata. George W. Bush ha messo in ginocchio l'economia americana e se dovesse essere rieletto, come purtroppo si augurano, anche in buona fede molti sedicenti amici di Israele, il grande paese potrebbe avviarsi verso un'irreversibile decadenza di cui già si colgono non pochi segnali e diventare economicamente soccombente di fronte al colosso cinese. Se questo scenario prendesse corpo, gli Stati uniti avrebbero ben altro di cui occuparsi e non avrebbero risorse per sostenere la sicurezza militare di Israele che per provvedere da solo alla propria difesa si ridurrebbe sul lastrico e si ritroverebbe una fortezza impotente preda della bomba demografica araba. Non voglio certo fare il profeta e tanto meno il popolo israeliano senza preoccuparsi del bene del popolo palestinese. E viceversa. Moni Ovadia L'UNITA' 23/10/2004 |
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