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Moni Ovadia

Il violinista sul Posto di Blocco

Il violinista sul tetto è una delle icone più celebri della pittura di Marc Chagall. Quel povero suonatore in bilico rappresenta universalmente l'ebreo dell'esilio, la sua poetica spiritualità, la sua arte di vivere sospeso fra cielo e terra la cui fede nell'uomo fragile che spasima per una redenzione messianica non è scossa dalle secolari vessazioni. La definizione dell'ebreo diasporico come un violinista sul tetto viene dal personaggio più famoso ed amato della letteratura yiddish, uscito dalla penna dello scrittore Sholem Aleychem, Yevye il lattivendolo la cui storia ha ispirato un celebre musical di Broadway: “Un violinista sul tetto? Che pazzia! Ma qui ad Anatevka, il nostro villaggio, ciascuno di noi è come un violinista sul tetto che cerca di improvvisare una piccola melodia senza rompersi l'osso del collo”. Il rapporto tra l'ebreo e il violino è stato cantato in mille storie e storielle, la più celebre è attribuita al leggendario pianista Arthur Rubinstein”: Perché ci sono così tanti violinisti fra gli ebrei mentre i pianisti sono pochissimi? Avete mai provato a scappare nel cuore della notte con un pianoforte in spalla?”. Per secolo l'ebreo, in fuga dalle persecuzioni, scacciato dai decreti o dalle pressanti necessità di un'esistenza comunque difficile, ha portato con sé la piccola scatoletta magica per continuare ad esprimere la propria interiorità musicale. Nel Novecento quel prezioso scrigno di suoni è diventato per i talenti ebraici un “arma” contro le discriminazioni. Il virtuoso Yasha Heifetz si esibiva davanti allo Zar, anche il super antisemita Nicola II Romanov non poteva esimersi dal rendere omaggio al genio musicale ebraico. Pochi decenni più tardi neppure il violino avrebbe risparmiato all'odiato giudeo il suo tragico destino. Nel lager il violinista ebreo era costretto a “commentare” e a subire l'orrore. Poco più di mezzo secolo è trascorso da quel tempo, da quelle immagini, e ieri sugli schermi della nostra televisione è apparso, nel telegiornale del pomeriggio di RAI 3, un breve filmato amatoriale che mostrava una scena imbarazzante: Nel gabbiotto di un check point dell'esercito israeliano nei territori occupati un militare in assetto di guerra imponeva ad un giovane violinista palestinese di estrarre il suo violino dalla custodia e di suonare per verificare che lo strumento non celasse un'arma o dell'esplosivo. Il filmato lo ha realizzato una donna israeliana membro di un'associazione pacifista che svolge attività di sorveglianza per controllare che non vengano violati i diritti umani. Quella sequenza di fotogrammi tremolanti ha avuto un effetto shock su molti israeliani, così come le immagini della vecchia palestinese che cercava le sue masserizie fra le macerie della sua casa dopo che i tank di Tsahal l'avevano distrutta hanno sconvolto Tommy Lapid, ministro del governo Sharon, che in quella vecchia palestinese ha visto la propria nonna nella Polonia occupata dai nazisti. Coloro che sostengono sempre e comunque le ragioni di questo governo israeliano si affretteranno a dire che si è trattato di un semplice controllo per prevenire gli attentati terroristi. E' così ovviamente. Israele ha avuto mille morti per le bombe dei kamikaze palestinesi. Ma quello che questi novelli zeloti non capiscono è che, l'immagine di un israeliano armato fino ai denti che intima di suonare il suo violino ad un giovane palestinese “armato” solo di quello, ha un valore simbolico deflagrante. I duemila anni di diaspora drammatica culminati nell'annientamento di milioni di ebrei non possono essere ricordati a senso unico. Essi ci parlano di un'identità profonda sorretta da valori etici. Per una simile identità è comunque immorale ed ingiusto occupare un altro popolo e costringerlo a subire continue e prolungate umiliazioni. Questi episodi ci fanno capire che la dignità dei palestinesi come individui, come popolo e come nazione è preziosa per loro, ma è altrettanto preziosa per il futuro di Israele e dell'ebraismo, altrimenti non dovremo più scandalizzarci di vedere sempre meno violinisti sul tetto e sempre più violinisti sul posto di blocco.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 27/11/2004


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