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La vita riesce sempre a sorprenderci malgrado tutti gli sforzi che facciamo per renderla prevedibile e ripetitiva. In particolare, le genti che vivono nel ricco e progredito Occidente mirano spasmodicamente all'edificazione di strutture di protezione contro ogni imprevisto e si sforzano di imbrigliare il flusso della vita entro schemi controllabili e rassicuranti. Ma cè ancora una troppo fragile e precaria umanità nellessere umano post-moderno per consentirgli di sfuggire alla natura aleatoria dellesistenza. Il ritmo consuetudinario delle nostre giornate può allimprovviso perdere senso per un evento traumatico che ci riguarda solo come individui. Per esempio l'annuncio di una grave malattia che ci precipita in una condizione inaspettata a cui non pensavamo solo pochi istanti prima o la perdita di uno stretto congiunto - un figlio nel caso più drammatico - ci rivela tutta la nostra impotenza. Talora è una tragedia collettiva che irrompe nelle nostre vicende infrangendo i confini della normalità a cui tanto aspiriamo e ci precipita nella privazione, nella sofferenza o nel dolore . Questi accadimenti di solito trasformano le persone, ne acuiscono la sensibilità, le rendono più attente alle sofferenze dei propri simili attivano i sensori della solidarietà e le portano ad impegnarsi in attività di aiuto ad altre persone in stato di sofferenza o colpite dalla stesse sventure. Lo tsunami ha provocato, a suo modo, un fenomeno di scoperta di una comunanza fra uomini di diverse latitudini e condizioni di vita e del tratto comune della debolezza di fronte alla violenza della natura. I turisti partiti per la solita vacanza preconfezionata, con i bedecker e tutti gli ammennicoli della dotazione consumistica, di colpo si sono trovati accomunati in una grande tragedia con popolazioni povere, miserabili secondo i nostri metri, e tutti ne hanno sperimentato la semplice ed immediata umanità, hanno potuto godere della grazia della loro generosità senza secondi fini, hanno ricevuto il calore di una dignità che noi abbiamo perduto, hanno visto povera gente mettere a disposizione di chi viene dal benessere il poco che aveva. Dunque lo tsunami ha rivelato che laltro, dalle diverse tradizioni, dai tratti somatici esotici, dal colore della pelle più giallo o più scuro, dal taglio degli occhi a mandorla, non è linvasore extra comunitario delle nostre sgraziate metropoli, non è solo il badante dall'infinita pazienza, il lavapiatti o lambulante dalle mercanzie paccottiglia, ma è un uomo, un uomo debole come lo siamo noi al di là della nostra prosopopea. La questione che si pone di fronte a questa esperienza anomala di molti turisti occidentali, è se i suoi effetti possono irradiare oltre lemergenza della spaventosa catastrofe. Quando si spegnerà il frastuono mediatico e sarà esaurita la generosità di circostanza che ci mette a posto la coscienza e ci fa sentire dalla parte dei buoni, l'uomo del progredito occidente imparerà a riconoscere la propria fragilità, saprà glorificarne il valore? Le leadership conservatrici sapranno mettersi in cammino per riconoscere finalmente gli aspetti truffaldini e mendaci dellideologia liberista? È urgente cambiare direzione di marcia. Oltre le vittime e i disastrati dello tsunami, attendono risposta i milioni di esseri viventi che ogni anno muoiono di fame, i milioni di ammalati di aids che non riescono ad accedere alle cure necessarie. Ma la lotta alla miseria e allo sfruttamento chiede l'impegno forte, radicale ed immediato delle forze della sinistra, come opportunamente suggeriva sulle colonne de La Repubblica Timothy Garton Ash. In particolare nel nostro paese è vitale che le forze del centrosinistra smettano di baloccarsi con beghe indegne e riprendano in mano i grandi valori di cui sono depositarie per storia e per vocazione. Moni Ovadia L'UNITA' 08/01/2005 |
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