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Moni Ovadia

Mal di beatitudine

Il professor Galli della Loggia con il suo amato leit motiv: "è urgente restituire verginità alle istanze ultraconservatrici e reazionarie" ha sollevato un polverone sulla vexata quaestio della restituzione o meno alle proprie famiglie dei bimbi ebrei protetti e battezzati da istituzioni cattoliche durante il secondo conflitto mondiale. Ci sono state al riguardo diverse prese di posizione critiche da parte di alcuni intellettuali e storici. In qualche misura mi riconosco nei loro contributi, in quello di Mario Pirani, come in quelli di Nicola Tranfaglia e di Giorgio Israel. Ma in questa circostanza avverto le maggiori risonanze con la riflessione di Claudio Magris. Per origine e vicende della mia famiglia mi trovo in una posizione particolare rispetto alla shoah perché sono nato, o per essere più precisi, mi è stata donata la possibilità di nascere, dal popolo presso il quale i miei genitori vivevano e di cui facevano parte. Sono nato in Bulgaria uno dei due soli paesi europei insieme alla Danimarca che hanno salvato tutti i loro ebrei con una radicale opposizione al progetto nazista di deportazione per lo sterminio. Due, in particolare, furono le personalità bulgare che guidarono il movimento di opposizione alla deportazione degli ebrei appoggiato dalla stragrande maggioranza del popolo: il vice presidente del Parlamento Dimitar Peshev e il metropolita della chiesa cristiano-ortodossa Stefan. Peshev organizzò la resistenza politicamente mobilitando 40 deputati della compagine governativa, convincendoli a firmare una dura petizione contro il nulla osta che il primo ministro aveva dato ai nazisti. Il metropolita Stefan come autorità morale lanciò una serie di anatemi contro la persecuzione antisemita. Si recò dal re e gli intimò di bloccare la deportazione che avrebbe gettato l'infamia sul popolo bulgaro e lo sollecitò anche ad abrogare le vergognose leggi razziali adottate dal governo per compiacere l'alleato nazista. Ma Stefan non si limitò all'attività diplomatica. In occasione della più sentita solennità nazionale bulgara che è anche religiosa, la festa dei santi Cirillo e Metodio, tenne un vibrante discorso che culminò con le dure parole rivolte ai tedeschi ai loro sodali bulgari:" non osate alzare le mani sui nostri cittadini ebrei, non osate!". Stefan si mostrava così irremovibile sulla questione da indurre le autorità a metterlo agli arresti domiciliari. Il capo della piccola chiesa cristiano ortodossa bulgara rispose a quegli arresti invitando il rabbino capo di Bulgaria a vivere a casa sua. In quel paese, come in altri, circolava un fondo di cultura popolare antisemita, fortunatamente di natura non virulenta. Capitò anche ai miei genitori di sentirsi apostrofare con l'epiteto cifut, parola con carattere spregiativo che significa giudeo, ma il piccolo e generoso popolo bulgaro non si lasciò per questo trascinare nell'abiezione dell'odio e il suo rappresentante morale, il metropolita, di fronte alla logica dell'odio seppe comportarsi da vero cristiano, da autentico santo. Pio XII no! Ecco a mio parere il vero problema della Chiesa Cattolica: la propria ridefinizione identitaria in relazione alla radice cristiana. Il Sommo Pontefice ha generosamente definito noi ebrei fratelli maggiori e io alla fratellanza con i cattolici ci tengo molto, alcuni dei miei migliori amici lo sono e lo sono alcune delle persone che più stimo nel mio paese, fra cui diversi sacerdoti e anche qualche porporato. Da fratello maggiore vorrei affettuosamente fare notare che di questi tempi molti cattolici sono così "cattolici" che si dimenticano di essere anche cristiani, si dimenticano delle "Beatitudini", si dimenticano del "Discorso della Montagna", si dimenticano della "Lettera ai Romani" di San Paolo. Tutte queste amnesie ovviamente non sono un problema degli ebrei. Sono un serio problema della Chiesa Cattolica.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 15/01/2005


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