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Il giorno della memoria e dellipocrisia |
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La
data della liberazione dei campi di sterminio nazisti da parte
delle truppe sovietiche e degli alleati, ha compiuto il suo
sessantesimo anniversario. La celebrazione è stata
solenne, si è svolta proprio nei luoghi contaminati dalla
ineguagliata brutalità del sistema di odio e massacro
partorito dal nazifascismo. Impressionante il dispiegamento dei
capi di stato. Finalmente è stata data voce ai
rappresentati di ogni gente che ha subito la violenza degli
aguzzini nazisti. L'istituzione del Giorno della Memoria è
certo una tappa importante per il futuro dell'umanità ma
non bisogna dare per scontato il suo ruolo né la funzione
ed il significato che questa ricorrenza assumerà nel corso
degli anni. In un mondo cinico come quello in cui viviamo, un
mondo che conosce forme agghiaccianti di indifferenza nei
confronti di grandi sofferenze come la morte per fame di milioni
di esseri umani, in particolare bambini, la celebrazione del 27
gennaio per molti, in particolare i potenti, potrebbe
trasformarsi in un ennesimo paravento dietro al quale nascondere
la falsa coscienza di chi non ha la minima intenzione di
rinunciare ai propri privilegi e alla propria rapinosità
economica anche se questo significa morte, dolore e disperazione
per esseri umani innocenti e indifesi. Questo aspetto della
questione, nel nostro paese in particolare, è legato anche
ad un processo di rimozione chirurgica che tenta di sollevare,
quando non di assolvere, il fascismo dalle responsabilità
gravi e dirette, nei confronti dell'orrore della Shoà in
tutti i suoi aspetti. Mentre il Capo dello Stato Carlo Azeglio
Ciampi pronuncia parole ferme ed inequivocabili che suonano come
una sentenza definitiva contro il regime fascista e le sue
nefandezze, l'alleanza di destra che ci governa, da che è
al potere, non ha fatto altro che dare la stura al più
sconcio revisionismo per demolire l'alto valore della Resistenza
e dell'antifascismo, per infangare la lotta, le sofferenze e le
vite immolate per la libertà di tutti gli italiani dei
partigiani. Con il pretesto della ricerca storica, gli apologeti
di Salò e del Duce scorazzano per i salotti televisivi con
la connivenza di conduttori privi di qualsiasi scrupolo per vili
ragioni di bottega e di ossequio al potere. Chi versa lacrime per
l'Olocausto mentre insulta la lotta antifascista, mente ed è
un ipocrita che furbescamente si sintonizza con l'aria che tira e
coloro che, eredi delle vittime, si compiacciono per le lacrime
da coccodrillo dei nostalgici del buon Mussolini, tirano la
volata ad una mascherata retorica il cui scopo è quello di
fare incallire il sedere di politici mediocri sulle sedie del
potere. Quest'anno si celebra anche il sessantesimo anniversario
della Liberazione ottenuta dalle forze congiunte delle formazioni
della Resistenza europea, dagli eserciti alleati e dall'Armata
Rossa. Chi è contro il nazifascismo deve, con la stessa
fermezza, onorare tutti i partigiani, quelli del ghetto di
Varsavia, come quelli sovietici, quelli finlandesi come quelli
iugoslavi, deve inchinarsi davanti ai soldati dell'esercito
italiano che preferirono condividere la dura sorte di ebrei,
zingari, omosessuali, comunisti, socialisti, antifascisti in
genere, restituendo al nostro paese l'onore che il fascismo gli
aveva tolto, piuttosto che sottostare al miserabile ricatto
nazista e infangarsi con l'esperienza di Salò. Nessun
revisionismo cambierà la storia, i repubblichini furono
sodali e servi dei boia nazisti e se qualcuno, giovane e
inconsapevole diede la sua vita per un equivocato senso
dell'onore, è giusto rispettarne la memoria ma la sua
morte non assolve e neppure attenua la natura criminale del
fascismo. E ora che le opposizioni e i galantuomini del centro
destra assumano una ferma iniziativa per fare cessare nei media,
nelle istituzioni, nelle scuole, la metastasi di un revisionismo
poco storico e molto vigliacco. Moni Ovadia L'UNITA' 29/01/2005 |
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