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Moni Ovadia

La responsabilità della memoria

Il tema della memoria ha conquistato le serate televisive. Tutti se ne occupano in un modo o nell'altro. Una schiera di manipolatori e di parvenu dell'argomento hanno scoperto che è un tema proficuo e redditizio dal punto di vista politico, mediatico, soprattutto in prospettiva di tornate elettorali prossime venture. Io sono considerato uno specialista dell'argomento. Non è così, ma in questi tempi disastrosi è rassicurante pensare di ascoltare qualcuno che la sa lunga a cui puoi affidarti. Non mi stancherò di ripeterlo: sono solo un teatrante che ha avuto l'inestimabile dono di avere buoni maestri e il privilegio di essere stato cresciuto nell'amore per il pensiero critico e nel culto per i valori della giustizia, della libertà e dell'uguaglianza. Ho imparato dall'ebraismo che la memoria è uno strumento per costruire il presente e il futuro dell'identità dell’essere umano. Nei confronti della memoria abbiamo una responsabilità a cui non possiamo sottrarci perché ne va del destino delle generazioni future. La memoria è progetto per l'edificazione delle strutture portanti di una società. Nelle democrazie avanzate le forze politiche che si contendono il governo di paese, di un popolo, non hanno una visione comune delle linee fondanti della politica economica e di quella sociale, ma condividono o almeno si sforzano di condividere un idem sentire riguardo all'origine e alla formazione delle strutture portanti del sistema politico. La questione della memoria è rilevante riguardo al minimo comune denominatore, quello che permette alle forze di governo e alle forze dell'opposizione di convivere nello stesso sistema, senza rinunciare alla necessità di un continuo confronto vigoroso e polemico, precondizione della vitalità di una società autenticamente libera. L'Italia nel travagliato dopoguerra aveva saputo costruire pur nelle mille difficoltà e contraddizioni il comune denominatore: la Costituzione. Il senso primo di quella Carta prende origine dall'antifascismo e si consolida nella Resistenza. Il suo impegno è quello di costruire una democrazia parlamentare basata sulla divisione dei poteri, sui valori e i diritti del lavoro, sulla libertà, sull'uguaglianza, sul pari diritto e la dignità di ogni cittadino. Nei quattro decenni seguiti alla sua promulgazione molte delle sue leggi sono state eluse, disattese, non compiute, ma le forze politiche dell'Arco Costituzionale, in rappresentanza del 95% dell'elettorato, ne hanno per lo meno condiviso lo spirito. Gli eredi del fascismo, che l'amnistia varata dall'allora ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti restituì alla piena partecipazione alla vita democratica, invece di ripudiare l'ignominia dell'adesione all'orrore nazifascista si riorganizzarono intorno ai suoi feticci e alla sua memoria. Molte cose sono cambiate, ma gli eredi ribattezzati del fascismo non hanno cambiato posizione e il loro rapporto con la memoria lo rivela. Non appena sono arrivati al governo del paese si sono dati con cupidigia revanscista alla sistematica demolizione dei valori dell'antifascismo che nel nostro paese sono sinonimo di democrazia. Il loro compito è stato reso agevole da un leader ora presidente del consiglio che non ha e neppure formalmente si sforza di avere una relazione di lealtà con la formazione della nostra Costituzione.

Recentemente un autorevole opinionista di un'importante testata nazionale ha proposto di “amnistiare” la memoria chiedendo ai suoi “pasdaran” di fare un passo indietro. Mi permetto di osservare che una simile “ragionevole” attitudine non sortirebbe gli effetti desiderati. Il conflitto di opinioni - peraltro legittimo - non verte sul passato bensì sul futuro prossimo e anche su quello più lontano. Mai, prima d'ora nella storia repubblicana, i modelli politici e sociali che i due schieramenti prefigurano sono stati così distanti. La causa prima di questa divaricazione è proprio l'opposta percezione della memoria. Pertanto, a mio parere, inutili e persino sospetti rischiano di diventare gli appelli alla riconciliazione e al sentimento nazionale rivolti al centro sinistra. Le forze che oggi si riconoscono nell'Unione, nel corso della loro storia, hanno edificato a vario titolo un territorio istituzionale comune nel nostro paese. Le forze che oggi si riconoscono nel centrodestra, dietro la cortina di fumo della falsa retorica, hanno lavorato e lavorano per smembrarlo.

Moni Ovadia – L'UNITA' - 19/02/2005


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