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Uomini della Provvidenza |
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La mia povera e già malconcia Milano sta perdendo in questi ultimi anni alcune delle sue figure più rappresentative. L'ultimo in ordine di tempo a rendere più orfana la capitale meneghina è stato Don Giussani. L'ispiratore di Comunione e Liberazione è stato un sacerdote di indiscutibile carisma e ha segnato con forza il mondo cattolico ben oltre i confini della Lombardia. Non ho mai avuto occasione di incontrarlo ma molti miei conoscenti me ne hanno parlato in termini ispirati, per alcuni di loro è stato uno di quegli incontri che ti cambiano la vita. Fra i moltissimi che sono accorsi a rendere l'ultimo saluto a Don Giussani nella camera ardente c'era anche il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. L'ho visto e ahimé sentito sul TG 3 di alcuni giorni fa. Mi attendevo, almeno in un simile frangente, parole di circostanza, sobrie ed equilibrate - conservo ancora qualche brandello di illusione anche nei confronti degli avversari - invece il capo del Polo, in permanente assetto di militanza elettorale, ci ha fatto sapere che Don Giussani lo riteneva l'uomo della provvidenza per il nostro paese, sottintendendo probabilmente di essere stato inviato nel momento giusto come un novello San Giorgio per sconfiggere il drago comunista che, come è noto, minaccia l'Italia in alleanza con i quattro Cavalieri dell'Apocalisse. Altre volte avevo letto sugli organi di stampa di simili uscite di Sua Emittenza ma bonariamente le avevo considerate delle guasconate di un uomo sostanzialmente fragile, che non regge il peso delle critiche, che ha verosimilmente molti scheletri nell'armadio e che reagisce per eccesso di difesa autoproclamandosi unto del Signore. Ma questa volta la dichiarazione di investitura ad eletto dal Signore, l'ha messa in bocca ad un sacerdote di particolare autorevolezza a poche ore dalla sua scomparsa. Quand'anche Don Giussani avesse pronunciate quelle parole, per ovvie ragioni di rispetto e decenza l'onorevole Berlusconi avrebbe dovuto tenersele per sé. Questa impudenza mi ha fatto sobbalzare sul divano e come essere umano, cittadino ed ebreo laico e agnostico ho rabbrividito. L'uomo che ci governa non è un nostro pari, non è un semplice cittadino come tutti noi che ha doveri e diritti, che sottostà alla stessa legge, alle stesse regole di ogni comune mortale. Egli è un predestinato, un uomo gradito a Dio come il suo sodale americano che può impunemente affermare la sua contiguità con il Santo Benedetto che, così come un tempo parlava per il tramite della voce dei profeti, oggi si esprime per mezzo delle televisioni del suo prediletto e degli angeli e cherubini dalle penne e dagli schermi fiammeggianti che lo circondano e ne cantano la gloria perenne. Per questo ritiene che gli sia tutto consentito, anche attribuire al nostro giornale gli insulti che una sua gazzetta ha rivolto contro il leader dell'opposizione, come insulti contro la sua persona. Per questo può impunemente andare all'estero a definire come comunisti, stalinisti e sanguinari coloro che gli si oppongono e subito dopo calunniarli come antipatriottici perché osano criticare il suo operato. Ogni mancanza di ossequio alla sua persona rientra nella categoria di lesa maestà e lesa santità. L'Italia ha già avuto uomini della provvidenza. Uno di essi ci ha regalato un ventennio di infamia, di dittatura, di indegnità razzista e ci ha trascinati in una guerra rovinosa. Il lezzo del suo ricordo ha ripreso ad infestare l'aria del bel paese; criminali assassini di civili riceveranno la dignità di combattenti; di nuovo risuona l'uso sinistro e ipocrita della parola patria in bocca a chi siede al governo con un partito che considera l'Italia a sud del Po, un covo di ladri e scansafatiche. Non c'è da stupirsi, chiunque si dichiari uomo della provvidenza ci scaraventa indietro nei tempi bui pre democratici, ci riporta alla condizione di sudditi a cui viene concesso di ricevere le briciole che il buon regnante per grazia di Dio e volontà della nazione si degna di far cadere dalle sue tasche. Moni Ovadia L'UNITA' 26/02/2005 |
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