La
compagnia con la quale metto in scena i miei spettacoli talvolta
mi crea dei grattacapi ma più spesso è fonte di
ammaestramento e di spasso. La compagnia poggia sul pilastro
fondante di un'orchestrina con un numero di musicisti variabile
fra i quattro e i dieci. Tre di loro sono rom, zingari come si
suole dire, vengono dalla Romania. Contrariamente a tutti gli
stereotipi, sono persone affidabili e professionalmente rigorose
e lavorare con loro è un piacere ed un privilegio.
Tuttavia qualche volta si esprimono con i guizzi di quel modo
strampalato e poetico di concepire la vita così
magistralmente raffigurato dal genio di Emir Kusturica. Una volta
Albert, il nostro fisarmonicista, mi raccontò che durante
una tournée, a casa di suo zio Mitika, clarinettista, di
cui era ospite scoppiò una tubatura. Marian il suonatore
di cymbalon di cui è nota l'abilità manuale, anche
lui ospite di Mitika, si offrì di riparare il guasto.
Chiese che gli trovassero qualche arnese adatto e dopo avere
frugato in qualche cassetto, Mitika gli porse un tagliaunghie
chiedendo se potesse andare bene. Quando Albert ci raccontò
questa storia ci sbellicammo dalle risate pensando al disarmante
candore di un grande virtuoso che vive in una realtà
parallela dove i tagliaunghie si possono trasformare in chiavi
inglesi.
Non
ci suscita la stessa reazione la natura zingara del
nostro capo del governo quando millanta di avere fatto miracoli
per risolvere i problemi dell'Italia, un premier che predilige i
salotti televisivi al parlamento della Repubblica e confonde i
suoi desideri con la realtà salvo poi smettere i panni del
gitano non appena si rende conto che le sue parole non sortiscono
quell'unico effetto auspicato ed auspicabile che è la
conservazione e il consolidamento del suo potere. Il tagliaunghie
delle fanfaronate del Cavaliere non arginerà il flusso
delle perdite economiche né di quelle di dignità
che subiamo sin dal primo momento della sua elezione e per
sovramercato non è neppure poeticamente strampalato, è
solo tragicamente grottesco. Il nostro Paese perde continuamente
posizioni nei confronti degli altri paesi sviluppati e viene
declassato dalle grandi agenzie, gli indici della crescita
economica sono allarmanti, i cittadini più deboli vivono
in crescenti e drammatiche difficoltà, in termini di
legalità e di libertà di informazione siamo a
livelli da terzo mondo. Il nuovo millennio si è aperto con
nuove sfide cruciali per il futuro, per esempio la competizione
con i nuovi protagonisti dell'economia globalizzata, come il
colosso cinese e quello indiano che possono contare su enormi
vantaggi dovuti alla dimensione dei loro mercati interni e ai
costi di lavoro ridicoli rispetto ai paesi dell'Occidente. La
sola Cina può contare oltre che sui supersfruttati operai
in attività, su una riserva di forza lavoro fra i
trecentocinquanta e i quattrocento milioni di contadini alla
disperata ricerca di lavoro e, verosimilmente, disposti ad
accettare paghe da pura sopravvivenza. Inoltre il gigante
asiatico è retto da un sistema totalitario con un potere
di forte controllo sociale che rende ancora più efficaci i
già scandalosi vantaggi. Gli Stati Uniti dal canto loro,
con la svalutazione del dollaro rispetto all'euro, cercano di
rifarsi le unghie sulla pelle delle disastrate economie del
Vecchio Continente.
Queste
sfide non si affrontano con il risibile provvedimento dei dazi
come propone la parte più rozza del Polo guidata dal genio
dell'economia Tremonti. L'euforia dell'iperliberismo occidentale
seguita al crollo del cosiddetto socialismo reale sembra volgere
al termine, la recessione mostra i suoi denti aguzzi, la ripresa
non arriva. Appare evidente anche ai non esperti di economia che
la deregulation non fa miracoli nell'economia globalizzata, che
qualcuno i conti li deve pagare e che senza regole forti e
condivise si va alla catastrofe. Quale credibilità ed
autorità può vantare in campo internazionale uno
che sulle regole ci sputa e che si fa fare le leggi a misura dei
propri interessi come dimostra il fatto che gli italiani si
impoverisco sempre più mentre crescono i capelli e lo
smisurato patrimonio di chi li governa? Nessuna! Eh sì
Cavaliere, il cuore è uno zingaro e va. La politica invece
non va, non va proprio.
Moni Ovadia L'UNITA'
20/03/2005
|