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Il Capitalismo del Comunismo |
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La Cina, negli ultimi anni, si è segnalata soprattutto per l'impetuoso sviluppo economico e per le altrettanto impressionanti trasformazioni in ogni ambito del suo grande e popoloso paese, dalle infrastrutture e strutture sul territorio e nei tessuti urbani, all'assetto sociale e al costume. L'occidente dominante ha accettato con nonchalance la singolarità del suo sistema politico costruito sull'ossimoro di capitalismo estremo cucinato nella pentola di un sedicente comunismo. Ciò dimostra che il capitalismo, nella sua fase iperliberista e selvaggia, non ha problemi con la propria deformità "comunista". Era difficilmente prevedibile in un simile clima di idillio del profitto, dominato esclusivamente da potenti dinamiche economiche, l'esplosione rabbiosa di un sentimento anti-giapponese fra i giovani cinesi. Il fulmine a ciel sereno è stato provocato da un casus belli, tutto sommato modesto, come l'adozione, in un esiguo numero di scuole nel paese del Sol Levante, di un manuale scolastico che minimizza gli orrori perpetrati dall'esercito giapponese contro la popolazione civile inerme nel periodo in cui occupò la Cina a partire dal 1937. Le testimonianze inoppugnabili di quelle inenarrabili atrocità sono insopportabili persino alla lettura. La prima reazione del governo giapponese alle manifestazioni degli studenti cinesi che hanno provocato danni agli interessi economici del Giappone è stata quella di minimizzare il significato di quel manuale scolastico e di chiedere indennizzi per i danni materiali provocati dalla violenza delle dimostrazioni. Madornale errore, a mio parere. Il Giappone è una grande nazione, ha pagato un prezzo duro per il suo feroce imperialismo bellico e si merita di meglio per costruire un futuro di eccellenza nel mondo . Dacchè il processo di Norimberga ha sancito a memoria di tutta l'umanità che i crimini di guerra sono tali, che non sono giustificabili con lo stato di belligeranza e che dunque non solo è giusto ma anche necessario giudicarli e condannarli, sottrarsi a questo dovere, ad ogni livello, mina la salute democratica di una società e il futuro di pace e di giustizia dell'intera umanità. La Germania, il paese che ha partorito il nazismo, dopo la fine della guerra, seppur con grande fatica e attraversando dolorose lacerazioni, ha sottoposto a profondo giudizio il proprio passato, questo ha fatto della Germania una delle democrazie più avanzate e più solide del mondo, governata da una classe dirigente pronta ad opporsi alle derive nostalgiche. Purtroppo resiste presso vasti strati delle opinioni pubbliche di molti paesi una mentalità vecchia e miope che ritiene il riconoscimento delle colpe commesse qualcosa di vergognoso e inaccettabile per la dignità nazionale. I politici che rappresentano quella parte della società scelgono la strada di negare l'esistenza di colpe o responsabilità, di omologarle vilmente ad altri mali nella squallida logica del: "chi ha dato ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto ha avuto", o nel migliore dei casi di riconoscerne la realtà, ma di sminuirne con fastidio la portata. Questa forma mentis è davvero dura a morire e poggia su un equivoco fondamentale: che un uomo, una società siano tanto più forti e tranquilli quanto più si raccontano la penosa frottola della propria sostanziale innocenza, bontà e onestà suffragata da dimostrazioni tautologiche. L'autentica qualità di un uomo, di una società o di una nazione si basa invece sulla capacità di guardarsi dentro riconoscendo le proprie fragilità, le colpe commesse e le debolezze di cui sono vittima e complici. Il coraggio di assumerci fino in fondo le nostre responsabilità ci rende migliori e ci consente di entrare in una relazione vitale con gli altri. Lenire le ferite che abbiamo inferto ai nostri simili, prevenirne la suppurazione è nel precipuo interesse della pace. L'aspetto più luminoso dell'eredità di Karol Woityla, è il pellegrinaggio che lui Papa ha compiuto verso gli altri riconoscendo gli errori e i crimini commessi dagli uomini della Chiesa, in nome della Chiesa e dalla Chiesa stessa come istituzione. Quanti fra coloro che oggi si riempiono la bocca con il nome di quel Papa si sono messi in cammino per lo stesso pellegrinaggio? Moni Ovadia L'UNITA' 16/04/2005 |
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