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Moni Ovadia

Leggi di Murphy

Le leggi di Murphy che abbiamo conosciuto grazie a divertenti libretti pubblicati qualche anno fa, ci deliziavano con il loro catastrofismo sotto forma di sentenza orientale. Il carattere assiomatico di quegli inesorabili enunciati, era in qualche misura confortante perché mentre ne ridevamo, scaramanticamente pensavamo che noi saremmo stati l'eccezione alla regola. Non è così. Proprio il nostro povero paese è il campo in cui si è avuta la verifica empirico-sperimentale di due delle più celebri leggi di Murphy:

  1. Se qualcosa può andare male lo farà.

  2. Non c'è nulla che vada così male che non possa andare peggio.

    Proprio oggi, sulla stampa, viene annunciato che l'azienda Italia è tecnicamente in recessione. L'azienda del presidente del consiglio invece ha triplicato il suo patrimonio, malgrado le feste pasquali. Io pregherei i funzionari della televisione “pubblica” - uso questo eufemismo per non essere volgare - di mettere in onda un reality show con un titolo alla Scola o alla Werthmuller: “Le facce di quegli imbecilli che hanno ripetuto: ha fatto bene per sé, farà bene per il paese”. Sarebbe un grande successo tragicomico. Dopo avere incassato questo primo risultato, potrebbero bissare il trionfo mandando in onda la sfilata di coloro che hanno detto e stradetto che non bisogna demonizzare Berlusconi, che il Cavaliere rappresenta il nuovo in politica, che hanno gridato ai quattro venti al grande comunicatore, mentre un bambino con quoziente di intelligenza medio era in grado di capire che il capo degli azzurri è una patacca, un puffo della politica. A costoro dedico un celebre proverbio yiddish: “Dio ama gli stupidi, per questo ne ha creati tanti”.

    Prima della fine della legislatura e della relativa catastrofe, i fessi che giocando con il destino del paese - come se fosse lo show televisivo dello spumeggiante Bonolis - hanno scelto il grande scatolone azzurro pieno di frottole, avranno diritto ad avere, come premio di consolazione, tanti varietà televisivi. Ce ne sarà per tutti. Per gli ammiratori di AN, il partito che avrebbe rotto col passato (quante risate) e del suo leader che parla bene, (il Fini nazionale), adesso gettato in pasto a bassi pettegolezzi dai soliti vermi. Per parlare non c'è che dire parla, cura la propria immagine, è sempre ben pettinato, ma fare, ha solo saputo fare l'apriporta del piazzista di Arcore. Al momento di mostrare gli attributi del politico di razza, ha fatto cilecca rivelandosi per quello che è, tutto chiacchere e distintivo. Il suo partito in compenso è diventato un inquietante ibrido fascio-affarista che è riuscito a far indignare anche l'intrepida Alessandra Mussolini, di cui si può dire quello che si vuole, ma almeno è autentica. Ce ne sarà per i leghisti - che, con i loro proclami da operetta, i loro finti diktat, i loro insulti da sagra della polenta, sono diventati il Bagaglino di loro stessi - e per i centristi, la cui recita meno che parrocchiale, è patetica al punto da ricordare certi lacrimosi film interpretati da Luciano Taioli, con il ministro Buttiglione nella parte del chierichetto. Nell'immediato, per tutti gli ammiratori del polo della libertà, continua ad andare in onda il varietà più strepitoso, quello celebrato in solido dagli esponenti di tutto lo schieramento governativo che, mentre il paese sprofonda, con piglio moschettiere celebrano protervamente, nel salotto del capocomico Bruno Vespa, i grandi successi del governo Berlusconi.

Il centro sinistra intanto trionfa in tutte le contese elettorali. Sarebbe bene non farsi prendere dall'euforia e prima di procedere volgersi indietro con sobrietà a ricordare certi penosi spettacoli offerti negli anni passati in ossequio alla pavidità e all'opportunismo alimentato da insensati complessi di colpa.
Quelle mediocri performances, hanno consentito a Silvio Banana il peracottaro, di conquistare un pericoloso incontrastato potere dai cui guasti il paese si risolleverà solo al prezzo di pesanti costi, soprattutto per i ceti deboli.

Moni Ovadia – L'UNITA' - 14/05/2005


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