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Moni Ovadia

L’Italia declina, non ci sono attenuanti per chi non l’aiuta

Il grande Altan, a mio parere il più acuto e geniale commentatore della nostra società, con una sola vignetta apparsa sulla "La Repubblica" di ieri, ha fotografato lo stato delle cose in Italia ovvero il declino a lungo annunciato di un sistema paese. Il testo messo in bocca ad uno dei suoi leggendari personaggi era questo: "Finale al cardiopalma: si disfa prima il Polo, l'Ulivo o l'Italia?". È dunque lecito parlare di declino sulla base di una sola constatazione: la classe politica si occupa delle proprie beghe ed ignora i problemi dei cittadini e se per caso fa mostra di occuparsene, è solo per il proprio esclusivo tornaconto. Quando questa tendenza, naturale in Italia, non si modera neppure in periodo di grave difficoltà per l'economia, la politica e la società in generale, siamo allo sfascio.

Ora, che questo comportamento si manifesti nelle fila del centro destra che ci "governa", vista e considerata la modalità della sua formazione, è quello che, senza essere indovini, ci si poteva aspettare. Ma che esponenti dell'opposizione, necessariamente informati sui disastri provocati dalla maggioranza in sinergia negativa con l'attuale congiuntura internazionale, si diano, proprio in questo momento a convulsioni identitarie vetero democristiane - peraltro evidenti travestimenti di rigurgito narcisista per la propria carriera- è al di là del bene e del male. C'è qualcuno di quei signori che si renda conto di quello che è stato fatto a noi malcapitati cittadini del Belpaese dalla sequenza rovinosa di craxismo, centrosinistra titubante e incapace di varare leggi rigorose e tsunami berlusconiano? C'è qualcuno di loro che provi un sentimento di pena per i nostri bambini ed i nostri giovani dati in pasto alla metastasi televisiva, che assistono sempre più istupiditi all'ignobile spettacolo della gazzarra a cui si dà, con sbraco di avvinazzati da osteria, la generazione dei padri nei postriboli mediatici? Possibile che non emerga in qualcuno di loro un ripensamento, un cenno di modestia, di ritrosia, un sentimento di vergogna? Nell'attesa di qualche miracolo, credo che tocchi ancora una volta alla società civile riprendere in mano il testimone per farsi carico dei valori irrinunciabili della civiltà democratica. Ciò beninteso non significa cadere nella demagogia da bar dello sport e criminalizzare la classe politica tout court, ma individuare con fermezza in essa, gli uomini che danno prova di rigore e di coerenza per non disperdere le forze con atteggiamenti rinunciatari e depressivi. Guai a lasciarsi andare al questi e quelli per me pari sono. Noi non viviamo nel mondo platonico delle idee, è a partire dal paese reale, pur con i suoi vizi, che deve partire una ripresa concreta. Una nuova vittoria della destra sarebbe catastrofica e qualsiasi comportamento volto a favorirla o a non ostacolarla, sarebbe gravemente colpevole. La sola ed unica possibilità per il centro sinistra di avere senso, passa per l'unità di tutto lo schieramento e, se questo non fosse possibile, per l'unità di quelle forze che scelgono come priorità la sconfitta del centro destra sulla base di un programma chiaro ed alternativo in politica interna come in quella estera. Chi si chiamerà fuori da questa scelta, non potrà più accampare scuse di sorta. Se vogliamo riportare il nostro paese ad un livello di decenza e di dignità, bisognerà espungere dal tessuto della politica la gramigna delle piccinerie di fazione. Con le sfide poste dalla nuova era della globalizzazione, non si può più campare o campicchiare praticando la logica di bottega.
Di questa logica minuscola e meschina oggi si decade e si muore.


Moni Ovadia – L'UNITA' – 28/05/2005


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