Lorrore e
il clamore del terrorismo hanno nuovamente fatto irruzione con
perverso tempismo e strategica scelta dell'obiettivo. Il
sentimento di pietà e di dolore per i morti, l'angoscia
per la sorte dei feriti trovano posto solo nell'intimo dei cuori.
Lo spazio mediatico come sempre è occupato dai discorsi di
circostanza, dalle preoccupazioni autoreferenziali, o dal
vaniloquio dei soliti presenzialisti. Le analisi serie si
conteranno sulla punta delle dita e comunque solo una presa di
distanza consentirà di capire in profondità la
natura del fenomeno. Oggi ritengo più opportuno
riflettere su comportamenti che ammorbano l'atmosfera sociale del
nostro paese e che rischiano di essere «amnistiati»
dalle nebbie della retorica e della strumentalità. Mi
riferisco alle manifestazioni xenofobe della Lega nord ed alle
esternazioni spagnole nei confronti dei gay della seconda carica
dello stato prof. Marcello Pera. Ciò che accomuna quei
comportamenti è il tratto della impressionante volgarità
di espressione, sintomo di un sostanziale disprezzo nei confronti
di «chi non è come noi» (cioè loro ).
Quest'ultima sanguinaria aggressione terrorista di probabile
matrice islamista sarà un ulteriore propellente per le
demagogie localiste e per l'aggressiva retorica delle radici
cristiane depurate dal messaggio dell'amore universale
evangelico. I leghisti, se mai ce l'hanno avuta, hanno
gettato la maschera: il loro linguaggio è quello fascista,
e se solo fosse loro consentito, fascista sarebbe anche il loro
agire. È l'approdo inevitabile di chi nasce cercando negli
altri la responsabilità di tutti i propri mali, è
la sinistra logica di chi vede nello straniero il nemico,
ovviamente solo quando lo straniero è poveraccio, zingaro,
nero, arabo, cinese, quando invece lo straniero è nordico,
cristiano-violento, wasp, invece lo ossequiano, lo salameleccano.
Il politico portavoce di questo superuomo similceltico ha capito
che assumere la rappresentanza delle sue fregole è un
mestiere di scarso impegno, grande divertimento e iper
redditizio. Il grande scrittore serbo Ivo Andric, premio Nobel
per la letteratura, ha scritto: «Il nazionalismo è
un coltello puntato alla schiena dei popoli», e qualcun
altro di cui non mi sovviene il nome ha detto: «Il
nazionalismo è l'ultimo rifugio dei peggiori farabutti».
La trista logica del noi contro gli altri, dei sacri confini,
dei giuramenti minacciosi, del farsi giustizia da sé,
dell'odio per i «devianti» ha partorito le peggiori
stragi di innocenti della storia dell'umanità. Chi ha a
cuore la democrazia e la pace commetterebbe il più tragico
degli errori nel sottovalutare i linguaggi della violenza e
dell'intolleranza. A fortori è allarmante nella bocca di
un alto rappresentante dello Stato, filosofo per sovramercato, la
supponenza con cui si è permesso di definire i diritti
degli omosessuali chiamandoli capricci. Come si permette il
professor Pera di giudicare i sentimenti altrui, i loro rapporti,
che ne sa lui? È il suo nuovo sentire cristiano che lo
legittima a sputare sentenze, è la sua persuasione di
essere «secondo natura e verità» che lo fa
parlare? L'ossessione della pretesa di essere o non essere
secondo natura è stupida e feroce. La schiavitù per
millenni è stata naturale, «homo homini lupus»
è stato naturale, la sudditanza e l'ontologica inferiorità
delle donne è stata dichiarata naturale, l'idea di razza
lo è stata. E che cosa c'è di più
«contro-natura» in questo senso del precetto biblico
«ama il prossimo tuo come te stesso» e del messaggio
evangelico di porgere l'altra guancia, del perdono? Brandendo il
concetto di natura come verità assoluta si sono sterminati
interi popoli. Certe parole sono come pallottole caro
professore, la sua conoscenza della storia recente non le ha
trasmesso questo insegnamento?
Moni Ovadia L'UNITA'
09/07/2005
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