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Moni Ovadia

Le incivili civiltà

L’esercito repubblicano irlandese divenuto celebre con la sigla IRA ha dichiarato la fine della lotta armata. Una notizia storica. Il terrorismo sanguinario, massacratore di innocenti presente nel corpo europeo subisce un’importante sconfitta. La verde Irlanda è stata, insieme alle terre della ex Iugoslavia, teatro di violenze, orrori e spargimento di sangue di donne, vecchi, uomini e bambini fino a ieri. In Eire si sono scannati fra loro cristiani, gli uni cattolici, gli altri orangisti, nella ex Iugoslavia hanno fatto lo stesso, con inaudita ferocia, cristianissimi serbo ortodossi e cattolicissimi croati che hanno trovato come unica ragione di solidarietà l’assassinio dei musulmani bosniaci, i più inermi musulmani del mondo. Abbiamo visto di nuovo uomini con la croce benedire gli stermini, abbiamo sopportato la riabilitazione di un criminale sanguinario travestito da prete come Stepinac, sodale dei torturatori ustascia. In Kossovo i musulmani perseguitati da Milosevic hanno avuto il sostegno degli Stati Uniti, ma una volta girato il vento sono stati massacrati i cristiani ortodossi le loro chiese sono state distrutte e date alle fiamme senza che le profetesse indemoniate se ne accorgessero. Non diversamente accadeva quando gli americani armavano e pagavano i Taliban contro i russi che, pure se comunisti, facevano parte della stessa "civiltà", come dimostra la odierna devozione cristiana dell’ex capo del Kgb Putin, non proprio un povero illuso comunista qualsiasi.

In tutte queste circostanze nessuno ci ha mai parlato di guerra di civiltà, nonostante i fiumi di odio, di violenza e di sangue. Quest’espressione comincia a puzzare di alibi, di slogan, di ideologia. Le catastrofi umanitarie sono provocate dalle logiche del potere che poggiano su visioni del mondo autoreferenziali, sulla percezione di sé come depositari di verità assiomatiche, di diritti sacri, di mistiche della terra o della discendenza. È inutile continuare con la litania della dichiarazioni di circostanza sulla condanna inappellabile del terrorismo. Lo sappiamo da soli che chi versa sangue di innocenti è un criminale: criminale è chi versa benzina sul fuoco dell’odio, lo sono gli imam che invocano la guerra santa, i rabbini fanatici che usano la Torah come se fosse un kalashnikov, lo sono i cristiani fanatici sostenitori di Bush che cercano di provocare lo scontro finale fra gog e magog e chi se ne fotte se muoiono un paio di miliardi di uomini purché torni Gesù trionfante. E chi dalla nostra sponda della civiltà invoca la criminalizzazione di tutto l’Islam, chi scatena sciagurate guerre preventive fornendo ossigeno al terrorismo che dice di volere combattere, chi per tutelare i propri interessi, e solo quelli, dissemina in tutto il mondo le proprie armi salvo poi accusare gli altri di aggressività, come chiameremo costoro se non seminatori di violenza? Quanto sangue ci vorrà ancora per capire che solo la cultura della conoscenza profonda dell’altro e dell’accoglienza può prosciugare la palude dei massacri. Quanti militari statunitensi, inglesi e dei loro "volonterosi" servitori hanno la più pallida idea di cosa realmente sia l’Islam, la sua storia, le sue molteplici correnti, quanti di loro spiccicano qualche parola in arabo almeno per rivolgere un saluto ai cittadini che incontrano, quanti di essi rispettano la specificità e la dignità del popolo iracheno? E immaginiamo cosa accadrebbe se le immani risorse investite nell’avventura militare fossero indirizzate al finanziamento di tutte le possibili forme di incontro e alla diffusione di tutte le culture di pace, solidarietà e conoscenza. Gli effetti positivi sarebbero dirompenti, ma le industrie bellica e del petrolio perderebbero i loro immensi profitti da reinvestire per riprodurre esponenzialmente l’arricchimento dei ricchi e per sostenere le campagne elettorali dei propri mallevadori.

Moni Ovadia – L’UNITA’ – 30/07/2005


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