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Moni Ovadia

Giustizia…verità…pace

L’edificio della spiritualità monoteista si fonda su tre pilastri ricorda il Talmud: la giustizia, la verità, la pace. L'ordine in cui i tre pilastri sono disposti non è casuale ma costitutivo e non può essere cambiata pena la corruzione del processo di edificazione e il conseguente crollo dell'edificio stesso.

La scrittura ebraica ci illustra il perché: "chi fa giustizia fa verità, chi fa verità fa pace". È il fare giustizia che permette di accedere alla verità. Dunque non si da verità senza giustizia.

Il Santo Benedetto è giudice ed è un giudice giusto. L'essere umano secondo l'ethos dei tre monoteismi è tenuto ad emulare l'attributo divino. "Tsedek, tsedek tirdof"( la giustizia, la giustizia perseguirai) raccomanda il Deuteronomio. Il termine giustizia è ripetuto due volte al fine di prevenire il pervertimento dei valori per mezzo di un corpus di leggi impeccabili nella forma, ma inique nel merito. La legislazione della Germania nazista è stato l'esempio più compiuto di tale deriva. I legislatori erano servi di un tiranno e i giudici applicavano leggi criminali con tanto di cappa e tocco, convinti di fare il loro dovere.

Gesù in uno dei momenti più alti della sua predicazione, il discorso della montagna, enuncia le otto beatitudini. Ben due di esse sono dedicate al tema della giustizia: beati i perseguitati per causa di giustizia perché saranno chiamati figli di Dio e beato chi ha sete e fame di giustizia perché sarà saziato. Gesù con la radicalità rivoluzionaria che gli è consueta raccoglie l'eredità ebraica e la rilancia con potente pregnanza. Come acutamente ricorda Gherardo Colombo, i perseguitati per causa di giustizia sono coloro che si battono per fare giustizia e non coloro che vogliono abolirla perché vogliono essere al di sopra di essa.

E la giustizia, chiarisce il magistrato milanese, non è il diritto, la magistratura, gli avvocati, la polizia e la prigione. Ma la capacità/responsabilità di distinguere i comportamenti e le azioni, di costruire libertà, uguaglianza, dignità e solidarietà. Solo così emerge alla luce la differenza fra giusto ed ingiusto, fra vittima e carnefice. Dobbiamo essere affamati ed assetati di giustizia per sentirne il senso profondo, perché essa diventi urgenza quotidiana per le nostre più intime fibre esistenziali.

Il nostro corpo nazionale è ingozzato ed intossicato dal cibo spazzatura della diuturna ingiustizia, si sta assuefacendo e tende sempre più a disconoscere e rifiutare il cibo sano dei comportamenti morali. Questo governo ha devastato ogni idea di diritto degno di questa definizione, ha infangato la Costituzione, ha fatto della democrazia una caricatura, ha trasformato i diritti in privilegi di un club di ricchi, potenti, prepotenti e dei loro squallidi giullari, ha accettato e permesso esternazioni fasciste e xenofobe dando loro piena legittimità, aggirando le leggi e con questo ultimo sconcio in parlamento protegge i malfattori sulla base del censo e delle protezioni politiche inaugurando la più vieta e arrogante giustizia di classe. Le giovani generazioni più fragili in una situazione così degradata saranno legittimate a ritenere l'arbitrio dei forti un valore di riferimento e a comportarsi di conseguenza.

A costo di sembrare ossessivo ricorderò che alla gang criminale di Hitler, una volta preso il potere, bastarono sei anni per trasformare la civile e colta Germania in una nazione di carnefici. E' ora di prendere sul serio la questione e prepararsi ad un lungo e doloroso lavoro di rimozione chirurgica di questa metastasi che appesta il nostro vivere civile se non vogliamo ritrovarci a vedere concretamente i furfanti sullo scranno del giudice ei giudici sul banco degli imputati.

Nell’attesa suggerisco ai delinquenti africani, arabi, orientali e di altre provenienze extraeuropee di ricusare i loro giudici accusandoli di pregiudiziali razziste o peggio, di odio xenofobo a priori, così almeno l’ingiustizia sarà uguale per tutti.

Moni Ovadia – L’UNITA’ - 23/07/2005


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