Un
curioso aneddoto khassidico racconta che nell'epoca della
compilazione del Talmud babilonese un gruppo di dieci maestri
aveva deciso di mettere in discussione l'esistenza di Dio. Non
c'è nulla di blasfemo in una simile indagine, l'ebraismo
non prevede dogmi. Il confronto fra i sostenitori delle opposte
tesi era durato a lungo. Tutte le argomentazioni erano
appassionate e di grande acume intellettuale. Dopo settimane di
discussione, come era consuetudine, i maestri avevano messo la
questione ai voti e quella volta a maggioranza avevano deciso che
il Santo Benedetto non esisteva. Proprio nel momento del voto, il
sole cominciava a volgere al tramonto e uno dei maestri sollecitò
i suoi colleghi: presto rabbini è ora di pregare
arvit! (la preghiera vespertina) - un altro dei maestri
obiettò - ma di cosa farnetichi? Abbiamo appena deciso che
Dio non c'è!. E con questo?- replicò
stupefatto il primo maestro- forse vuoi dire che noi non siamo
più ebrei?. Questo formidabile raccontino ci
stimola a riflettere su alcuni nodi cruciali della nostra
esistenza: 1) Il diritto di chi è stato messo in minoranza
a rivendicare comunque la propria identità spirituale fino
al paradosso. 2) La fede è problema umano, non divino. Il
credere e il non credere attengono alla sfera della libertà
umana perché l'essere umano è stato creato libero
proprio secondo il pensiero monoteista. I maestri dicono: di
tutto può decidere il Santo Benedetto tranne che sulla
fede dell'uomo per Dio. L'uomo risponde alla propria coscienza.
Ma ciò su cui vorrei soffermarmi oggi, è il
sentimento della condizione di minoranza. Tutti i grandi pensieri
rivoluzionari nascono minoritari e ribelli. Il monoteismo si
sviluppò in opposizione a tutto il pensiero mitico
dominante all'epoca della sua germinazione. L'ebraismo lanciò
con una rivoluzione dal basso la sfida alla più grande
potenza del tempo, l'Egitto del dio in terra, il faraone, con le
sole forze della minoranza di una minoranza di schiavi. Solo un
quinto del popolo ebraico seguì Mosè nel deserto
per costruire una legge di giustizia nella libertà. E
quando l'intero popolo del deserto preso dallo scoramento regredì
all'abominio dell'idolatria, il progetto fu salvato dalla più
esigua delle minoranze immaginabili: un uomo solo. Mosè si
caricò sulle spalle il cammino della libertà perché
era l'unico ad avere conservato la dignità dell'essere
umano non schiavo, mentre tutti gli altri, suo fratello Aronne
compreso, idolatravano un vitello d'oro. Non dissimile da quello
ebraico fu all'origine il cammino del cristianesimo, lo scandalo
della minoranza di un solo uomo che parla di amore e perdono in
una società schiavista, militarista e imperialista. Così
hanno mosso i loro primi passi tutti i movimenti che hanno
richiamato l'uomo a se stesso. Alcuni anni orsono fui
invitato ad un confronto pubblico con un professore di teatro
dell'Università Cattolica di Milano, un vecchio amico, a
Bergamo alta. Lui da cattolico generosamente mi chiese quale
fosse, secondo me, il problema dei cattolici. Lì per lì
risposi che il vero problema dei cattolici in Italia, a mio
parere, è la condizione di maggioranza in cui si trovano
da troppo tempo, poi soggiunsi: dove siete minoranza non
avete problemi e non ci sono problemi con voi. Come ebreo
so sulla mia pelle quali siano i problemi dell'essere minoranza.
Ma come gli altri esseri umani anche gli ebrei quando si trovano
in condizione di maggioranza (vedi lo Stato di Israele) spesso
ricadono nell'errore luciferino di tutte le maggioranze:
l'autoreferenzialità. Nella mia attività di
girovago ho cantato la voce di sfruttati, perseguitati,
discriminati, poveri, esiliati, migranti, paria di ogni sorta e
un tempo avevo in repertorio, fra lo stupore di tutti quelli che
mi conoscevano come comunista libertario, una canzone di protesta
dei cristeros. I cristeros furono un movimento insurrezionale
cattolico che si oppose alla laicizzazione coatta nel Messico del
presidente Plutarco Elìas Calles negli anni fra il 1926 e
il 1929. I cristeros perseguitati cantavano: io voglio
sposarmi per la chiesa e per lo stato. Io risuonavo con la
loro rivendicazione di libertà religiosa cantando le loro
canzoni. Non sono anticlericale e conto fra i cattolici molti
amici, anche sacerdoti, e fra loro alcune delle persone che più
stimo. Per questo vorrei ricordare che la luce della spiritualità
non alberga nelle case della prepotenza maggioritaria, i
cristeros, fra gli altri, lo testimoniarono.
Moni Ovaia LUNITA
14/10/2005
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