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Moni Ovadia

L’Occidente dei cialtroni

Il sole sfolgorante della Grecia volgeva al tramonto un giorno di venticinque secoli fa. Quel giorno, i primi cittadini del mondo a chiamare e a fondare la prima forma di democrazia, si avviavano verso un luogo deputato che in seguito l’umanità intera avrebbe conosciuto come teatro. In quello spazio venivano a conoscere e a conoscersi. Un intero popolo sperimentava una forma di psicoanalisi collettiva a cielo aperto. La rappresentazione a cui gli spettatori assistevano, coniugava mito e storia nella sublime forma poetica della tragedia e permetteva loro di accedere ad una bildung identitaria: la grecità. Il teatro greco sintesi contraddittoria e geniale di apollineo e dionisiaco - come intuì Nietzsche nel suo memorabile saggio “La nascita della tragedia” -, è stato uno dei pilastri di tutto l’Occidente e continua ad esserlo. Da quel momento, il teatro tout court, ha dato un contributo imprescindibile alla costituzione della nostra identità e della nostra cultura, dimostrazione ne è il conferimento del Nobel per la Lettratura al drammaturgo Harold Pinter.
Il nome di Shakespeare, il genio che ha “inventato l’uomo moderno” secondo l’affermazione del grande critico Harold Bloom, apodittica e purtuttavia condivisibile, basterebbe da solo a legittimare la necessità di fare del teatro e di tutte le arti della rappresentazione un fondamento delle nostre società. L’Italia ha fra i suoi tesori più preziosi, paradigma di grandezza e di unicità che tutto il mondo ci invidia e da cui trae ammaestramento, la commedia dell’arte e il melodramma. Queste cose sono universalmente note. Non ai nostri governanti. Questi sedicenti difensori dei valori dell’Occidente, con una legge finanziaria schifosa tentano di vibrare un colpo mortale a tutto ciò che è cultura, bellezza, civiltà, democrazia, diritto al sapere e all’arte. L’Occidente senza la propria cultura, senza i valori della socialità, senza luoghi di elaborazione del pensiero e delle emozioni, è solo il topos del danaro con tutte le sue aberrazioni. L’ideologia del liberismo selvaggio con la sua crudeltà e le sue forme di sopraffazione dei poveri e dei deboli, è una forma di terrorismo in sé e ha l’effetto di fornire pretesti e legittimazioni al terrorismo feroce e sanguinario dei kamikaze. Il nostro governucolo abitato da cortigiani e avventuristi avvitati sugli interessi del padrone dei media la cui idea di cultura si riflette catarro di volgarità e di idiozia che fuoriesce dalle sue televisioni e da quelle che controlla, (fatte salve le rarissime e sempre più lodevoli eccezioni) manifesta nei confronti della cultura e delle arti vive lo stesso disprezzo che avevano i nazifascisti, solo i mezzi sono diversi ma i fini sono uguali: colpire con lo strumento finanziario, l’indipendenza del pensiero e la formazione delle coscienze, patrimonio vero e autentico della Weltanschauung occidentale. Il provvedimento di sottrazione di oltre il 30% delle risorse al Fus (Fondo Unitario per lo Spettacolo) è di natura puramente demagogica, perché le risorse liberate dal taglio, al deficit dello Stato non gli fanno neppure il solletico sotto le ascelle. Probabilmente serviranno solo a finanziare i clientes degli uomini del centro destra nel disperato tentativo di restare al governo per la prossima legislatura e fare dell’Italia un paese in via di sottosviluppo. Quel taglio, in compenso porterà via lavoro a più di cinquantamila esseri umani che non godono neppure del meccanismo degli ammortizzatori sociali. Non sono i grandi nomi noti al pubblico, sono i lavoratori del settore: macchinisti, attrezzisti, elettricisti, fonici, datori luce, autisti, facchini, impiegati, camionisti, attori, musicisti, danzatori, impresari, manager, insegnanti delle scuole d’arte drammatica etc. Il loro lavoro forma e ha formato anche i beniamini del grande pubblico come Luca Zingaretti, Roberto Benigni, Antonio Albanese, Sabrina Ferilli, Gigi Proietti, solo per nominare i più noti. Contrastare l’ignobile provvedimento di demolizione del patrimonio delle arti vive e il miserabile governo che lo vuole non ha nulla a che vedere con l’essere di destra o di sinistra, è un atto di civiltà per difendere ciò che abbiamo di più prezioso.


Moni Ovadia – L’UNITA’ – 15/10/2005


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