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Moni Ovadia

Piccole storie d'Italia

L’Italia odierna, quella profonda, con le sue devastazioni, è rappresentata meglio da piccole storie individuali che dal sempre più insensato starnazzare televisivo. Ho ascoltato una di queste vicende personali che assurgono a ruolo di paradigma dalla voce pacata di un conoscente, uno dei tanti italiani civili e democratici che sopportano vessazioni sistematiche da un sistema paese ricolmo di iniquità.
Questo conoscente mi ha raccontato di una causa in cui è coinvolto da tredici anni circa. Sua suocera era proprietaria di una casa, un piano della quale era abitato, a titolo gratuito, da una lontana parente. Questa parente, passati un certo numero anni, con l’aiuto di un notaio complice, dichiarando deceduta da vent’anni la legittima proprietaria, è riuscita ad ottenere il riconoscimento della proprietà della porzione da lei occupata, millantando il diritto di usucapione. Ora, malgrado la legittima proprietaria non fosse deceduta all’epoca dei fatti e sia tuttora viva e vegeta, malgrado l’evidenza palmare della vicenda, le lungaggini di una giustizia ingiusta fanno sì che, a più di dieci anni dall’inizio della causa, i legittimi proprietari non riescano a riottenere la titolarità di ciò che spetta loro oltre che per diritto, per semplice buon senso. Le odissee giudiziarie di questo tipo, sono a decine di migliaia nel nostro paese, ma questa in particolare, sembrerebbe avere avuto luogo in una Satrapia più che in un moderno stato democratico e denuncia in sé il disfacimento dei minimi principi di equità. Se confrontiamo questa storia con le leggi ad personam volute dal padrone di questo Governo e votate dai suoi dipendenti, se la mettiamo in relazione con il sistematico attacco portato contro la magistratura e la furiosa delegittimazione dei giudici che sostengono che la legge uguale per tutti, appare evidente che in Italia il cittadino onesto, rispettoso delle leggi e che crede nella democrazia, è alla mercè dell’arbitrio di mascalzoni, di furbi, di evasori, di truffatori, di potenti e di ricchi che possono permettersi avvocati di “talento”. I detrattori del nostro giornale, diranno immediatamente che queste sono solo le solite calunnie di comunisti crudeli, di rossi intossicati dall’odio di classe. È pur vero che il Napoleone di Arcore dipinge il nostro Paese come la roccaforte del bolscevismo mondiale, ma ingenuamente confidiamo che non voglia annoverare fra i cosacchi bolscevichi anche il direttore del “Corriere della Sera” Paolo Mieli perché è proprio lui, in un raggelante fondo di alcuni giorni fa, a descrivere il declino del Belpaese attraverso i giudizi spietati di alcune agenzie che riportano una serie di indicatori impressionanti. Tra le fonti citate, la Golden Sachs che ci definisce unicamente fornitori di cibo e pallone. Ma il dato più severo riguarda la classifica del tempo necessario ad un’azienda per recuperare i propri crediti: in Russia, il tempo medio è 330 giorni, in Brasile, 465, in Italia (sesta potenza economica mondiale, membro del salotto buono dei Grandi grazie alle amicizie del nostro premier) ci vogliono 1.390 giorni! Questi sono i brillanti risultati del «contratto con gli italiani». La devastazione di ogni regola civile in un paese che era già messo piuttosto male. E se la dolorosa verità è disfattista, accettiamo responsabilmente il ruolo di disfattisti.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 25/02/2006


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