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Moni Ovadia

Miopia e lungimiranza

Il messia di Arcore ha indossato la giubba stelle e strisce ed è andato a farsi dare l’obolo elettorale “dall’imperatore democratico”. Dopo avere compiuto da noi i miracoli di trasformare il vino in acqua, di togliere ai poveri per dare ai ricchi e di moltiplicare i pani e i pesci del suo forziere, è andato a tenere il suo discorsetto della montagna ai congressman statunitensi, i quali, pur di beccarsi i voti dell’elettorato di origine italiana, si produrrebbero in una standing ovation per qualsiasi babbeo che celebrasse la superiorità dell’America sull’Europa a prescindere e magari terminasse la sua performance con un “God bless America” autentico come i Rolex che ti vendono i pataccari nei parcheggi delle autostrade. Gli apostoli a pagamento del Nazareno brianzolo, si affannano a parlare di prestigio internazionale riacquistato, mentre il mondo ride di noi e il Cavaliere infanga il prestigio di quell'Europa che rappresenta il nostro futuro. Del resto, lui vive nel passato di un anticomunismo viscerale da repubblica delle banane in compagnia dei rimasugli del nazifascismo strapaesano. Una sindrome da scontro fra bene e male che, in misura più o meno patologica, più o meno grottesca, contagia molti nella destra nazionale. La miopia politica travestita da realismo democratico, iperbolica e ridicola nell'”americano de Arcore”, è assai diffusa in varie forme fra i neocon sparsi in giro per l'Occidente, in particolare riguardo alla guerra preventiva in Iraq e alla politica mediorientale dell’amministrazione Usa in generale. Non li scalfiscono neppure i ripensamenti di un guru di calibro come Francis Fukuyama (ma lui è uno studioso, non un predicatore da “Porta a porta”).
Questa visione di corto respiro, può avere effetti deflagranti in un punto del delicato scacchiere mediorientale come quello israelo-palestinese. L’esportazione della democrazia, pilastro di un edificio costruito su menzogne o mezze verità, ha rivelato il suo carattere chimerico e ha contestualmente smascherato lo spirito truffaldino degli esportatori. Le elezioni palestinesi sono state pienamente democratiche e quella di Hamas è stata una vittoria democratica. Ma Hamas è, secondo l’amministrazione Bush e il governo Olmert, solo un’organizzazione terroristica che dichiara di non volere riconoscere lo Stato d’Israele, quindi è indispensabile smontare il risultato democratico strozzando finanziariamente l’autorità palestinese e tornando alla logica degli omicidi mirati, delle rappresaglie. Un bell’esempio di coerenza. Una concezione della democrazia davvero illuminata: democrazia a ponderazione soggettiva del più forte, devastante sul piano simbolico ed esiziale su quello della credibilità.
Miope! Così fu il sostegno segreto israeliano ad Hamas quando era alle sue origini, motivato con il “buon senso” della realpolitik che mirava ad indebolire Arafat e Fatah. Miope! Non dissimile fu il tamburo battente della propaganda che faceva di Arafat la fonte di tutti i mali. Miope! Nel luciferino meccanismo di una coazione a ripetere, si colloca altresì il rifiuto di liberare dal carcere Marwan Barguti, l’unico palestinese laico in grado di contrastare il travolgente successo di Hamas. Miope! In controtendenza con questa caparbia tendenza a scendere la china, Amir Peretz, neoleader dei laburisti israeliani, mentre i leader di Hamas sono a Mosca e la Russia si prepara a diventare interlocutore di primo piano sulla questione mediorientale, sceglie di incontrare il presidente palestinese Abu Mazen. Lungimirante! L'epoca dell’unilateralismo economico-militare statunitense, ha cominciato a volgere al tramonto dopo le manovre militari congiunte russo-cinesi. Israele non può basare il suo futuro affidandosi ad uno Sharon dimezzato privo del suo carisma come Olmert, Israele ha grande bisogno di un’Europa autorevole e di un suo Nelson Mandela che lo guidi ad una vera pace coi palestinesi. I teorici della realpolitik basata sulla forza e sull’amico americano, hanno la supponenza di ritenersi nel giusto per principio perché vivono solo e sempre nel presente ma con il trascorrere degli eventi finiscono con il rivelarsi ottusi perché non sanno più progettare il futuro.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 04/03/2006


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