La polemica diretta
non mi appassiona. Essa è il più delle volte fine a
se stessa e di questi tempi prende spesso la forma della gazzarra
televisiva. Le preferisco il confronto di idee argomentato. Ma in
questi giorni non ho potuto sottrarmi ad avviare io stesso una
polemica con gli esponenti della Comunità Ebraica Italiana
che, in occasione delle prossime elezioni amministrative, hanno
scelto di candidarsi con la destra che vede nelle sue file la
presenza di partiti di ispirazione nazifascista. Le
spiegazioni di questa scelta di campo sono sbalorditive: «La
Moratti ha detto che non conteranno niente», Non si sa se
classificarle nella categoria dell'assurdo o del ridicolo. Ma le
vere ragioni sono altre. Diversi ebrei, soprattutto tra quelli
attivi nelle istituzioni ebraiche ufficiali, si orientano
politicamente sulla base di un solo parametro che ha assunto un
carattere totemico: la relazione di ogni uomo politico e dello
schieramento che rappresenta con la politica del governo in
carica dello Stato d'Israele, purché quel governo sia di
loro gradimento. Questo tipo di ebreo, innalza geremiadi al cielo
e accusa di antisemitismo chiunque identifichi governo di Israele
con Stato di Israele ma è talmente obnubilato da non
accorgersi che è il primo sponsor e ideologo di
quell'identificazione. Chi come me sostiene che, Ebrei, popolo
israeliano, Stato d'Israele e governo israeliano siano realtà
diverse, che democrazia significhi libertà di critica
politica, sociale e morale e che l'ebraismo sia ben altro che il
governo israeliano, è stato riempito di insulti e di
minacce, in Italia come in altre parti dell'Occidente. È
doloroso constatare che cedendo al peso delle pressioni subite a
causa dell'apprensione per le sorti di Israele, le minacce alla
sua esistenza, le devastazioni del terrorismo sugli innocenti,
una parte degli ebrei della diaspora ha progressivamente ceduto
alla mentalità reazionaria che legittima l'ideologia di
sinistra memoria nazista ein Folk, ein Reich, ein Land, un
popolo, un governo, una terra. Questa mentalità trascina
con sé la logica perversa del chi non è con me è
contro di me. Dunque amico è solo chi ti approva
fideisticamente, le sue credenziali non contano più. Ci si
può disinvoltamente alleare con fascisti, xenofobi ed
eletta compagnia di populisti, revisionisti e garbati
seminegazionisti. La coscienza, quel tipo di ebreo se la mette a
posto attraverso uno scambio simbolico con i «crimini»
della sinistra. Ma in Europa c'è uno spartiacque,
almeno nelle democrazie mature: è l'Antifascismo. Esso non
è un vecchio armamentario per nostalgici, è
l'essenza stessa della democrazia ed è la pietra angolare
su cui sono state edificate le società dei diritti, della
libertà e dell'ugualianza ma è anche il movimento
che ha posto fine allo sterminio degli ebrei, che ha permesso
allo Stato di Israele di nascere. Il cedimento anche simbolico
agli eredi mai pentiti del fascismo, è inaccettabile e non
negoziabile con colpe, vere o presunte, di altri. L'ebraismo
stesso non può essere svenduto ad un idolo nazionalista
pena la sua regressione al tribalismo. L'ebreo risponde alla
propria coscienza e ai valori della Torah, non al governo di
Israele. L'ebreo italiano democratico si riconosce nella
Costituzione Repubblicana che è ineludibilmente
antifascista e non vincolata alle politiche, buone o cattive di
questo o quel governo israeliano, ma solo ai valori nazionali ed
universali della democrazia. Questo è il minimo comune
denominatore che motiva l'appartenenza ad una sola comunità
ebraica nel nostro Paese. Se viene meno, a mio parere, non ha più
senso riconoscersi in una stessa istituzione comunitaria e non è
uno scandalo pensare a più comunità che possano in
seguito confederarsi per la gestione delle questioni
specificamente ebraiche. Naturalmente ho la piena consapevolezza
di fare parte di un'esigua minoranza, ma proprio come ebreo, di
questa condizione sono profondamente fiero.
Moni Ovadia L'UNITA'
27/05/2006
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