Io, Moni Ovadia,
cittadino italiano, ebreo ed antifascista, propongo di intitolare
una via o una piazza importante della mia città, Milano,
al tiranno fascista Benito Mussolini, con in calce gli attributi:
Statista e Duce. È uno scherzo? Un attacco precoce di
arteriosclerosi o di demenza senile? Non proprio. È una
provocazione di intento bipartisan. Questi sono i fatti che mi
inducono alla proposta stravagante: Vittorio Sgarbi, assessore
alla Cultura del Comune di Milano nella giunta di centro-destra
presieduta dal Sindaco signora Letizia Moratti, ha chiesto di
intitolare una via della capitale lombarda ad un suo grande
sindaco, Aldo Aniasi, esponente di spicco del Partito Socialista
e leggendario capo partigiano con il nome di battaglia di Iso.
La proposta è prova di sensibilità e rispetto
nei confronti di quella Milano che vanta un luminoso passato e
presente antifascista e che ha avuto nei socialisti la forza
propulsiva del suo successo e della sua storia di città
solidale prima che il Psi fosse trascinato nel fango da una
brutta vicenda di corruzioni e di derive del potere. Tutti i
democratici della nostra metropoli lo sanno. Ma i fascisti no!
Loro non vogliono saperlo. E dove sono i fascisti? A parte i
gruppuscoli dell'estrema destra e gli adepti della Mussolini,
nipote della buonanima, sono almeno la metà dei politici
di An. Certo, pubblicamente giocano goffamente il ruolo di una
destra moderna e democratica, vogliono persino entrare nel gruppo
europeo dei popolari che, per il momento comunque non ce li
vogliono, ma nelle viscere e nel cuore vibrano ancora per il
fascio littorio, per il saluto romano e per la gloriosa memoria
di una lugubre e ridicola dittatura vigliacca e infame alleata
organica e compiaciuta dei nazisti. Uno dei capofila dei
fascisti di An è il simpaticissimo Ignazio La Russa,
coccolo dei migliori salotti televisivi che, nell'imitazione di
se stesso, è persino più bravo del pur grande
Fiorello. Egli è insorto contro la proposta dell'assessore
Sgarbi affermando che Aniasi fu di parte, ebbe cioè la
gravissima colpa di combattere il nazifascismo. La Russa ha anche
minacciato di fare intitolare una via a Giorgio Almirante, magari
con la specifica, «Fucilatore di partigiani». Mi
permetto di suggerire al ferrigno avvocato e politico di non
accontentarsi e nel nome di una sana memoria condivisa, di
imporre a significativi siti urbani, i nomi dei grandi della
destra con gli attributi, primo fra tutti il Duce. Prima una
piazza, poi non ci starebbe male un Largo Adolf Hitler, un Corso
Patto d'Acciaio, magari un parco intitolato ai Ragazzi di Salò,
e perché no un Viale X Mas con in calce la specifica
«Rastrellatori di ebrei e civili» e via di questo
passo con Vicolo Me Ne Frego! I pareggiatori fascisti potrebbero
chiedere anche una cerimonia ufficiale nella trasmissione «Porta
a Porta» condotta dallo specchiato professionista Bruno
Vespa con la presenza di qualche storico amateur depositario
della verità assoluta. Il celebre conduttore, per
l'occasione, potrebbe fare un'eccezione e rinunciare alla sua
bella sigla col tema di «Via col Vento» a favore di
un medley di Giovinezza, Faccetta Nera e Tripoli Bel Suol
d'Amore. Non siamo arrivati a questo, ma poco ci manca e ci
arriveremo se non verrà fermato questo schifo: lo sfregio
sistematico e deliberato che viene fatto da molti esponenti del
centro destra alla Costituzione Repubblicana uscita dalla
Resistenza e promulgata da una costituente antifascista.
Sottovalutare il consapevole e programmato lavoro di erosione ai
danni delle fondamenta della nostra democrazia svolto con
puntiglio dai semprefascisti di una destra cialtrona, è
colpevole e miope. Valga a titolo di monito questa
riflessione di Bertolt Brecht tratta dalle storie del signor
Keuner: «Quando il presidente del Reich aveva già
compiuto la terza violazione della Costituzione, molti
socialdemocratici di nascosto si misero in guardia reciprocamente
dal parlarne. Non ne parlate, dicevano timorosi, altrimenti ogni
riserva davanti alla rottura della Costituzione verrà
definitivamente superata. Se infatti il popolo, oppure il
presidente del Reich, venissero a sapere che la Costituzione è
già stata violata, non servirebbe più alcun monito.
Così invece noi possiamo ancora mettere in guardia
dall'infrangere la Costituzione. Pensando così essi, col
sudore della fronte, sostennero, ad ogni successiva violazione
della Costituzione, che questa non era tale. In questo modo
quando la Costituzione non esistette più, violazioni
costituzionali non erano comunque ancora avvenute».
Moni Ovadia L'UNITA'
02/12/2006
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