Quando cinque anni fa
Furio Colombo mi chiese di collaborare con l'Unità,
accettai con entusiasmo e con la consapevolezza di ricevere il
privilegio di una responsabilità. Questa testata storica
fondata da Antonio Gramsci, è stata punto di riferimento
negli anni della clandestinità antifascista, guida
nell'epopea della Resistenza e imprescindibile organo di
informazione, dibattito e cultura nella creazione e nello
sviluppo della difficile democrazia italiana. Negli anni
vergognosi del berlusconismo, l'Unità è stata
baluardo di civiltà, di autentica opposizione e di
vibrante testimonianza etica e politica contro la deriva
caudillista del nostro sistema democratico. Contro il nostro
giornale sono stati mobilitati tutti i cortigiani del padrone
che, bava alla bocca, hanno lanciato contro l'Unità, i
suoi direttori e i collaboratori, le accuse più false e
più infamanti in una campagna di stampo fascista ordita
per criminalizzare chi non poteva essere né comprato con
promesse e prebende, né ammansito con blandizie, né
intimidito con minacce. In questi giorni l'Unità, con
un grande editoriale del suo direttore Antonio Padellaro
programmaticamente intitolato «Perché?», ci
richiama al dovere dell'indignazione e della rivolta civile
contro una destra arrogante, intollerante ed aggressiva che, per
nulla ammaestrata dalla sconfitta elettorale né tanto meno
ricondotta ad un minimo di modestia dai risultati disastrosi
della sua azione di governo, si comporta come se fosse la padrona
del paese in attesa di ritornare in possesso della casa Italia,
dando l'ennesima prova di avere scarsa dimestichezza con il senso
dell'idea di alternanza democratica. È ora di dire basta e
di contrastare con fermezza il profluvio di volgarità, di
menzogne, di manipolazioni senza le quali la sedicente Casa delle
libertà, messa in liquidazione dal suo ex inquilino
Pierferdinando Casini, non riesce neppure ad esprimersi. Il Paese
è stato inquinato dal linguaggio della destra, dal suo
sconcio revisionismo che mira a riabilitare il crimine fascista,
dal suo incitamento alla disonestà, alla furbizia,
all'evasione fiscale. Questa destra ha fatto di tutto per
scardinare il sistema giustizia piegando le leggi alle necessità
del suo capo e padrone, aggredendo e criminalizzando
sistematicamente i giudici per difendere corrotti, collusi,
potenti. Il governo Berlusconi e i suoi sodali, hanno trascinato
l'Italia in una guerra illegale, bugiarda, fallimentare, dai
risultati devastanti e sanguinari per ammissione stessa di molti
che l'hanno voluta e di una commissione bipartisan nominata dalle
autorità statunitensi. Ma, non paghi di avere imboccato
una strada ignobile, hanno vomitato sugli oppositori democratici
a questo scempio, insulti e calunnie di ogni tipo: dal disco
rotto dell«antiamericano», all'infamante «amico
dei terroristi». Questi guerrafondai per servilismo che
pretendono di promuovere missioni di pace, non hanno limiti alla
loro impudenza e si sono dati ad un violento linciaggio mediatico
di Oliviero Diliberto, un galantuomo e un politico responsabile,
solo perché ad una manifestazione promossa dal suo
partito, un gruppetto di fanatici si è lasciato andare al
solito repertorio di feticci e di slogan macabri. I cdiellini,
loro invece, sono personcine per bene e fanno alleanze con la
peggior risma di nazifascisti che alle loro manifestazioni
esibiscono i nobili simboli che inneggiano al
razzismo, all'antisemitismo e allo sterminio. Questi sono i
galantuomini che ad ogni piè sospinto si riempiono la
bocca con la parola patria, sorvolando sul piccolo dettaglio che
proprio nella nostra patria è proibita per legge ogni
apologia del fascismo, ma questi democratici della cialtroneria
se ne fottono delle leggi che non si sono fatte a misura della
loro bottega. Contrastare in ogni ambito la sottocultura fognaria
di certa destra, soprattutto in televisione dove dilaga anche
grazie all'indifferenza e/o alla convenienza di conduttori poco
reattivi, è un dovere verso la parte più esposta
della società come le nuove generazioni, o coloro che non
arrivano ad accedere ad una formazione che li protegga ed è
anche un debito di decenza nei confronti dei vecchi antifascisti
e dei partigiani che si sono sacrificati ed hanno sofferto perché
gli italiani fossero liberi e tutelati dai diritti. Tutti gli
italiani, persino Tremonti, Gasparri e Bossi.
Moni
Ovadia L'UNITA' 09/12/2006
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