| BIBLIOTECA | | EDICOLA | | TEATRO | | CINEMA | | IL MUSEO | | Il BAR DI MOE | | LA CASA DELLA MUSICA | | LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
|
LA STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | | | NOSTRI LUOGHI | | ARSENALE | | L'OSTERIA | |
LA GATTERIA |
| IL PORTO DEI RAGAZZI |

altri scritti di Ovadia

EDICOLA
Moni Ovadia
L'UNITA' – 08/06/2002

Il buon padre e l'oppositore narcisista


Il crepuscolo del “socialismo” reale creò fenomeni bizzarri profondamente rivelatori della fragile natura umana: il Poup, il corrispondente polacco dei partiti comunisti dell'Est, premuto dalla travolgente avanzata di Solidarnosc e dell'opposizione in generale, cercò di raccogliere a sé tutte le forze disponibili nel paese. Richiamò alla militanza anche un mio conoscente, un ingegnere ebreo, militante comunista di ferro dall'età della ragione, che il partito stesso aveva espulso nel '68 in quanto ebreo durante l'ultima vergognosa campagna antisemita scatenata in Europa, promossa dall'allora primo segretario Gomulka. L'ingegnere in questione, ligio alla disciplina di partito, accettò ponendo una sola condizione ai suoi ex-compagni:Io rientro nel partito a patto che voi rendiate nota la vera ragione per la quale mi avete espulso”. La risposta fu negativa. Preferirono lo scioglimento del partito. Mi sono rammemorato di questo episodio per un piccolo incidente di percorso che mi è capitato e che, apparentemente, non ha nulla a che fare con quella storia. Il Festival del '900 di Palermo di cui sono tuttora direttore artistico ( non posso pronunciare questa mia qualifica senza sentire nel petto un risolino di autosarcasmo) è stato cancellato dopo sei anni di prestigiosa attività soprattutto nei cinque progettati dal suo primo direttore e fondatore, Roberto Andò, con una delibera del consiglio comunale. Personalmente non ho ricevuto alcuna comunicazione al riguardo. Nessun organo di stampa né regionale né nazionale mi ha chiesto commenti al proposito.
Giornali isolani hanno sempre seguito con grande generosità e molta attenzione l'attività del festival e capisco che in questa circostanza non vogliano scialare tempo e pagine. Quelli nazionali francamente mi dedicano anche troppo spazio, pertanto non ho ritenuto opportuno sollecitarli. Del resto, questo è un fatto di ordinaria volgarità e disprezzo per la cultura frequente nel nostro paese. Quanto a me sapevo già poche settimane dopo aver ricevuto l'incarico, quale sarebbe stato il destino del festival e, con un terzo del budget a disposizione, ho cercato di onorare l'impegno e di salvaguardare il lavoro dei dipendenti ed i collaboratori. Tanto mi basta.
Lo sgarro fatto a un saltimbanco, è da considerarsi fisiologico per un governo come questo ma non posso impedirmi di sentirne amplificato il significato simbolico nel clima di mediocre litigiosità che di nuovo si impadronisce della nostra già fragile e sgangherata opposizione. Mentre il nostro papà presidente e padrone con una adamantina coerenza persegue i suoi scopi di aziendalizzare il paese e salvarlo dai comunisti – i quali tutt'ora dominano i media in particolare i Mediaset- e mentre a ragione celebra il proprio fulgido destino di unto con kermesse internazionali e promesse di opere faraoniche inebriando gli italiani sempre più avidi di immagine strampalate purché vicarie di una realtà e verità con le quali non si vogliono fare i conti, la nostra opposizione bisticcia come si fa in un condominio. Il discusso leader di ciò che resta dell'Ulivo attacca su un tema cruciale come i diritti sul lavoro, il segretario generale della Cgil, l'unico autentico riformista di opposizione. Si avalla così la calunnia che certi esponenti del centro destra cercano di costruire di un Sergio Cofferati estremista e kamikaze, proprio lui che è stato l'artefice della concertazione. Tutto questo perché sa mobilitare il popolo della sinistra e perché si rifiuta di svendere conquiste sociali, civili ed etiche conquistate in un secolo a prezzo di dure lotte, di sacrifici e di vent'anni di brutale dittatura fascista. Io, per disciplina, continuo ancora a sostenere e votare per “l'Ulivo”. Dopo la eventuale dissoluzione per vanità, cercherò i miei compagni di strada per continuare. Sempre che non mi veda costretto a cantare con i Vianella:
“ Core mio, core mio, la speranza nun costa 'gnente...”



Moni Ovadia – L'UNITA' – 08/06/2002


| MOTORI DI RICERCA | UFFICIO INFORMAZIONI | LA POSTA | CHAT | SMS gratis | LINK TO LINK!
| LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing List | Forum | Newsletter | Il libro degli ospiti | ARCHIVIO | LA POESIA DEL FARO|