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L'UNITA' 15/12/2001 |
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Il sangue inutile |
L'espressione può sembrare blasfema, cinica, vile. Il sangue versato è un orrore, una violenza, un abominio, come può il sangue essere inutile? Eppure personalmente ritengo che il sangue versato oggi in medio oriente paradossalmente e crudelmente lo sia. Inutile per lo scopo che crede o si propone di ottenere. La secolare questione del conflitto israelo-palestinese continua ad essere indagata secondo prospettive socio-economiche o geopolitiche che si incastrano in una litania autoreferenziale, in un cul-de-sac senza costrutto. I commentatori in base al proprio orientamento politico insistono nell'iterazione enfatica di torti o ragioni dell'una e dell'altra parte con la caparbia convinzione di detenere l'interpretazione giusta dell'intricatissima vicenda. Ritengo che a questo punto di gravità della situazione e di violenta conflittualità apparentemente irreversibili, vadano messe in campo le profonde ragioni psicologiche e fantasmatiche dello scontro, nella speranza che servano ad illuminare un piano terzo e ad uscire dalla logica perversa del tu o io. Jihad e Hamas coltivano l'idea di sconfiggere il nemico sionista con il terrore e il fronte di liberazione e la fazione militare di Fatah pensano di farlo con le armi. Queste opzioni indicano a mio parere due possibilità: la prima è che queste organizzazioni mentano spudoratamente sui loro scopi e che in realtà mirino solo ad una posizione di potere attraverso il meccanismo del terrore o quello della scelta armata oppure che abbiano preso un totale abbaglio rispetto al nemico che pretendono di combattere. La popolazione ebraica di Israele è costituita in parte da sopravvissuti all'olocausto e loro discendenti, in parte da espulsi con violenza da paesi arabi e loro discendenti, in parte da emigranti dall'URSS. Questi ebrei hanno fatto esperienza o hanno consapevolezza dell'inferno nazista, dei pogrom e della perdita di ogni proprietà e bene nei paesi arabi o di privazione della libertà e di ogni prospettiva futura nel regime brezneviano e tutto ciò per essere stati parte di un popolo senza terra, di un'identità inomologabile ai poteri tirannici, come si può essere così ingenui da credere che gente simile si farà piegare dal terrore delle bombe o delle armi? Gli israeliani combatteranno fino all'estremo e disponendo di un esercito di impressionante di efficienza lo faranno questa volta da una posizione di supremazia. Solo qualche imbecille veteromarxista può credere che gli israeliani siano dei colonialisti dai piedi d'argilla o che si trovino come gli americani in Vietnam. Sul fronte opposto c'è invece il generale Sharon che coltiva l'idea di potere tenere a bada un popolo intero con la forza militare sostenuta da un'eccezionale intelligence. Come si può essere così poco lungimiranti da pensare di conseguire un risultato così perverso con la minaccia delle armi e la prigione dei posti di blocco e dei cavalli di frisia. Costruire la sicurezza della propria gente con il prezzo dell'infelicità di altra gente che ha già esperito tante sofferenze e frustrazioni, gente che non ha veri amici, che oggi più che mai al di là della solidarietà parolaie è tremendamente sola, è come inoculare un pericoloso veleno nella propria linfa identitaria. Qualcuno ha scritto che nessuno è mai riuscito a distruggere gli ebrei fino ad ora, ma che esiste purtuttavia qualcuno che può farlo: gli ebrei stessi! Combattere per la propria vita e la sicurezza dei propri figli è un sacrosanto diritto, ma non al prezzo di perdere il senso stesso della propria storia. Per questo è necessario spasmodicamente riprendere anche nel momento più oscuro il cammino per un compromesso che salvaguardia insieme pace, dignità e sicurezza. Moni Ovadia L'UNITA' 15/12/2001 |
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