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Il segretario di Alleanza Nazionale e vice presidente del consiglio Gianfranco Fini ha rilasciato un'importante intervista all'autorevole quotidiano israeliano Ha'arets. Il passaggio saliente dell'intervista è la richiesta di perdono ad Israele e a tutti gli ebrei per la vergogna delle leggi razziali. L'onorevole Fini collocandosi sulle orme del Pontefice Giovanni Paolo II ha chiesto perdono a nome degli italiani. Taluni commentatori della stampa nazionale ed esponenti della comunità ebraica italiana pur esprimendo apprezzamento per il passo compiuto fanno notare un significativo errore nella modalità con cui il vicepresidente del consiglio si è espresso. Egli ha chiesto perdono a nome degli italiani, mentre i crimini di razzismo non furono commessi dalla comunità nazionale, essi furono responsabilità dei fascisti con la complicità della vile monarchia sabauda, poco per convinzione e molto per servilismo opportunista nei confronti del potente alleato tedesco. Come giudicare questa maldestria? Involontario scivolone o calcolata mossa tattica per stemperare l'impatto del gesto rendendolo generico e non ferire così la sensibilità fascista ancora presente nei ranghi di Alleanza Nazionale. Personalmente propendo per la seconda ipotesi. Gianfranco Fini a mio parere persegue con cautela un preciso disegno per accreditarsi come uomo politico titolato in tutto e per tutto per divenire il futuro leader del centro destra, consapevole di godere di forti simpatie presso il popolo conservatore del nostro paese per gran parte del quale il fascismo progresso dell'allora giovane militante dell'Msi è peccato veniale, ma la credibilità nazionale non gli basta, ha bisogno del pieno riconoscimento della comunità internazionale. Tuttavia vuole conquistare questa legittimazione senza creare inopportune conflittualità all'interno del proprio partito. Per questo ha scelto strategicamente di parlare attraverso un organo di stampa dello Stato di Israele ben sapendo che se gli riuscirà di passare l'esame in quel paese lo avrà con tutta probabilità passato con quella durissima commissione giudicante che è la comunità ebraica e quindi con gli Stati Uniti tout court. A questo punto a seminare dubbi rimarrebbero solo quei rompicoglioni della sinistra (mi scuso con i lettori per la rudezza del termine ma è l'unico che rende il feeling) e di loro chi se ne frega. Ora appartenendo alla sunnominata schiatta ed essendo ebreo mi permetto di spendere due parole al servizio del faticoso percorso di piena legittimità democratica che il segretario di An sta compiendo con apprezzabile sforzo. Un essere umano è tanto più alto quanto più è disposto ad ammettere con piena responsabilità i propri errori. Non si possono lisciare gli ebrei e contemporaneamente seminare pregiudizi sugli omosessuali. Oggi è necessario sentire che gli ebrei di allora si chiamano zingari, arabi, africani, curdi, slavi, singalesi etc e non basta. Ieri il presidente dei francesi Jacques Chirac, uomo politico conservatore ha voluto personalmente tributare gli onori militari al partigiano e militante comunista Henry Rol -Tanguy deceduto domenica. L'onorevole Gianfranco Fini saprebbe fare altrettanto? Moni Ovadia L'UNITA' 14/09/2002 |
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